Il mio viaggio americano – Parte Quarta — Lombardi nel Mondo
Il mio viaggio americano – Parte Quarta
Del villaggio di Sunny Side che a fine ‘800 aveva un a popolazione di oltre mille italiani dediti alla coltivazione del cotone non esiste più traccia. Già nel 1898 dopo decine e decine di morti per febbre perniciosa e malattie varie la colonia si era ridotta a una decina di famiglie marchigiane. Anche se poi dal 1899 i piantatori di cotone d’accordo con agenti italiani avevano cominciato a reclutare famiglie di contadini italiani sempre marchigiane e emiliane per lavorare in Mississippi. Pratica che finì poi per coinvolgere i gruppi di mantovani di cui si è scritto precedentemente.
E’ sempre emozionante arrivare a Sunny Side. Vastità del territorio. Lago Chicot lontano. Argini altissimi per evitare le sfuriate del Mississippi. Bayou coloratissimi. Nessuno da nessuna parte. Il raccolto del cotone ormai devastato dalle piogge continue. Ci fermiamo a ricordare gli anni dell’attività, ma si fa fatica. Intorno sempre i bayou con i cipressi appena appena bruniti dalla base larghissima che si affusolano verso il cielo grigiastro. Una lapide al cimitero di Hyner ricorda gli ardimentosi arrivati nel Delta . Una lapide senza lacrime a testimoniare la presenza e la morte di persone fatte arrivare fin laggiù per cause poco legate al desiderio di libertà o del sogno americano. Ma che American Dream… tratta delle braccia.
Ad Hyner c’ero già stato nel 1995 durante le celebrazione del centenario dell’arrivo dei primi migranti. Cerco la strada per entrare al cimitero e naturalmente mi sembra di intravedere una scorciatoia. In realtà mi sembra di uscire dalla zona conosciuta e soprattutto asfaltata. Raffaella mi fa notare che sotto le ruote non c’è terra, ma sabbia dura e adesso molto scivolosa. La macchina comincia a slittare. Tento di trovare uno slargo per ritornare indietro, ma sono costretto ad avanzare. Melma sui due lati del sentiero. Panico. Anzi immersione delle ruote nella melma e inutili tentativi di uscirne. Freddo causato dal vento. Pioggerellina battente. Telefono fuori uso. Devo camminare e andare a cercare aiuto. Non so dove. La strada per Lake Village sarà a circa 6-7 chilometri. Mi avvio verso il cimitero di Hyner. Nessuno per strada. Spero che Raffaella non panichi. Siamo verso l’imbrunire. Cammino, corro, guardo, scruto e non vedo nessuno. Dopo una mezz’oretta arrivo ad un gruppo di casupole vicino ad un’area attrezzata per la raccolta del cotone. Sembra tutto chiuso. Finalmente mi imbatto in un gruppo di contadini che non sembrano stupiti nel vedermi. Probabilmente la gente si impantana sempre. Ansioso cerco di essere chiaro nella mia ricerca di aiuto. Forse non mi capiscono bene. Viste le caratteristiche somatiche mi metto a parlare in spagnolo spiegando per sommi capi l’accaduto. Allora la barriera scompare. Juan, il più anziano, raduna altri quattro compagni, tutti sul retro del pick up e via. Ci perdiamo tra un bayou e l’altro, ma alla fine i cinque messicani manifestamente illegali da quindici dieci otto nove anni ci tolgono dalla melma. Via veloce. Foto ricordo da non mandare all’Immigration Office. La sera cala presto con il sole rosso che svanisce in fretta mentre attraversiamo nuovamente il ponte sul fiume in direzione Madison. La macchina completamente ricoperta di fanghiglia. Ci aspetta father Paul. Paul Canonici.
Non riesce a credere ai suoi occhi. Neanche noi. Paul Canonici è figlio di emigrati marchigiani. Il suo libro “Delta Italians” ha riscosso un grande interesse per le testimonianze sui discendenti degli italiani nel Delta. Lavoro che altrove non è stato fatto. Ormai l’anello di con giunzione tra gli emigrati, i loro figli e i discendenti si sta spezzando. Un patrimonio si sta lentamente perdendo e rischia di sparire senza traccia. Anch’io mi sento parte di questo progetto missionario e per questo abbiamo molt4 cose da dirci e raccontarci. Paul Canonici è venuto spesso in Italia dove ha riscoperto e riaffermato le sue radici. E’ pure pittore. Un suo libro recente “So Italian” ( Così Italiano) raggruppa ricette tradizionali da lui raccolte corredate da impressioni di viaggio e da suoi schizzi colorati. Davvero piacevoli. Come tutto è piacevole di lui. Mia l’astio e il rancore. E’ passato tutto. I suoi dipinti sono sereni. Tra poco allestirà una sua personale a Leland. Casa tranquilla molto americana. Accogliente. Libri, quadri, fiori, disegni, ricordi di viaggio, cucina grande con le stoviglie a cadere, vino, spezie, Italia.
Domani a Vicksburg. Sempre sul Mississippi. Incontriamo Joe Gerache ( Geraci). Farmacista . Famiglia di farmacisti visto che il nonno era già farmacista nel 1911. Siciliano di Palermo. Il nipote Joe gestisce le farmacie di famiglia che vendono anche medicine ma sono in realtà strapiene di reperti della Guerra civile americana. La sua specialità sono le bottigliette delle medicine, ma vi si trova di tutto. Un cannone, proprio un cannone, all’ingresso, con fucili, baionette, palle da cannone, palle da cannone scoppiate, foderi, cappelli, uniformi, libri, mappe, bottigliette, contenitori di terracotta, munizioni. Tutto alla rinfusa e a tratti ordinato. Le bottigliette sono color cobalto. Spesso sono infilate in rami d’albero seguendo la tradizione vodoo. La funzione delle bottigliette colorate è simile a quella dei dreams catchers indiani. Joe ne regala una rossa a Raffaella. Scarse perché per ottenere quella tonalità si usava l’oro.
Joe Gerache mi porta all’angolo di Veto e Washington Street dove ai primi del Novecento Adelmo Tirelli da Carbonara Po gestiva un banco di frutta e verdura assieme alla moglie di fronte all’ufficio di agente di immigrazione dove conduceva i suoi affari. Importazione di manodopera per le piantagioni di cotone. Emozione. Più in là il primo negozio dove fu fabbricata la Coca Cola. Storie. Joe ci invita a casa a pranzo. Memorabilia dappertutto.
Ogniqualvolta si incontra un personaggio il mondo cambia aspetto e il tempo è veloce. Si vorrebbe vivere dappertutto e stare con tutti. Strade larghe con traffico normale. So che a Milano rimpiangerò le deserte lunghe autostrade senza nessuno dietro ad ansimare sul retrovisore. Lavare l’auto di Sunny Side non è stato facile e così ho dovuto rifare il lavaggio. Sabbia dappertutto. Non è stato facile lasciare Paul. Tanti discorsi comuni, tanti interessi uguali, tante conoscenza comune, tanta voglia di fare delle cose assieme, sapendo che soltanto alcune potranno essere realizzate in comune.
Le foglie dell’autunno sono spiaccicate per strada. Paul ci saluta dal suo albero delle bottiglie piantato verso il viale che ci porta all’autostrada verso sud, verso il sud di Baton Rouge, Louisiana.
Ernesto R Milani
Ernesto.milani@gmail.com
26 novembre 2009
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