Elezioni 2013: il rischio di un’Italia chiusa e ripiegata
e portatrici di una visione “autarchica” a livello economico e politico. Intendiamoci, questa Europa fa acqua da tutte le parti; le sue ricette liberiste non hanno risolto la crisi economica anzi per certi versi l’hanno aggravata; mentre si salvavano le banche si affamavano i popoli, come sta avvenendo in Grecia; le istituzioni comunitarie sono burocratiche e lontanissime dai cittadini. E poi la globalizzazione: per ora abbiamo visto soltanto quella dei capitali finanziari o dei derivati sui titoli borsistici – che hanno determinato le bolle speculative prodromo alla grande crisi; ecco i dogmi del Fondo Monetario Internazionale o della Banca Mondiale, basati essenzialmente sui consumi, gli scambi commerciali e sulla riduzione delle regole, hanno generato scompensi e disuguaglianze, migrazioni di multinazionali e di uomini là dove ci sono meno diritti, meno costi e più sfruttamento; per non parlare dell’emergenza ambientale e della corsa all’accaparramento di terra e di fonti energetiche, foriere di possibili nuove guerre.
Unimondo si è sempre schierato da una sola parte, quella del cambiamento. Beni comuni, vie alternative allo sviluppo, tutela dei diritti umani che significa anche lotta per l’esistenza fisica e culturale di interi popoli, pace e dialogo tra religioni ed etnie, buone pratiche ambientali, denuncia di un modello economico distruttivo, reale partecipazione democratica delle persone alle scelte politiche sono il nostro pane quotidiano. Così ci sentiamo nella possibilità di criticare sia la sinistra sia Beppe Grillo che pure hanno nel loro programma, più o meno approfonditamente, queste tematiche. Manca tuttavia una cultura di fondo, quella dell’apertura alla mondialità. L’idea che occorre ragionare sempre in termini di interdipendenza.
Occorre più responsabilità. Per esempio sulle ricette economiche. Ci sono ricette condivisibili ma è troppo facile e ambiguo dire: facciamo un referendum per sentire cosa pensa la gente sull’euro. Scontato il risultato, in tempi di evidente arretramento delle condizioni economiche di singoli e famiglie. Quale sarebbe poi la situazione? C’è chi pensa alle monete locali, alla nazionalizzazione delle banche, ad un impossibile ritorno all’economia di scambio e di sussistenza (cosa diversa dal sostenere i prodotti locali o la filiera corta), a palingenesi retoriche che parlano di aumento dei salari lavorando di meno, di pensionati cinquantacinquenni (che così magari possono fare il doppio lavoro senza pagare le tasse).
Quello che manca è la consapevolezza di essere immersi in un contesto fortissimamente legato alle dinamiche internazionali. A questo non ci possiamo sottrarre. In secondo luogo: l’Italia dovrà essere rappresentata da un governo. Dall’esito elettorale uscirà un esecutivo debolissimo e fragile, finito prima di cominciare. Rinchiudersi in noi stessi, pensando di essere diversi, sarebbe un errore esecrabile. Che non possiamo permetterci.
Il nuovo Parlamento presenta elementi positivi: più donne, più giovani, (per ora) meno corrotti e meno indagati. Forse si potranno approvare alcune leggi, magari pure importanti (a volte dalle situazioni imprevedibili escono risultati insperati), ma la precarietà del quadro politico non consentirà riforme incisive. Noi speriamo, e ci ripetiamo, che riguardino anche la cooperazione internazionale, le spese militari, il terzo settore, il sostegno al “fare comunità” (non solo virtuale!) e tutti i temi a noi cari.
Noi crediamo che il modo per concretizzare l’interdipendenza e rispondere alla crisi economica sia aprire, aprire ed aprire. Guai a noi se ci chiudiamo in noi stessi a mo’ di Lega Nord. La storia ci punirà!
Di Piergiorgio Cattani
Fonte: Unimondo
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