Palazzi, ponti e ferrovie argentine: ingegneri e architetti italiani — Lombardi nel Mondo

Palazzi, ponti e ferrovie argentine: ingegneri e architetti italiani

L’emigrazione europea svolse un ruolo decisivo nell’evoluzione demografica e nei processi economici e sociali di tutti i paesi che compongono l’America Latina. Il ricordo di alcuni professionisti italiani che hanno contribuito alla nuova architettura del Nuovo Mondo

L’emigrazione europea svolse un ruolo decisivo nell’evoluzione demografica e nei processi economici e sociali di tutti i paesi che compongono l’America Latina.

L’emigrazione degli italiani in Argentina è anteriore alla formazione del regno d’Italia: i primi a partire furono i genovesi e contemporaneamente gli abitanti delle regioni alpine.

Il flusso migratorio si intensificò negli anni dell’unità d’Italia e divenne pressoché impetuoso dopo il 1870.

Quest’ultima fase interessò, in diversa misura, tutte le regioni ed ebbe caratteristiche stagionali.

Fu l’emigrazione delle “rondinelle”, così detta perché praticata da contadini che, per il fenomeno delle stagioni invertite nell’emisfero sud, riuscivano a lavorare per l’intero anno. Si trattava per lo più di emigrati maschi e giovani.

Dalla fine dell’Ottocento prese consistenza l’emigrazione di interi gruppi familiari, di lunga durata e spesso definitiva.

L’ultimo grande flusso migratorio verso l’Argentina risale agli anni del secondo dopoguerra. Attualmente l’Argentina è un paese per metà italiano che parla spagnolo.

Alcuni italiani parteciparono alla fondazione della Repubblica argentina: tra essi, due esponenti della famiglia fiorentina degli Alberti: Massimo Silvestro Alberti, emigrato per ragioni politiche, prese in moglie una nobildonna di Buenos Aires dalla quale ebbe molti figli due dei quali si distinsero negli eventi del 1810: Manuel fu membro della Primera Junta de Gobierno e Manuel Silvestro combatté a fianco del generale Carlos de Alvear.

Da allora e per tutto l’Ottocento, l’Argentina fu una nazione in cui, molti ingegneri e architetti toscani, collaborarono alla costruzione delle ferrovie, delle città e nell’esplorazione per conto dello Stato dei territori ancora poco conosciuti.

Giovanni Pelleschi, di Bastia di Empoli, incaricato dal governo, fu capo nel 1873 di una spedizione nel Gran Chaco che aveva il compito di cartografare il corso dei fiume Bermejo. Durante la spedizione studiò anche la flora e la fauna e, più tardi, diede alle stampe un libro intitolato “Otto mesi nel Chaco”. In seguito si occupò di ferrovie e si diede alla libera professione costruendo strade e ponti.

Nella seconda metà dell’Ottocento gli ingegneri Cristoforo Giagnoni (Pistoia) e Tommaso Agostini (Firenze) lavorarono nel settore ferroviario; l’ingegnere Pilade Cappagli (Montecarlo, Lucca) partecipò alla costruzione della rete di canali della provincia di Buenos Aires; l’architetto Andrea Marracini (Bagni di Lucca) costruì sedi di banche, di istituti di beneficenza e palazzi di privati; l’architetto Ferruccio Togneri (Barga) costruì a Buenos Aires la chiesa delle Carmelitane e a La Plata il palazzo del governo.

Disperdendosi sull’intero territorio, dalla Terra del Fuoco alle regioni subtropicali, molti toscani giunsero e si stabilirono in Argentina ai tempi della grande emigrazione.

Provenivano in gran parte dalle zone montuose della Toscana e si impegnarono in agricoltura, nelle attività del terziario e in tutte le variegate specie di mestieri necessari alla costruzione delle grandi città.

Un capitolo a parte merita l’ingegnere Guido Jacobacci nato a Modena nel 1864. Aveva studiato all’Università di Torino. Nel 1890 emigrò in Argentina dove sposo Cecilia Pelazqui, con chi ebbe quattro figli: Juan, Jaime, Alfredo ed Ernestina.

Nel 1906 fece gli studi d’impianto del Porto di Buenos Aires, le ferrovie e la rete della metropolitana.

Nel 1908 viene nominato dal ministro dei Lavori Pubblici, Dott. Ezequiel Ramos Mexía, capo delle Ferrovie Patagoniche, per la costruzione della ferrovia tra il Porto di San Antonio e il lago Nahuel Huapi.

In puntate precedenti ci siamo occupati dei lavori fantastici fatti da Jacobacci e idal sottodirettore Carlo Brebbia.

L’ingegnere Guido Jacobacci si trasferì alla Provincia di Catamarca, dove prese un cancro e manco il 10 giugno 1922 ad Andalgá.

Le sue spoglie furono seppellite nel cimitero della Recoleta en Capital Federal pero dopo 88 anni dell’arrivo della ferrovia che lui stesso disegnasse, il 14 settembre 2004, la bara fu tumulata alla necropoli della località d’Ingeniere Jacobacci.

Julio Roca -presidente della Repubblica- nel 1882 elogiò l’attività degli emigrati italiani che indicò come “i primi fautori del progresso argentino”.

Juan Jacobacci, nipote dell’ingegnere, definì suo nonno come “un italiano che seppe essere molto più argentino che altri”.

 

 

Jorge Garrappa Albani – Redazione Portale Lombardi nel Mondo

www.lombardinelmondo.org – jgarrappa@hotmail.com

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