Per fare cabaret, ci vuole: orecchio, naso, bocca eccetera…! — Lombardi nel Mondo
Per fare cabaret, ci vuole: orecchio, naso, bocca eccetera…!
– L’hai mai sentito?
– Ah beh, sì beh…!
Portava un paio di tacchi “inciampabili” al posto delle “scarp del tenis”, un bel vestito lungo perché “l’importante è esagerare” e un baschetto rosso senza fare il palo a nessuna parte politica.
Si smorzano le luci e si apre il sipario: Teatro Smeraldo, Milano. Arriva il protagonista: Dottor Enzo Jannacci!
Cantautore tragicomico e satirico, inizia la sua carriera musicale negli anni ’50. Nel ’63 si esibisce nel Derby Club, il tempio del cabaret milanese. Lì venivano ad affrontare il pubblico dei personaggi formidabili come i Gufi, Cochi e Renato, Walter Valdi, Paolo Villaggio, Antonio Ricci, Dario Fo, Teo Teocoli, Lino Toffolo, Dino Sarti, Paolo Rossi, Felice Andreasi, Massimo Boldi, Diego Abatantuono, Claudio Bisio e Antonio Catani.
Negli anni sessanta e settanta c’erano due forti tendenze di cabaret in Italia: quello milanese, impegnato politicamente e culturalmente, e quello romano, preoccupato solo di intrattenere il pubblico.
Un capitolo a parte va dedicato all’immenso e più unico che raro Giorgio Gaber.
Gaber è Gaber, il Signor G. dal naso prominente, una testa affascinante mai rassegnata. Si faceva “Lo sciampo” senza sforzi enciclopedici o riepilogativi. Ci invitava “Al bar Casablanca” e aveva una gestualità senza paragoni. Ci ha fatto schiattare dal ridere, arrossire quando arrivava con la Torpedo oppure piangere copiosamente insegnandoci cosa non si dovrebbe insegnare ai bambini. Con la sua interpretazione magistrale, ci rivelava il senso della verità trascurata dall’ipocrisia perbenista e moralista alle soglie del ’68. Certo, facevamo finta di essere sani…e continuiamo a farlo.
La critica, i modelli di struttura storica e sociale, gli atteggiamenti visti e rivisti in pubblico o privatamente, richiamano a una condizione umana strettamente attuale, che si ripropone nel presente. L’opera di Giorgio Gaberscik, classe ’39, è attualissima.
“Io se fossi Dio” lo riporterei indietro.
Dall’86 abbiamo Zelig, una rinascita del cabaret milanese che ha riportato a galla molti artisti dello scenario milanese e poi nazionale. Nacque dal vecchio Circolo cooperativo di Unità Proletaria, così per caso ed è questa la sua fortuna: l’improvvisazione, la naturalezza. Certo che il cabaret non dev’essere artificiale, non va montato apposta. Quello autentico è sfizioso, morbido, accogliente, pieno di sorprese e di sorpassi. È un punto di ritrovo che raduna pubblico e artisti in serate indimenticabili di buon umore e condivisione di idee.
Vorrei citare anche un contemporaneo, Walter di Gemma. Bravissimo con le improvvisazioni, amante del milanese e autore di brani inediti, diventati subito dei gioielli per la canzone lombarda. È un campione del teatro-canzone, scrive libri di proverbi in meneghino e va dal colto al popolare con molta disinvoltura. Ma non solo, ora si propone di fare una fusione inaspettata e originale nel suo repertorio. E bravo “Walterùn” !
I gruppi proseguono e si rinventano, come gli adorabili Teka Pí oppure il Gruppo Scala.
Cambiamo leggermente frequenza e… ipnotizzati delle onde corte che giungono dalla giungla metropolitana a sud-ovest della Terra Brasilis, occhio a San Paolo. A tarda sera una tivú brontola. Ma chi è? Jô Soares, il David Letterman brasileiro, cosí versatile, un artista di peso. E gli fa da intervistato l’impagabile Juca Chaves.
Jurandyr Czackes, conosciuto come Juca Chaves (classe ‘38) è un compositore, musicista e umorista brasiliano tra i più interessanti e scardinati che vi siano. Formatosi in musica erudita, debuttò con spettacoli di circo polemici, battute intelligenti e racconti irreverenti e sarcastici di tono politico o sociale. Ha criticato senza pietà il regime militare e il mercato fonografico.
Esule in Portogallo, negli anni ’70 diede talmente fastidio al Governo di Salazar con la sua ironia che raiggiunse grande notorietà nelle trasmissioni radiofoniche e televisive locali. Per questo dovette trasferirsi in Italia, dove trascorse cinque anni esaltanti di vita e di carriera. In quell’occasione conobbe il presidente della RAI e riuscì a persuaderlo delle proprie ottime capacità espressive e artistiche.
Juca divenne molto famoso in Italia perché diverso dagli altri. Aveva un modo di fare particolare, un po’ asciutto, un po’ da inglese. Anche alcuni divi del cinema come Ugo Tognazzi, Vittorio Gasmann e De Sica lo conoscevano e lo frequentavano. Il cantautore girava per i cabaret di tutta Italia dove si esibivano Endrigo, Paoli, Modugno e giunse al culmine della fama come protagonista del cabaret più famoso di Roma, il Bagaglino.
“Oh, naso mio” cantava “…come parlar male di una cosa naturale…”. Neppure Gaber gli restava dietro in fatto di dimensione dell’organo olfattivo. Dolci caricature di se stessi, a volte incisivi ma amati da tanti per la loro capacità genuina di trasmettere emozioni, di far riflettere, di raccontare il mondo in un’ottica particolarmente creativa.
… Il sipario si richiude e tanti applausi. Qualcuno chiede trasgressivo: “Veronica”! Ma Enzo e la band ringraziano col tradizionale gesto d’inchino e si vede in un angolo una porticina misteriosa. Vi si dirigono i musicisti e sparisce la testolina bianca di Jannacci, insieme con le altre. La famosa “porta di dietro” del teatro. Ci sarà un camerino?
In Italia non hanno l’affanno e l’invadenza della folla metropolitana della più grande città latinoamericana. I fan si mettono in fila indiana per entrare in quella specie di nascondiglio retroscenico. E una fan venuta da lontano arriva pure lì.
Quale milanesità le salta su e involontariamente…anche il suo gomito salta più del dovuto e va a toccare il pulsantino della luce…Si spegne tutto il teatro!!!
– Ooooooooooh! (urlano tutti in coro) Chi è stato il piiiirla??? “Pissa la lus!!!”
Con la coda di paglia, al buio, schiaccia disperata ogni sporgenza del muro e…riesce a farne di peggio: spegne altre luci ancora, ora della saletta dove si trova Jannacci che fa gli autografi alla gente! Qualcuno ripara il disastro momentaneo. Ristabilito l’ordine, si fa luce.
Daghela avanti un passo…ed eccolo qua! Gli si avvicina e quasi perde la voce dall’emozione. Ma per fortuna ha in mano un pacchettino di Paçoquinha. Ancora una volta i dolcettini tipici brasiliani la salvano dall’imbarazzo!!
– Questo è per Lei! Dal Brasile! Mi sun cuntenta di conoscerLa!
– Che gentile, inscì da luntàn, cosa posso fare per te tusa?
Non essendo per niente interessata a far parte del mondo dello spettacolo, ma fiera d’aver conosciuto un personaggio cosí importante, simpatico e caro al mondo cabarettistico milanese, anche lei improvvisa:
– Grassie! Le chiedo solo una cosa…(pausa un po’ tesa: cosa sarà mai?)
…continui a cantare, inventare e divertirci!
E continuò a farlo, per noi milanesi o paulistas. In un’altra favola comico-musicale: perché l’era il suo mestiere.
Fabiola Ballarati Chechetto
– San Paolo del Brasile ©
Corrispondente Lombardi in America Latina
fabiola@lapisvettoriale.it
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