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Dante, Sordello e la cultura Occitano Provenzale nella Commedia

di Matteo Cazzulani

Spesso, in Italia non si riesce ad approfondire figure capaci di fornire un solido contributo allo sviluppo e alla diffusione di culture ‘locali’ e dimenticate, come quella occitano-provenzale, la cui conoscenza è tuttavia fondamentale per comprendere gli sviluppi della storia europea. Sordello da Goito (o Sordel de Goit, in occitano), uno dei maggiori poeti della tradizione poetica provenzale, gli altrimenti definiti ‘trovatori’, è una figura dal grande fascino e dalla cospicua produzione letteraria ascrivibile al gruppo delle sopracitate figure dimenticate.

Nato e vissuto nel XIII secolo, Sordello risiede a Firenze, dopodiché si sposta a Verona alla corte di Riccardo Bonifazio, da dove è costretto a riparare in Provenza a seguito di una relazione amorosa con la moglie del suo protettore. Entrato a servizio di Carlo d’Angiò (fratello del re di Francia e Conte di Provenza), Sordello ha la possibilità di rientrare nella Penisola Italiana in occasione della spedizione militare che portò gli angioini a scalzare prima gli svevi dall’Italia meridionale e, successivamente, a perdere il controllo della Sicilia per mano di Pietro d’Aragona. Fatto prigioniero a Napoli, le ultime tracce di Sordello sono in Provenza, dove si sospetta il trovatore lombardo sia morto.

La poetica di Sordello, interamente in lingua provenzale, come si è detto, comprende l’Ensenhamen d’Honor, un poema didattico composto da canzoni (canso) di carattere amoroso e satirico. Tuttavia, a rendere celebre la figura di Sordello è Dante, che colloca il trovatore lombardo nel Purgatorio in ben due canti: il VII e l’VIII.

Giunti all’ingresso della Valletta dei Principi Negligenti, appena dopo il secondo balzo dell’Antipurgatorio, Dante e Virgilio incontrano Sordello che, dopo avere elogiato il concittadino Virgilio, mostra le anime dei Principi Negligenti, tra le quali svettano Carlo d’Angiò e Pietro d’Aragona. Importante, in questo frangente, è l’invettiva che Sordello lancia contro i giovani eredi dei due sovrani che, a detta del trovatore mantovano, sono privi del talento dei loro padri.

Quel che par sì membruto e che s’accorda, 

cantando, con colui dal maschio naso, 

d’ogne valor portò cinta la corda;                     114

 

e se re dopo lui fosse rimaso 

lo giovanetto che retro a lui siede, 

ben andava il valor di vaso in vaso,                     117

 

che non si puote dir de l’altre rede; 

Iacomo e Federigo hanno i reami; 

del retaggio miglior nessun possiede.               120

 

Rade volte risurge per li rami 

l’umana probitate; e questo vole 

quei che la dà, perché da lui si chiami.             123

 

Anche al nasuto vanno mie parole 

non men ch’a l’altro, Pier, che con lui canta, 

onde Puglia e Proenza già si dole.                     126

 

Tant’è del seme suo minor la pianta, 

quanto più che Beatrice e Margherita, 

Costanza di marito ancor si vanta.                    129

L’Occitano nella Commedia e il messaggio politico-filosofico-linguistico di Dante

Oltre al fatto di avvalersi di Sordello per esporre considerazioni di carattere politico inerenti ad importanti sovrani del suo tempo, Dante pone Sordello nella Commedia anche come segno di rispetto, oltre che di ammirazione sconfinata, nei confronti della lingua occitana e della tradizione letteraria provenzale.

Dante, che riempie la sua Commedia di annotazioni politiche, sembra infatti descrivere la situazione della Francia del XIII secolo: un territorio diviso tra due lingue -la Lingua d’Oc (occitano-provenzale) al sud, e la Lingua d’Oïl al nord- legate a due confessioni cristiane differenti: il catarismo per la Lingua d’Oc, il cattolicesimo per la Lingua d’Oïl.

Tale situazione viene ‘superata’ con la Crociata Albigese che, convocata da Papa Innocenzo III, realizzata dai baroni del nord della Francia nella prima metà del XIII secolo, porta all’eliminazione sistematica dei catari, all’estensione dell’egemonia politica del re di Francia sull’Occitania e, nel contempo, alla sottomissione culturale della tradizione linguistico-letteraria della Lingua d’Oc alla Lingua d’Oïl.

I catari occitani che riescono a scampare alla crociata, tra cui moltissimi trovatori, riparano in Lombardia, ove (spesso protetti dai Ghibellini, schieramento filo-imperiale avverso ai Guelfi filo-papali) stabiliscono comunità ben radicate, come quelle di Concorezzo, Desenzano sul Garda e Cremona.

Dante, analizzando la Commedia, sembra patteggiare per la Lingua d’Oc. Il Poeta, infatti, cita Chrétien de Troyes, il principale esponente della letteratura in Lingua d’Oïl, nell’Inferno (nel Canto V, quello, famoso, di Paolo e Francesca), e inserisce Arnaud Daniel, il principale esponente della letteratura in Lingua d’Oc, nel Purgatorio. Se, da un lato, Dante definisce l’opera di Chrétien de Troyes “galeotta”, dall’altra descrive la canzone provenzale come un’arte che “soverchia” (supera) la Lingua d’Oïl.

Non a caso, Dante riserva alla Lingua d’Oc lo status di unica lingua non-italiana ad essere utilizzata nella Commedia in più di un verso. Giunto nella Cornice dei Lussuriosi, nel Canto XXVI, Dante incontra l’amico Guido Guinizzelli, letterato bolognese padre del Dolce Stil Novo, che gli indica Arnaud Daniel come quel poeta che fu capace “di superare tutti gli altri”. Arnaud, una volta giunto presso Dante, si rivolge all’Alighieri con i famosi versi in occitano riportati qui di seguito.

«Tan m’abellis vostre cortes deman, 

qu’ieu no me puesc ni voill a vos cobrire.         141

 

Ieu sui Arnaut, que plor e vau cantan; 

consiros vei la passada folor, 

e vei jausen lo joi qu’esper, denan.                     144

 

Ara vos prec, per aquella valor 

que vos guida al som de l’escalina, 

sovenha vos a temps de ma dolor!».                    147

 

Il coraggio con il quale Dante ha voluto inserire versi in Lingua d’Oc dimostra, secondo diverse interpretazioni, come l’Alighieri consideri, e condanni, la repressione degli occitani come atto di eliminazione di una lingua e di una cultura per precisi scopi politici (e confessionali).

Nel contempo, il Poeta sembra volere omaggiare la tradizione letteraria provenzale, di cui Sordello è stato principale esponente in Lombardia, e affermarne con forza la dignità al pari del Volgare (con cui compone la Commedia).

 

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