Casa Italia di San Josè di Costa Rica: faro mancato delle attività italiane in Costarica — Lombardi nel Mondo

Casa Italia di San Josè di Costa Rica: faro mancato delle attività italiane in Costarica

Casa Italia di San Josè di Costa Rica evoca un passato di italianità forte e vigorosa, ma ha bisogno di una energica spruzzata di vitalità

Durante uno dei tanti viaggi sulle orme dell’emigrazione italiana, nel 1983 ebbi la ventura di approdare a Ybor City in Florida, poco lontano da Tampa dove le mie ricerche furono guidate dal prof. Gary Mormino, che scrisse poi un libro sull’argomento. Qui a fine ottocento si formò una colonia di siciliani di Santo Stefano Quisquina, Alessandria della Rocca, Bivona, Cianciana e Contessa Entellina che si aggregò ai cubani e agli spagnoli nella lavorazione dei sigari delle fabbriche gestite dal signor Ybor.

Durante il periodo di acculturazione, i siciliani si riunirono soprattutto nella società di mutuo soccorso, Unione Italiana, per avere sussidi nel caso di malattie e calamità, e raggiunsero una tale forza economica da edificare una propria struttura, dove si svolgevano le attività societarie e si organizzavano le feste sociali.

L’esodo da Ybor City seguito alla seconda guerra mondiale e la decadenza industriale degli anni sessanta influenzarono anche l’Unione Italiana. Nel 1983, al tempo della mia visita, l’immenso piano terra era semideserto e occupato da vocianti pensionati che giocavano a domino. Il primo e il secondo piano, che erano stati adibiti a teatro e sala da ballo, erano in disuso da anni. Come in altre parti del mondo, entro poco tempo anche questa imponente costruzione avrebbe potuto essere demolita con la sua storia italiana.

Tutto ciò non accadde.

Negli anni novanta Ybor City fu rivitalizzata e la comunità italiana capì che la filosofia che aveva contribuito alla crescita e all’inserimento degli italiani, attraverso l’Unione Italiana, doveva adattarsi alle esigenze delle nuove generazioni. Fu così che la sede fu completamente ristrutturata e riportata allo splendore iniziale. Il concetto di unione fu riadattato per affrontare sempre assieme le sfide e le esigenze di generazioni diverse. Oggi L’Unione Italiana di Ybor City è il centro delle attività italiane dove tutti hanno il proprio spazio e possono sentirsi a casa, sapendo di essere in grado, uniti, di esercitare una forte pressione sul mondo economico e sociale che li circonda.

Il 6 febbraio 2011 durante una visita ai luoghi materiali degli italiani in Costa Rica sono ritornato indietro nel tempo. Ho faticato a trovare indizi della presenza italiana. L’imponente mausoleo della società di mutuo soccorso al Cementerio Obrero di San Josè, le insegne a volte sbiadite dei Musmanni Hernanos, dei macellai Colombari, dell’azienda Vo(g)lio. Troppo poco forse. Nessuna chiesa propriamente italiana, a parte i salesiani di san Giovanni Bosco.

Poi, ecco finalmente Casa Italia nel barrio California, anzi nei pressi della mitica Panamericana, la numero 1, che va fino alla Terra del Fuoco, basta tirare dritto e seguire la Croce del Sud. Struttura grigia in contrasto con i colori vezzosi delle case colorate di extra delle vicinanze. Di fronte costruzioni abbandonate. Prima di entrare, a destra, un parco chiuso ermeticamente con un lucchettone che neanche all’isola del Diavolo, un murale sulla sinistra, un cippo con dedica e la statua di Cristoforo Colombo, abbandonato, vicino a un vialetto con tristi panchine verdi e foglie disperse da autunno genovese, che neanche a Valladolid. Parco donato alla città di San Josè, ma quasi mai aperto. Una voce nel sottofondo suggerisce che si sarebbe potuto tenere lo spazio, senza rovinarlo con il cemento, e farne un parcheggio per favorire la permanenza al centro italiano.

L’ingresso è imponente e ricorda un passato importante, decaduto. Un angolo è stato affittato a un ristorante italiano, immagino per pagare le spese di gestione. Due bocciodromi deserti sembra che a volte siano affollati di costaricensi. Vicino alla piscina deserta aleggiano misteriose le voci di ieri, lontane nel tripudio del divertimento svanito. Arte Deco allietata da palme rigogliose. La sala da ballo enorme rischiarata da artistici lampadari di Murano sembra desiderare le folle agghindate e danzanti di anni migliori, di spettacoli con autorità sui palchi sempre più soli.

Non servono a dare vigore le poche ragazze del corso di italiano della Dante Alighieri. L’occhio estraneo torna sempre a quei giorni bui di Ybor City. Le fotografie dei direttori della Dante Alighieri stanno appesi al muro, muti nella loro impossibilità di dare entusiasmo, ma pronti a ispirare menti nuove.

La società di mutuo soccorso che ha dato vita a questa sede è stata fondata nel 1890, poco dopo l’arrivo dei primi lavoratori mantovani reclutati per il completamento della ferrovia a scartamento ridotto tra San Josè e la città di Limòn sull’Oceano Atlantico. Adesso,come sostiene con energia il presidente Matteo Brancacci, serve una sterzata per ridare vita alle attività italiane. Mancano energie nuove, rintracciabili certamente nelle nuove generazioni come, ad esempio, tra gli allievi del corso di formazione dei corrispondenti lombardi tenuto dai docenti dell’associazione dei mantovani nel mondo a San Josè dal 31 gennaio al 5 febbraio 2011.

Ci vuole una visione. Il terrazzo di Casa Italia è abbandonato, se mai è stato utilizzato. Potrebbe essere ristrutturato con il suo open space disordinato dove il vento serotino preme sulle narici, mentre gli occhi vagano sul panorama della città che scompare quasi improvvisamente. Là in fondo la cuspide del tempio bianco della chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni, le montagne verdi che non hanno mai visto la neve, e i tetti colorati delle case basse, variopinte e timorose dei frequenti terremoti.

Come successe a Ybor City e non solo, mi assale la malinconia.

Facile dire che domani è un altro giorno.

Ernesto R Milani

Ernesto.milani@gmail.com

19 febbraio 2011

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