Italia, aumenta la povertà e il disagio — Lombardi nel Mondo

Italia, aumenta la povertà e il disagio

Nei giorni scorsi sono stati resi pubblici due importanti documenti che fotografano la situazione della povertà del nostro paese. Dalla Caritas è giunto l’abituale rapporto annuale , mentre dall’ISTAT è uscita una ricerca inedita, una sorta di mappatura e di censimento dei “senza fissa dimora”

La crisi aumenta la povertà, il disagio, il senso di frustrazione. È una malattia che contagia i nuclei famigliari e che sgretola modelli di benessere da cui sembrava non si potesse tornare indietro.

“La rilevazione – spiega don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana – attraverso un campione di 191 Centri di ascolto in 28 Diocesi, fotografa i profili delle persone che nel 2011 si sono rivolte alla Caritas, aiutandoci a capire come la crisi stia fortemente incidendo sulle vecchie povertà, facendone nel contempo emergere di nuove. E i dati del primo semestre 2012, riferiti agli stessi Centri, indicano purtroppo un ulteriore aggravamento della situazione. Si tratta di storie e volti incontrati ogni giorno nelle 220 Diocesi italiane. Ma accanto a questo – prosegue don Soddu – c’è anche qualche segnale di speranza,rappresentato dalle esperienze avviate in tutte le diocesi per cercare di rispondere ai crescenti bisogni e al moltiplicarsi delle richieste. Prima ancora di una risposta ai bisogni materiali, il povero chiede il riconoscimento effettivo della propria dignità di persona, del diritto ad una vita normale e decorosa. Considerarlo con la sua storia, le sue sofferenze e le proprie attese di riscatto e di vita”.

Molti commentatori hanno analizzato il documento: “Emergono quindi in modo chiaro alcune tendenze: aumentano soprattutto gli italiani (ormai quasi giunti al 30%), cresce la multi problematicità delle persone, con storie di vita complesse, di non facile risoluzione, che coinvolgono tutta la famiglia; la fragilità occupazionale è sempre più evidente e diffusa (più del 60% dei disagiati sono disoccupati); aumentano gli anziani e le persone in età matura; si impoveriscono ulteriormente le famiglie immigrate.

Nonostante le tendenze di peggioramento, si registrano infatti segni di speranza: una grande vitalità delle comunità locali, che hanno avviato esperienze di ogni tipo per contrastare le tendenze della marginalità sociale. Gli operatori Caritas riscontrano un nuovo desiderio di ripartire, espresso da molte persone in difficoltà: affiora la volontà di rimettersi in gioco, l’aspirazione a migliorare la propria situazione. Aumentano le persone che richiedono ascolto personalizzato e inserimento lavorativo (+34,5 e +17%); aumentano del 122,5% le attività Caritas di orientamento (professionale, a servizi, a opportunità formative, ecc.); aumenta del 174,8% il coinvolgimento di altri enti e organizzazioni”. Non a caso il rapporto è intitolato “I ripartenti”.

Non così si può dire per gli homeless che popolano le nostre città. Spesso si afferma che loro scelgono di vivere per strada, sovente rifiutando l’aiuto e preferendo la marginalità. Tuttavia la crisi ha gettato sul lastrico chi prima conduceva un’esistenza dignitosa. Scrive Annachiara Valle per Famiglia Cristiana: “Quattro su dieci sono italiani. Tra i circa 50 mila senza fissa dimora, secondo i dati presentati dall’Istat, cresce il numero dei connazionali. In particolare, coloro che non hanno una casa dove tornare sono soprattutto uomini (87 %) con meno di 45 anni (57,9 %) e vivono al Nord (58,5 %). Perdita del lavoro o separazione del coniuge sono le cause più comuni (quasi il 34 %) che portano le persone a non avere più niente.

Fa pensare anche il numero di coloro che non hanno mai avuto una casa (il 7,5 % del campione). I due terzi, invece, prima di finire per strada (la maggioranza dichiara di essere senza dimora da almeno due anni), aveva una propria abitazione. Il restante del campione si suddivide equamente tra chi è passato per l’ospitalità di amici e/o parenti (15,8 %) e chi ha vissuto in istituti, strutture di detenzione o case di cura (13,2 %).

«Sulle politiche sociali siamo molto indietro e in difficoltà», ha ammesso Maria Cecilia Guerra, sottosegretario al Welfare, commentando la ricerca. «Stiamo studiando politiche che si fondino sulla presa in carico, perché non ci si può limitare al trasferimento monetario. Bisogna accompagnare le persone in difficoltà nei percorsi di inserimento lavorativo e di inclusione sociale»”.

Riporta l’ISTAT: “Il numero stimato di persone senza dimora può variare, con una probabilità del 95%, è compreso tra 43.425 e 51.872 persone.

Le persone senza dimora stimate dalla rilevazione corrispondono a circa lo 0,2% della popolazione regolarmente iscritta presso i comuni considerati dall’indagine, anche se questo collettivo include individui non iscritti in anagrafe o residenti in comuni diversi da quelli dove si trovano a gravitare.

L’incidenza sul totale dei residenti risulta più elevata nel Nord-ovest, dove le persone senza dimora corrispondono a circa lo 0,35% della popolazione residente, seguono il Nord-est con lo 0,27%, il Centro con lo 0,20%, le Isole (0,21%) e il Sud (0,10%).”

Una situazione davvero difficile. Così la descrive Giorgio Viganò, operatore al “Punto di incontro”, un centro che a Trento, da 35 anni, segue le persone marginali: “Anche da noi sono aumentati gli arrivi di italiani, in parte dalle valli del Trentino con fragilità varie, per i quali si cerca comunque un aggancio ai servizi sociali, in parte dalle regioni del Sud Italia in cerca di lavoro (mediamente ai pasti la media di italiani è intorno al 20% del totale). Nell’ultimo anno sono giunti numerosi stranieri dalle vicine regioni produttive (Veneto, Lombardia, Emilia, Piemonte…) dove avevano un lavoro e una sistemazione dignitosa, con la speranza/illusione di trovare in Trentino Alto Adige, che si presume risentire di meno della crisi, una nuova occupazione. Più recentemente si sta notando il ritorno di «vecchi» ospiti che erano transitati al Punto d’Incontro diversi anni fa, ma che avevano trovato un lavoro e si erano resi autonomi; ora la crisi prolungata e con essa la disoccupazione li ha risospinti verso i centri di accoglienza per senza dimora. Nella primavera scorsa poi abbiamo registrato un forte afflusso di immigrati senza documenti a seguito degli sbarchi sulle coste italiane dalla Tunisia e dalla Libia.

C’è scoraggiamento in molti per le scarse prospettive di trovare un’occupazione anche solo precaria e si avverte palpabile una maggiore tensione per la rabbia che covano contro il sistema, rabbia che a volte sfogano verso gli stessi centri di accoglienza perché non farebbero abbastanza per risolvere i loro problemi”.

Un quadro di notevole allarme che non migliorerà nei prossimi anni. Se lo Stato diminuirà le risorse disponibili, sarà la società a prendere le iniziative per arginare il fenomeno. [PGC]

Fonte: Unimondo

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