Mozambico: il difficile sentiero della democrazia e l’eredità coloniale — Lombardi nel Mondo
Mozambico: il difficile sentiero della democrazia e l’eredità coloniale
Il Mozambico, uno dei paesi africani più poveri, sta attraversando una fase molto complessa nel suo cammino verso una forma compiuta di democrazia. Dopo la faticosa conquista dell’indipendenza dal Portogallo in seguito alla caduta del regime dittatoriale portoghese, avvenuta poco dopo la fine di quest’ultimo, tra aprile e giugno del 1975, il paese era praticamente in ginocchio. La guerra che aveva interessato il paese tra il FRELIMO (Fronte di liberazione del Mozambico), di ideologia marxista, e i militari portoghesi, aveva praticamente portato al collasso l’economia. Il paese aveva conosciuto anche un relativo benessere nell’ambito del sistema economico coloniale integrato con la madrepatria, fornendo preziose materie prime e ricevendo valuta pregiata. L’indipendenza non portò di fatto alla pace e allo sviluppo: il nuovo governo adottò ben presto un modello di sviluppo di stampo socialista, nazionalizzando i comparti economici più importanti (energia, attività bancarie e finanziarie, industria pesante) e collettivizzando le grandi proprietà terriere, abbandonate dai coloni portoghesi. La revisione del progetto ideologico marxista da parte delle autorità già nei primi anni Ottanta, non bastò a fermare la guerriglia che devastava il paese sin dall’indipendenza. Il FRELIMO dovette fronteggiare per ben sedici anni la RENAMO (Resistenza nazionale mozambicana), sostenuta da Rhodesia, Sudafrica e Usa e pur aprendo il Paese al multipartitismo nel 1990, la guerra civile cessò solamente nel 1992 con gli Accordi di Roma.
Questo stato di continua conflittualità non ha creato le condizioni per lo sviluppo, ma ha depresso l’economia e creato milioni di profughi e sfollati. Il Sudafrica tuttora attrae cospicui flussi di manodopera mozambicana diretti nelle attività estrattive. Occorre poi menzionare anche la funesta contingenza climatico-meteorologica che nel 2000 vide gran parte del paese interessata da inondazioni e straripamenti tali da arrestare definitivamente la ripresa economica. Il FRELIMO ha mantenuto la maggioranza in parlamento divenendo una formazione sostanzialmente liberale. Tutti i presidenti della repubblica Mozambicana hanno militato nel FRELIMO: Samora Machel (già comandante dell’esercito del Fronte), dall’indipendenza del Paese (1975) sino alla sua morte in un incidente aereo (1986); Joaquim Chissano, leader carismatico e abile diplomatico, fautore della pacificazione tra le due formazioni in lotta, dal 1986 al 2005; da ultimo l’attuale presidente, Armando Guebuza.
Oggi il paese, pur mantenendo degli elevati tassi di crescita del Pil, rimane uno dei più poveri dell’intero continente africano. Gli aiuti internazionali (oltre 2 miliardi di dollari Usa) sono fondamentali per l’economia molto fragile del Mozambico. La maggior parte della popolazione attiva è occupata nel settore primario (circa l’80 per cento) che però contribuisce soltanto per un quarto alla formazione del Pil, evidenziando quindi la grande debolezza e bassa produttività del settore. Vengono privilegiate le colture commerciali: canna da zucchero, cotone, tè, palma da cocco, arachidi, ananas, banane. Il settore industriale, ancora molto poco sviluppato, annovera diverse aziende dedite alla lavorazione dei prodotti agro-alimentari. Le importanti risorse di gas e di petrolio stanno attraendo investimenti stranieri, soprattutto cinesi. Come è ben risaputo la Cina ha necessità energetiche crescenti, e la presenza di compagnie e di tecnici cinesi può rappresentare un elemento di sviluppo economico non trascurabile nell’economia del paese. Il Mozambico è al 165esimo posto nella classifica dell’Isu, ponendosi quindi tra i paesi più arretrati della speciale classifica. Il reddito pro-capite molto basso, la mortalità infantile, l’analfabetismo, la diffusione di gravi malattie infettive e la grave indigenza di larghi strati della popolazione, nonché la bassa speranza di vita alla nascita (circa 40 anni) rendono le condizioni di vita molto difficili. Nel 2010 si sono registrati episodi di violenza e pesanti rivolte della popolazione, culminate in scontri con l’esercito, dovuti ai rincari insostenibili dei prezzi dei beni di prima necessità, come il pane, causati dall’inflazione galoppante della moneta locale, il metical.
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