Un mito della musica latina in Italia — Lombardi nel Mondo

Un mito della musica latina in Italia

INTERVISTA A JUAN LUIS GUERRA: Il più grande autore di merengue vivente per la prima volta in Italia al LatinoAmericando di Milano. L’artista si è poi raccontato alla stampa, per il piacere delle comunità latine presenti.
Il Juan Luis Guerra che abbiamo conosciuto a Milano conferma tutte le prerogative che caratterizzano la sua ventennale carriera: carismatico e sicuro di sé sul palco (sicuro soprattutto della qualità delle sue straordinarie canzoni), timido e riservato nel back stage, fuori dal palcoscenico, fuori dai riflettori.
L’artista simbolo della Repubblica Dominicana non si è risparmiato ai suoi fans, regalando davvero un concerto memorabile, un impeccabile compendio della propria musica, a Milano, il 16 di Luglio. Probabilmente i molti giornalisti presenti in conferenza stampa avrebbero desiderato parlare di più con l’artista, ma bisogna apprezzare gli sforzi organizzativi dello staff di Latinoamericando, che ha dovuto fare i salti mortali anche solo per organizzare una mini conferenza stampa alla fine del concerto.
E allora vale comunque la pena ricordare, prima di lasciare spazio alle domande, che un legame sentimentale che unisce gli italiani a Guerra esiste; per molti questo legame si è cementificato a partire dal film di Nanni Moretti, Caro Diario, e dalla scena in cui quel merengue accompagnava l’attore sulla sua vespa a zonzo per Roma.

Quali sono, tra i tanti, i momenti più belli della tua carriera?

Momenti belli in questa carriera ventennale ce ne sono stati tanti, quelli più emozionantiiprobabilmente i concerti, l’impatto col pubblico è sempre forte, in particolare quando canto per i dominicani fuori dalla Repubblica Dominicana

Riguardo al nuovo disco “Para ti”, che si occupa della tua conversione religiosa, cosa ci puoi dire?

E’ un disco molto speciale me, ovviamente parla di un argomento molto speciale. Tra le canzoni, in particolari ha avuto un buon successo “Las avispas”, che è rimasta per 14 settimane in testa al Billboard latino. Il nuovo disco è dedicato al Signore, Gesù Cristo, è una testimonianza della mia devozione per lui.

Quale motivo ha portato Juan Luis Guerra verso questa nuova conversione, verso questo nuovo approccio alla fede?

Per me prima era una mancanza di spazio, per quanto vincessi premi e guadagnassi posizioni, sentivo che avevo un grande vuoto. Mi dissero che lui poteva dare la pace, e io avevo bisogno di questa pace che ha colmato il vuoto e ha dato un senso alla mia vita.

Come vivi la tua spiritualità?

Io dico spesso che non sono religioso in qualche modo particolare, ma che ho una relazione spirituale con il Signore. Io voglio uscire da qualsiasi tipo di demagogia spirituale e avvicinarmi semplicemente al Signore.

Come nasce l’ispirazione che dà vita alle tue canzoni?

Molto spesso sono cosa che leggo da libri o giornali, sui periodici domenicani ci sono cose surreali, altre volte semplicemente prendo una chitarra e compongo, con naturalezza

Dopo vent’anni, c’è ancora qualche desiderio inespresso, magari qualche collaborazione ancora da realizzare?

Paul McCartney, è un sogno che ho.

E’ la prima volta che vieni in Italia, che te ne pare del Festival Latinoamericando?

L’organizzazione mi sembra perfetta, ci deve essere una struttura che funziona davvero bene per coinvolgere tanti artisti da tanti paesi, magari poter tornare.

Di cosa si occupa la Fundacion 4.40 nella Repubblica Domenicana?

Si incarica di lavorare con bambini invalidi con problemi di salute, possiamo curare una ventina di ragazzi al mese, non sono molti ma è quello che possiamo fare. Non la gestisco in prima persona, ma delego una persona che si occupa della cosa.

Si dice che nella tua musica ci sia un’ispirazione legata alla Nueva Trova Cubana. Continui su questa linea?

Il merengue impone alcune scelte, il suono è molto particolare, non mi permette di essere cantante folk. Senza dubbio godo dell’influenza di altri ritmi, però sempre mescolato con il merengue.

Qual è il tuo rapporto con la poesia e la letteratura?

Io studiavo Economia, prima di studiare Lettere e Filosofia; nella prima facoltà non mi trovavo molto, nella seconda invece mi trovavo a mio agio. Ho cominciato ad avvicinarmi a grandi poeti, quali Lorca, Vallejo e Neruda. La poesia latina mi ha influenzato molto, anche nella scrittura di canzoni. Per esempio, Burbujas de Amor è ispirata a Rayuela di Julio Cortazar, Bachata Rosa a un poema di Neruda, Frio Frio a un poema di Lorca. Sono davvero tante le influenze poetiche.

Che messaggio daresti ai latino americani emigrati all’estero?

Il mio è un messaggio positivo, è il messaggio di emigrare legalmente, di non fare le cose in clandestinità.

E riguardo il boom della bachata di oggi, come lo commenti?

Chi dice che io l’ho inventata senza dubbio sbaglia. Quello che ho fatto è di dare un certo trattamento diverso al testo, portare nuovi arrangiamenti, arpeggiando di meno la chitarra di quanto fanno i bachateros. Ma la bachata già esisteva..

Oltre all’influenza caribeña, si coglie nei tuoi dischi un’influenza africana e nel tu ultimo cd, anche gospel. Che cosa ci puoi dire al riguardo?

Si, senza dubbio, in ogni caso non bisogna dimenticare che l’influenza africana nella musica dominicana è fondamentale, la portiamo intrinsecamente con noi perché ne è una parte fondamentale. Tamburi, percussioni, vengono dall’Africa. Realmente, questo modo di suonare la chitarra è molto simile agli africani; noi abbiamo iniziato a suonare la chitarra in questo modo con la canzone “La bilirrubina”, e da allora è diventato una cifra del nostro suono.
Confermo anche per il gospel, sicuramente nell’ultimo disco è molto forte, soprattutto nei cori.

Come sarà il prossimo disco?

Arriverà l’anno prossimo, e scherzosamente dico che sarà il più romantico di sempre (lo dico ad ogni nuova uscita)

Le domande sono state raccolte nella conferenza stampa, che ha seguito il concerto. Si ringrazia per la disponibilità tutto lo staff di Latinoamericando.

Fabio Veneri

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