Breve dialogo sul dialetto milanese — Lombardi nel Mondo
Breve dialogo sul dialetto milanese
– Dove andiamo oggi?
– Ti voglio portare in Corso San Gottardo, a Porta Ticinese, nel cuore della vecchia Milano dove una volta c’erano le casere. Lì si lasciavano stagionare i formaggi. La zona era chiamata, appunto, el borg di formagiatt (il borgo dei formaggiai).
– Sai, io in fondo so poco della storia di Milano e soprattutto del suo dialetto. Ma da dove nasce la vostra parlata?
– Beh, innanzitutto va spiegata l’etimologia della parola Lombardia. Pochi sanno che Lombardia prende il nome da Longobardìa, terra dei Longobardi, cioè uomini dalla lunga barba. Secondo una leggenda questo popolo di origine scandinava e proveniente dalla Pannonia, prima di valicare le Alpi Giulie, il Veneto e il Friuli, si stanziò nella valle del fiume Elba. Quando giunse sul nostro territorio, dopo accaniti combattimenti contro la popolazione locale, conquistò Pavia e la elesse a sua capitale. Milano, invece, divenne il centro dei suoi commerci. Nel 569 fu proprio Alboino ad occupare le nostre terre dando loro il nome di Lombardia. In seguito la regina Teodolinda fece di Monza la capitale del suo regno.
– Quindi il dialetto nasce con i Longobardi?
– Non è esatto. Quando i Romani colonizzarono l’Italia Settentrionale, ai tempi dei Galli e dei Celti, il latino parlato dai coloni era meno colto di quello scritto e letterario. L’unione del latino con le lingue gallo-celtiche portò alla nascita di suoni che ancora oggi sono presenti nel dialetto milanese. Ad esempio: Mangià on oeuv in cereghin (mangiare un uovo al tegame) presenta il suono oeu, e anche la u pronunciata ü è una traccia di quei tempi: Né donna né tila a lumm de candila (né donna né tela a lume di candela). Poi elementi tipici della nostra parlata sono l’eliminazione o il raddoppio di alcune consonanti (bella – bela, cucina – cusinna), la caduta delle vocali finali (pane – pan) e la difficile declinazione dei verbi (allungare – slongà). La vera parlata del popolo era quindi il volgare, per distinguerla dal latino delle occasioni ufficiali e da quello del clero.
– Ma allora cos’è il dialetto?
– Il dialetto è un discorso tra persone che si esprimono senza ricercatezza. Impropriamente si parla di dialetto milanese ma in realtà si deve distinguere tra dialetto urbano (milanese) e dialetto delle campagne (lombardo). Inoltre, nel corso dei secoli furono molte le popolazioni che invasero il nostro territorio: i Celti, gli Etruschi, i Romani, i Goti, i Visigoti, gli Ostrogoti, i Franchi, i Francesi, gli Spagnoli, gli Austriaci e ognuno di loro lasciò un’impronta nel linguaggio.
– Ma perché si parla anche di dialetto meneghino?
– Meneghino sta ancora a indicare il dialetto di Milano. Il termine nasce da una maschera teatrale creata da Carlo Maria Maggi (1630-1699 ed è un’aferesi di Domenichino, il servo che veniva chiamato di domenica dai nobili decaduti, per svolgere dei servizi. Egli divenne il simbolo del servitore buono, un po’ ingenuo, pronto a difendere gli umili. Le commedie hanno come sfondo Porta Ticinese, il quartiere dove si parlava il dialetto più “verace” e dove, Meneghino, proveniente dalla campagna, incontra Cecca, la sua futura moglie. Ed è proprio da queste due maschere che prende il nome il “Circolo Ambrosiano Meneghin e Cecca” (Via Monte di Pietà, 1- tel. 02/8056993), antica istituzione nata per tutelare le tradizioni e gli usi del dialetto. Anche Beltramm de Gaggian e Beltramina furono i “prodotti” della fantasia di Maggi e diedero un perfetto ritratto del milanese arguto, vivace, satirico e ironico, quasi insolente.
– Ma il milanese è una lingua?
– Sì. In effetti il primo documento letterario e la prima grammatica risalgono al XIII secolo e sono attribuiti a Bonvesin da la Riva scrittore e poeta. La prima raccolta di vocaboli milanesi si deve, invece, a Benedetto Dei. In seguito fu pubblicato un dizionario milanese-italiano. Va sottolineato, inoltre, che uno dei più importanti interpreti del nostro dialetto fu il poeta Carlo Porta, nato a Milano nel 1775, sotto il dominio austriaco. Grazie alla sua capacità di penetrare nel vivo del dissenso milanese con i suoi versi apparentemente canzonatori, Porta riuscì a risollevare il morale dei suoi concittadini in un momento difficile sul piano politico. Tra le sue opere I Lament del Marchionn di gamb avert (1816) e La Ninetta del Verzee (1819). Il dialetto milanese non indulge nelle dolcezze del toscano o nell’inflessione molle del veneto, conosce invece delle durezze che lo rendono molto “diretto” nelle espressioni e nei vocaboli. Ma questo fa parte anche delle eredità lasciate dagli invasori.
– Ho un’ultima domanda. Da dove nasce la parola Milano?
– Ci sono molte interpretazioni al riguardo. Si dice che i Galli diedero il nome alla città (dal tedesco Mai-Land), altri sostengono che derivi dal nome latino Mediolanum fuso con il celtico medio e lan (corrispondente al latino planum), paese in mezzo alla pianura. Da questo termine
Donatella Brioschi
Da http://home.nikocity.de/contrasto/lombard.htm
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