“Così va avanti il seme di Tentorio” — Lombardi nel Mondo

“Così va avanti il seme di Tentorio”

Padre Giovanni Vettoretto, per otto anni a fianco del missionario del Pime ucciso nelle Filippine, racconta come la morte non ha fermato la sua opera

«Padre Fausto è stato ucciso di lunedì mattina. Già al martedì sera ci siamo riuniti e ci siamo detti: “Il dolore è grande, ma facciamo in modo che, collaborando tra noi, tutto possa continuare”. E da parte mia ho aggiunto: “Io sono qui, non vado via. Però siete voi ad avere molta più esperienza di me”. Sapevo che era così: Tentorio – come un buon papà di famiglia – aveva preparato i suoi collaboratori con cui da tanti anni ormai si adoperava per i diritti dei manobo a stare in piedi anche senza di lui».

Padre Giovanni Vettoretto, missionario del Pime nelle Filippine, ha raccontato così martedì sera al Centro Pime di Milano il «giorno dopo» della missione dell’Arakan Valley, l’area dove insieme a lui svolgeva il suo ministero padre Fausto Tentorio, il missionario ucciso il 17 ottobre scorso dopo oltre trent’anni donati alle popolazioni tribali, gli ultimi in quest’area dell’isola di Mindanao. Ha voluto esserci, padre Vettoretto, per incontrare quanti da anni dall’Italia sostengono la missione. E per dire che – nonostante la mano violenta che ormai otto mesi fa ha colpito padre Fausto – tutto quanto lui aveva seminato nell’Arakan Valley va avanti. Come ogni anno i mesi di aprile e maggio – quelli delle vacanze scolastiche – sono stati scanditi dalle campagne sanitarie nei villaggi più lontani. Il primo giugno, poi, sono ricominciate le scuole. Ad ascoltare questi aggiornamenti nella sala Girardi c’erano molti di coloro che con il loro sostegno a distanza rendono possibile la continuazione della testimonianza di fede che padre Tentorio ha offerto attraverso la sua vita. Compresa – ad esempio – la famiglia Giacalone di Castrocaro Terme, in Romagna, che pur di non mancare a questo appuntamento è venuta a Milano con il suo camper, ospitato per una notte nel cortile del Centro missionario di via Mosé Bianchi.

Padre Giovanni ha raccontato i suoi otto anni vissuti accanto a padre Tentorio. «Quando arrivai nel 2003 mi accolse come un fratello maggiore – ha raccontato -. Mi aveva subito detto: adesso che siamo in due tu ti occupi della parrocchia e io posso concentrarmi di più sul lavoro con i tribali. Io stavo coi cristiani della parrocchia, lui in questi villaggi in cui molti non sono nemmeno cristiani. Stava via anche giorni, certe cose non le sapevo nemmeno io: le ho capite solo dopo la sua morte. Ma ciò che mi manca di più era quel modo semplice di essere comunità che vivevamo insieme».

Resta la domanda: perché lo hanno ucciso? «Credo che non ci sia stato un gesto particolare, una goccia che ha fatto traboccare il vaso – ha risposto padre Vettoretto -. L’hanno ucciso per i trent’anni di opere compiute quotidianamente in favore della dignità di queste persone. Ma lui non era un eroe: dopo la prima minaccia del 2003 – senza rinunciare a nulla del suo impegno – era diventato più cauto, più prudente soprattutto nei suoi spostamenti. Però non si sentiva particolarmente in pericolo. E nessuno si aspettava che lo avrebbero colpito lì, in quel modo, fuori di casa. Alla fine l’hanno ucciso perché quando entri dentro questo circolo di umanità non ti tiri indietro».

«Quando insieme a padre Peter Geremia e al vescovo abbiamo aperto il suo testamento – ha raccontato ancora Vettoretto – siamo rimasti un po’ sorpresi. Pensavano di trovare chissà quali indicazioni o cose strane. Invece c’era al centro quella frase del profeta Michea: “Vi è stato detto, o mortali, ciò che è buono, e ciò che il Signore richiede da voi: rendere giustizia, amare con bontà e camminare umilmente con il vostro Dio”. Ecco, anche noi che lo avevamo conosciuto bene abbiamo capito da questo suo programma di vita chi era davvero padre Tentorio».

«Fin da subito abbiamo invitato a pregare per chi aveva voluto la morte di padre Fausto – ha precisato infine padre Vettoretto -. Perché crediamo che i martiri non siano solamente seme di nuovi cristiani, ma prima di tutto seme di nuove conversioni anche tra chi cristiano dice di esserlo».

di Giorgio Bernardelli

Fonte: www.missionline.org

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