Per Josep Borrell “L’era del predominio occidentale è definitivamente finita”

“L’era del predominio occidentale è definitivamente finita”. Le parole pronunciate da Josep Borrell, l’Alto Rappresentante dell’Ue per la Politica Estera e di Sicurezza Comune durante il suo discorso alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco lo scorso mese non potevano essere più chiare. Più che una semplice constatazione sono un richiamo, un monito che dovrebbe fare riflettere i leader europei sugli sviluppi e le implicazioni degli ultimi avvenimenti. Pochi di questi, purtroppo, hanno colto il cambiamento epocale che si è irreversibilmente manifestato con le due guerre in corso, quella in Ucraina e quella a Gaza.
Se non è una rivoluzione copernicana, sul piano geopolitico, poco ci manca. Prima o poi dovremo farcene una ragione; per troppo tempo ci siamo cullati in una colpevole illusione, dando per scontato che la supremazia dell’Occidente potesse durare all’infinito; per troppo tempo ci siamo rifiutati di accettare la realtà dei fatti. L’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio del 2022 ha sconvolto il vecchio continente occupando la scena politica internazionale. I riflettori delle Nazioni Unite e delle principali istituzioni mondiali sono stati puntati per lungo tempo su quanto avveniva a Kiev. La reazione della comunità internazionale, pur con qualche illustre distinguo, è stata univoca nella condanna risoluta dell’aggressione di Mosca. Lo stravolgimento del mercato globale, in particolare quello dei cereali, stava causando un impatto insopportabile su tanti paesi africani, vittime indirette del conflitto.
Al palazzo di vetro le risoluzioni a sostegno della causa ucraina coglievano un massiccio consenso. Era in gioco il diritto internazionale. La posizione del “Sud globale”, formula impropria con la quale vengono raggruppati in gergo i Paesi in corso di sviluppo al di fuori di Russia e Cina, era allineata a quella dei paesi occidentali. La diplomazia di Mosca sembrava messa all’angolo, esclusa dai circuiti che contano oppure marginalizzata. Poi, il 7 ottobre anche a Gaza è scoppiata la guerra dopo lo sterminio perpetrato dai terroristi di Hamas in Israele. Ma mentre di fronte all’attacco russo all’Ucraina l’Ue ha saputo reagire compatta in modo deciso, rapido e tempestivo, nei confronti dell’ecatombe in corso nella striscia si è mossa in ordine sparso tentennando disunita. Il meccanismo di voto all’unanimità che vincola i Paesi Membri dell’Unione in materia di Politica Estera Comune non facilita certo l’azione ma al di là di questo non dovrebbero esserci indugi né ambiguità quando si tratta di riaffermare e difendere i valori su cui poggia la casa comune europea. Nell’ultima riunione dei 27 ministri degli esteri dello scorso 19 febbraio si è probabilmente toccato il fondo quando uno stato, l’Ungheria, ha posto il veto perfino su una debole, inoffensiva e contorta dichiarazione congiunta che si limitava a chiedere timidamente “una pausa umanitaria immediata che conduca a un cessate-il-fuoco sostenibile” sfiorando la farsa. Nulla di fatto, quindi, e punto a capo anche se va sottolineato che è soprattutto grazie ai fondi europei se l’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che fornisce assistenza ai profughi palestinesi, può continuare a operare. Ma è troppo poco e, comunque, non abbastanza.
Risulta difficile, se non impossibile, respingere le critiche di chi accusa l’Ue di adottare due pesi e due misure nei riguardi delle due crisi in corso. Non solo l’Europa, così facendo, ha perso la faccia ma ha anche indebolito, se non vanificato, l’ampio fronte internazionale costruito pazientemente a sostegno della resistenza ucraina. Con il risultato che la Russia si è ritrovata, nel giro di pochi mesi, dalla messa in stato di accusa sul banco degli imputati a protettrice indomita delle vittime palestinesi del cataclisma umanitario causato dallo scriteriato intervento militare israeliano a Gaza riconquistando terreno e credibilità agli occhi del Sud Globale. “Se le attuali tensioni geopolitiche globali continueranno ad evolversi nella direzione dell'”Occidente contro il resto”, il futuro dell’Europa rischia di essere cupo” ha concluso, desolato, Borrell usando il gioco di parole inglesi in rima “West against the Rest” che rischia di macchiare indelebilmente la nostra reputazione.
D’improvviso ci siamo svegliati come il Re Nudo della fiaba di Andersen. Il guaio è che non ce ne siamo ancora accorti.