Pezzoni. Il nucleare italiano finanziato da Gheddafi? — Lombardi nel Mondo

Pezzoni. Il nucleare italiano finanziato da Gheddafi?

“Il nucleare italiano finanziato da Gheddafi ? Nulla invece per il risanamento della Tamoil di Cremona”. Abbiamo ricevuto questo contributo con richiesta di pubblicazione. Il tema è scottante. Aspettiamo altri contributi sulla vicenda del nucleare.

Il nucleare è ormai alla nostra porta, senza nemmeno bussare. Fra poche settimane la localizzazione di nuove centrali nucleari ci riguarderà direttamente: entrerà in casa nostra! Conquistata la Provincia di Piacenza da parte del centrodestra, conquistati il Comune e anche la Provincia di Cremona con un Presidente, Salini, che non nasconde certo la propria ideologia nuclearista, riconquistato anche il Comune di Caorso, la marcia trionfale verso il ritorno ad una tecnologia anti-economica, anti-federalista, non del tutto sicura, chi la potrà arrestare ?

Un primo caposaldo di una offensiva “obamiana” potrebbe venire dall’adozione su tutta la valle del Po di referendum locali indetti da amministrazioni sensibili all’impatto delle nuove centrali sui territori e dalla maturazione di un elettorato che, uscendo dal sonno della delega permanente, si sganciasse almeno su questo tema rilevantissimo dalle appartenenze di partito e di schieramento, appoggiando la richiesta che la questione della scelta nucleare dipenda anche dalla democrazia del territorio. Infatti una comunità locale non può essere destinataria di un gigantesco insediamento nucleare solo per una decisione presa dall’alto, deve essere preventivamente coinvolta.

Le questioni energetiche dovrebbero vedere tre livelli di concertazione: quello nazionale, quello locale, quello europeo. L’economia europea gioca gran parte del proprio futuro proprio sul terreno energetico e sulla propria capacità di avere una voce comune, una politica comune nei confronti dei Paesi fornitori di gas e petrolio. Questa è la dipendenza che l’Europa è chiamata a governare e ad attenuare, senza cedere a ricatti della russa Gazprom e senza la scorciatoia di accordi solo nazionali con il libico Gheddafi.

Invece il Governo italiano, credendosi più furbo, sta procedendo ad accordi separati che, in nome dell’interesse nazionale, dovrebbero avvantaggiare la nostra economia e i nostri due colossi dell’Eni e dell’Enel. Ad esempio rivendendo a Gazprom il 20% di azioni Gazprom Neft, su sollecitazione di

Putin che tiene moltissimo a garantire l’autonomia, cioè il suo pieno controllo sul colosso russo dell’energia. In cambio l’Eni ottiene di progettare insieme a Gazprom il gasdotto South Stream, 10 miliardi di euro di investimento, che rafforza il controllo russo sulle vie di fornitura del suo gas all’Europa, indebolendo nel contempo la possibilità dei Paesi del Caucaso e del Centro-Asia ( il cosiddetto progetto Nabucco) di arrivare sul mercato europeo indipendentemente dalla Russia.

Simile il ragionamento per i rapporti Italia- Libia. Salutato positivamente l’accordo sul doveroso risarcimento alla Libia per il nostro passato coloniale e per i crimini compiuti con l’occupazione militare ( 5 miliardi di euro in 25 anni), salutato positivamente l’accordo per il prolungamento dei contratti per l’approvvigionamento di gas e petrolio dell’Eni, rimangono irrisolti e poco trasparenti sul tavolo del Governo italiano alcuni nodi che riguardano anche il nostro territorio: il futuro della raffineria Tamoil di Cremona, di proprietà libica, quale sarà? Rilancio, risanamento ambientale, delocalizzazione, chiusura ? In tanti giorni di spettacolare presenza del leader libico a Roma, accompagnato da una così folta delegazione, non si è trovato un momento per chiarire con dirigenti di così alto livello il loro progetto industriale per il gruppo Tamoil? E magari confrontarlo con la posizione italiana, sempre che esista una posizione concordata tra il Ministro Prestigiacomo e il Ministro Scajola. Oppure l’attenzione si è concentrata sulla necessità di rassicurare il Governo libico sulla bontà del progetto nucleare dell’Enel, che ha bisogno a questo fine di ingenti finanziamenti? Le parole di Scajola non lasciano dubbi: stiamo valutando la possibilità di un apporto libico nell’aumento di capitale di Enel.

Dopo l’incontro a cena con il colonnello Gheddafi, Scajola ha spiegato che i libici sono interessati a entrare nell’ Enel e nell’Eni, hanno liquidità per fare investimenti.Siamo al paradosso: l’Enel ha firmato con EDF francese l’accordo per costruire in Italia 4 nuove centrali nucleari, ma non avendo i soldi per finanziare la parte che le compete nell’operazione, non solo emette sul mercato nuove azioni per un valore di 8 miliardi di euro ( la Cassa Depositi e Prestiti, dunque ancora lo Stato, garantisce l’acquisto di una quota pari a 2,5 miliardi di euro), ma intende vendere alla Cina una partecipazione significativa ( fino al 49%) di Enel Green Power, il gioiello italiano leader in energie rinnovabili, aprendo contemporaneamente all’ingresso di Libia e Cina, attraverso un fondo sovrano denominato Cic, nel capitale Enel. E questa l’idea di indipendenza energetica tanto sbandierata da Scajola ? Non sarebbe più serio parlare di interdipendenza e di capacità o meno di governare la globalizzazione dei mercati anche sul terreno dell’energia?

Il risultato intanto è che il governo italiano si sta cacciando nel vicolo cieco di decidere la costruzione di 4 centrali nucleari, dovendo dare garanzie crescenti ai nuovi investitori: Francia, Cina, Libia.

Oggi più che mai l’interesse nazionale dell’Italia e l’interesse europeo dovrebbero coincidere: l’avvenire europeo consiste nell0autonomia e nella solidarietà energetica, che significa difendere e promuovere un mercato europeo dell’energia, trattando uniti e alla pari con i grandi Paesi produttori e con i loro cartelli.

Oggi più che mai l’unica fonte davvero indipendente è quella delle energie rinnovabili, come ha ben capito nel suo programma di governo Obama: 150 miliardi di dollari investiti nell’economia verde per creare almeno 4 milioni di posti di lavoro nei prossimi anni. Dubito che l’incontro avuto da Berlusconi alla Casa Bianca sia servito a convincerlo di questa grande novità.

Al contrario una centrale nucleare di 1.600 MW crea un numero bassissimo di posti di lavoro, arriva a costare 7 miliardi di euro come quella in costruzione in Finlandia, è un gigantesco corpo estraneo che farà violenza agli equilibri del nostro territorio, senza ricadute positive né per l’economia locale né per quella nazionale. L’attuale stretta creditizia impone di selezionare priorità e investimenti strategici a favore della riorganizzazione e innovazione del nostro tessuto produttivo e della nostra occupazione, adesso!

Il nucleare drena risorse finanziarie preziose ed è solo un grande affare per l’Enel, per gli investitori stranieri, per le ditte appaltatrici.Non incide e non accompagna per nulla la indispensabile trasformazione interna al sistema delle imprese italiane sempre che, all’uscita dall’attuale crisi economica, vogliano continuare a competere nel mercato mondiale.

Marco Pezzoni

Movimento Federalista Europeo

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