Il Venezuela verso le elezioni parlamentari 2015 — Lombardi nel Mondo
Il Venezuela verso le elezioni parlamentari 2015
A fine anno si vota in Venezuela per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale, organo legislativo della Repubblica Bolivariana e secondo centro di potere istituzionale del Paese.
Il giorno è stato fissato ed è carico di simbolismo: il 6 dicembre del 1998, Chávez fu eletto presidente con il 56% dei consensi. La situazione attuale è molto meno propizia per i filogovernativi: alcuni sondaggi danno gli antichavisti in vantaggio di 20 punti percentuali. Si parla della possibile sconfitta del chavismo in queste elezioni. Sarebbe la prima volta che accade in oltre 15 anni. Ci fu si una prima sconfitta di misura nel 2007 ma si trattava di un referendum sulle modifiche alla Costituzione e non di vere e proprie elezioni.
L’eventuale sconfitta aprirebbe scenari preoccupanti per il governo come il blocco o il rallentamento dell’attività legislativa e di nomina di importanti cariche istituzionali con possibili tentativi di golpe di tipo cruento oppure di tipo istituzionale-parlamentare.
L’opposizione
Settantacinque prigionieri politici, nessun vero leader ma favorita per le elezioni politiche: l’opposizione venezuelana, complici il malcontento crescente e la repressione governativa, avanza in base ai sondaggi di vari punti percentuali nelle intenzioni di voto.
Se infatti la maggior parte del Venezuela continua a definirsi in qualche modo “chavista”, le pessime condizioni economiche – il cui effetto si fa sentire sempre di più anche nella vita quotidiana – hanno fatto precipitare la popolarità del presidente Nicolas Maduro ai minimi storici (appena il 22%): in questo scenario, il Tavolo per l’Unità Democratica (Mud), l’eterogenea coalizione dell’opposizione, ha incentrato la sua campagna elettorale sul semplice concetto di “cambiamento”.
Secondo gli analisti tuttavia la probabile vittoria dell’opposizione il prossimo 6 dicembre segnerà una fase politica di assai più difficile gestione rispetto alla campagna elettorale: la Mud si ritroverà con una maggioranza parlamentare eterogenea alle prese con una Presidenza ostile, una coabitazione che potrebbe mettere a nudo le divisioni interne della coalizione.
Il leader dell’opposizione, Leopoldo López ora in carcere, era in sciopero della fame proprio per chiedere di fissasse il giorno delle elezioni. López continua lo sciopero della fame e ora chiede anche che il voto sia sorvegliato da osservatori internazionali.
Per ora, il comitato elettorale ha invitato l’Unione delle nazioni sudamericane, l’unico organismo internazionale che il governo di Caracas ha autorizzato a controllare le urne anche nel 2011, quando le opposizioni hanno sollevato molti dubbi sulla regolarità degli scrutini. López e altri politici della minoranza chiedono invece l’intervento dell’Organizzazione degli stati americani e dell’Unione europea.
Maduro: se perdo, tutti in piazza!
Mentre nei sondaggi vince l’opposizione, il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, ha ribadito che se l’opposizione vincesse le elezioni politiche di domenica prossima “scenderebbe in piazza con il popolo e la Rivoluzione entrerebbe in un’altra fase”. “Non mi consegnerò in nessuna circostanza”, ha detto nel mentre i sondaggi prevedono una ampia sconfitta del Grande Polo Patriottico, ossia la coalizione chavista che appoggia il governo.
I problemi sul consenso dello chavismo non sono una novità e si erano evidenziati già nel voto popolare alle precedenti elezioni parlamentari del 2010 e successivamente con il “quasi pari e patta” di Maduro contro Capriles nelle elezioni presidenziali dell’Aprile 2013, vinte con una manciata di voti in più.
Le ragioni di questa crisi sono diverse:
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la problematica situazione economica
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l’alta inflazione
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la persistenza di un modello produttivo ancora imperniato sulla esportazione di petrolio
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ricorrente scarsità di prodotti di consumo necessari alla vita della popolazione
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l’elevata corruzione dei poteri pubblici e la criminalità violenta
Di certo questo è il prodotto di una contraddizione di fondo non sciolta dentro il processo della “Revolucion Bonita”, ossia il tentativo di cambiamento “socialista” del modello socio-economico, in forma graduale e consensuale.
Il modello invece, ha prodotto nei fatti un sistema politico ed economico misto dove tuttora il 70% circa dell’economia è controllata ancora da soggetti privati. La contraddizione consiste nel fatto che una parte rilevante di questi soggetti privati remano a tutta forza contro il governo e tentano in tutti i modi di danneggiare economicamente il modello del “nuevo socialismo”. A questo si aggiungano altri fattori legati all’andamento economico globale, in particolare al recente e consistente calo dei prezzi del petrolio nel mondo.
Impossibile però negare alcune responsabilità del governo chavista alla base dei problemi economici tuttora persistenti. La corruzione negli apparati di governo, problema gigantesco che fa ballare centinaia di miliardi di dollari di rendita petrolifera sottratti in vari modi allo stato e riconsegnati a varie oligarchie economiche e criminali, non è stata mai davvero combattuta alla radice.
Questa fu una scelta operata già da Chavez, il quale sottoposto ad attacchi e tentativi di destabilizzazione esterna continui, scelse di non lottare appieno contro la corruzione, per timore di creare troppe fratture nella classe amministrativa e di governo, inclusa quella militare, di certo non estranea al problema.
Anche Jorge Giordani, per anni super-ministro dell’economia e delle finanze e stretto collaboratore di Chavez, ha affermato che è necessaria una legge draconiana contro la corruzione per scoprire tutte le ruberie e appropriazioni indebite da ogni fonte provenienti.
Per far fronte a questa situazione, Maduro adotta una strategia conosciuta come quella del “doppio binario”: da un lato cavalca una linea estremamente pragmatica e spregiudicata che irretisce l’ala sinistra del campo bolivariano e dall’altro lato tiene ben attiva e martellante la macchina propagandistica del governo che si sforza di non far mancare risorse alle politiche sociali e di welfare: dai progetti in campo educativo, sanitario e alimentare, alla lotta contro povertà ed emarginazione, al vasto piano di costruzione di case popolari ed infrastrutture comunicative e di trasporto.
Quello che è certo è che il Venezuela continua a restare in cima alla lista degli stati ai quali la macchina imperiale USA, anche nella versione light con la presidenza Obama, continua a riservare la più fiera ostilità come si evince nel surreale decreto presidenziale della Casa Bianca che bolla la politica del governo venezuelano come una “minaccia inusuale e straordinaria alla sicurezza degli Stati Uniti”.
Forse non ci sono gli elementi per fare grandi previsioni; di certo ce ne sono per augurarsi che il Venezuela Bolivariano riesca a risolvere i tanti problemi e limiti che ancora lo affliggono, in primis percorrendo senza ostacoli di sorta la strada dei diritti civili e umani.
Maurizio Pavani (by askanews)
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