Gli studenti stranieri? Una ricchezza La scommessa vinta dall’Australia
Presto scopriremo se appartiene alla classe dei morsicatori o dei morsicati». Così hanno detto, dopo neanche una settimana di asilo, le dolci maestre di Samu, un anno appena compiuto, prima e (finora) unica residenza conosciuta Fremantle. Italiano e australiano, Samuele è figlio di Robi e Mauro, due giovani ingegneri che oltre sei anni fa dalla Lombardia si sono trasferiti a Perth per lavoro e buona vita.
Morsicatore o morsicati? ll «bite divide» dell’asilo
Al di là dei denti e del «bite divide» – la precoce divisione tra lupi e agnelli che pare caratterizzi l’infanzia (soltanto quella?) – scuole e asili in Australia sono luoghi «dolci» e accoglienti. In fondo, nel paradiso antico dei marsupiali, questo lato protettivo della natura dovrà pur riflettersi nel modo di crescere i piccoli. Certo, c’è anche il lato duro dell’isola dei canguri dove i bianchi sono sbarcati 200 anni fa (basta chiedere agli aborigeni). Il Western Australia è una fetta enorme e pochissimo popolata dell’isola. E anche qui (a proposito di durezze ambientali) sono attive le famose School of the Air nate negli anni Cinquanta del Novecento.
Scuole via etere
Oggi sono sedici in tutto il Paese, e costituiscono un network che copre milioni e milioni di km quadrati. Campioni di remote learning, apprendimento remoto. Gli alunni sono bambini e ragazzi che vivono isolati nell’outback, spesso a centinaia di chilometri di distanza dalla prima scuola in muratura. Crescono in piccole fattorie, allevamenti di mucche o di cammelli, stazioni di posta, comunità aborigene. Fino a qualche anno fa le lezioni avvenivano ancora con il metodo tradizionale che ha dato il nome alle scuole dell’aria: via radio (i primi apparecchi ricetrasmittenti andavano addirittura a pedali!). Sai che sogno, o che incubo, incontrare l’insegnante una volta sola, per la sua unica visita annuale agli alunni sparsi nel nulla. Oggi la Web camera e le comunicazioni satellitari a banda larga hanno tolto parte di quella patina remota e romantica. Anche se le distanze non sono cambiate.
Dall’Italia all’Australia per studiare
L’Australia è sempre immensa (7 milioni di km quadrati, 23 milioni di abitanti). E lontana. Eppure in questi anni è diventata una delle destinazioni più gettonate dei cosiddetti international students, quei 4,5 milioni di giovani nel mondo che studiano all’estero (saranno 7-8 milioni entro il 2025). Nel Paese dei marsupiali l’educazione è al secondo posto tra le voci della bilancia dei pagamenti (dopo le miniere). Un settore che nel 2015 ha fruttato 15 miliardi di euro. Un quarto di tutti gli studenti australiani (quasi la metà nei corsi di economia), vengono dall’estero. Molti anche dall’Italia. Negli ultimi anni si registra un boom di nostri giovani che partono per l’Australia. Gli italiani con un visto di residenza temporanea Down Under sono oltre 20mila, con incrementi del 163% dal 2011 al 2014. Flussi maggiori che nei primi anni Cinquanta. Il sito australiasoloandata cita la crescita dei visti vacanza-lavoro (più 77%) ma anche dei visti studenti (più 36,5%).
Il ricercatore: «Ma l’università italiana è meglio»
Samuelino, mio nipote, non ha bisogno di visto. E’ già là, all’asilo di Fremantle North. Pare che penda per la squadra dei morsicatori. Ma i suoi sono morsi d’affetto. Papà Mauro, che si occupa di oil and gas, sta prendendo una seconda laurea in matematica. Dice che l’università australiana è ben organizzata, ma che sulla qualità non c’è paragone con l’Italia. Allora quando Samu sarà più grande, e il mondo capovolto, forse sarà lui a venire a studiare in Italia. Lo aspettiamo a braccia aperte.
Non tutti i migranti se la passano bene: storia di Asha
In un ospedale di Brisbane, sulla costa opposta dell’Australia, hanno accolto a braccia aperte una bambina diventata famosa per tutt’altro genere di «asilo». La piccola Asha ha l’età di Samu, un anno circa. Si è ustionata gravemente in tenda, con un pentolone di acqua bollente, sull’isola-prigione di Nauru dove il governo australiano deporta i richiedenti-asilo (al momento 500 adulti e 60 bambini). Il trattamento dei migranti è stato denunciato duramente dalle ong e criticato dall’Onu. Da giorni è in corso un braccio di ferro tra le autorità e i responsabili del «Lady Cilento Hospital» (nome italiano!), che non vogliono dimettere la piccola nepalese temendo che finisca di nuovo in quella sorta di colonia penale che è Nauru. Asha è diventata un caso nazionale: migliaia di persone, associazioni di insegnanti, infermieri, giovani, famiglie, sfilano davanti all’ospedale dando il loro sostegno. Nostra Signora del Cilento, pensaci tu.
Michele Farina
Fonte: www.corriere.it
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