Lombardi nel Mondo ha intervistato Saida Ahmed, medico pediatra a Mogadiscio (Somalia)
La dr.ssa Saida Amhed si è formata culturalmente nelle scuole italiane in Somalia. e come molti universitari del paese, si è trasferita successivamente in Italia per specializzarsi nel campo pediatrico rimanendoci per molti anni per poi proseguire la sua esperienza professionale in Canada. Rientrata in Somalia con un progetto dell’OIM, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni delle Nazioni Unite che collabora con il Ministero dell’Educazione somalo, sta attualmente lavorando alla ricostruzione del sistema sanitario del paese
Nel corso dell’intervista, che qui di seguito riportiamo in sintesi, sono stati approfonditi alcuni temi legati alla realtà del Paese, legato all’Italia da forti legami storico -culturali.
Dottoressa Saida Ahmed, la sua vita e la sua carriera professionale, rappresentano un tipico aspetto della diaspora somala. Perché è rientrata in Somalia?
Il motivo principale è perché mia madre pensava che il mio futuro professionale fosse qui a Mogadiscio. Dopo la sua scomparsa durante la guerra civile, il mio pensiero è stato quello di fare ciò che lei desiderava. Sono tornata una prima volta nel 2007 ma tutti gli ospedali erano però devastati, non c’era niente. Ho cercato di capire quello che si poteva fare, a cominciare dai tirocini professionali per creare degli operatori sanitari e per ricostruire una struttura sanitaria pediatrica.
La comunità somala all’estero sta aiutando?
I somali all’estero aiutano principalmente la propria famiglia. E ogni famiglia ha chi qualcuno che è partito. Ci sono però anche aiuti internazionali principalmente dedicati alle scuole e agli ospedali perché la diaspora da sola non può coprire tutte le necessità.
Com’è il rientro in Somalia avendo acquisito una mentalità internazionale?
Sono stata fuori dal mio Paese per quasi 20 anni. Quindi piano piano devi capire come sono le persone che non sono mai andate via. Devi trovare il modo di dare le informazioni, devi valorizzare il lavoro. Ho fatto un anno e mezzo al Ministero della Salute ed ho trovato persone che non hanno svolto un tirocinio professionale che abbiamo avuto noi. Il dipartimento pediatrico, poi, non esisteva e quindi, prima di ogni iniziativa, occorre trovare le persone che ti possono aiutare. Qui, ad esempio, insisto molto sul fatto che tutti i bambini debbano o essere vaccinati: prima di andare a scuola! Nessuno poi parla dei problemi alimentari dei bambini, delle loro possibili intolleranze alimentari quindi piano piano stiamo cercando di fare imparare anche questo alle famiglie.
I giovani somali vogliono scappare o rimanendo hanno una qualche speranza per il loro futuro?
Molti andavano via. Però è successo che in Libia sono stati maltrattati, picchiati, lasciati senza cibo. Quelli che sono riusciti a rientrare in Somalia hanno scoraggiato le partenze: non andate via, vi picchiano, i nostri amici sono morti. Quindi i giovani ora restano qui.
I “signori della guerra” di Al-Shabaab hanno un seguito? Si può intervenire sui giovani per evitare che si arruolino in questa formazione terroristica?
Bisogna combattere la povertà.
Quali sono i paesi presenti in Somalia? Pensiamo alla Turchia, agli Emirati ed altri.
Quando una nazione è povera ha bisogno di tutti. I Turchi ad esempio hanno avuto la possibilità di radicarsi in Somalia perché sono arrivati quando non c’era nessun aiuto internazionale e sono stati visti come eroi.
Come procede la vaccinazione anti-Covid?
La vaccinazione va bene. Abbiamo vaccini forniti dagli inglesi e dalla Cina. Aspettiamo la seconda dose. Quando la popolazione ha compreso gli effetti della pandemia ha avuto paura: mentre prima bisognava parlare, far capire. E piano piano gli anziani, i malati, negli ospedali e nei porti si è proceduto. I giovani però non vengono vaccinati, a meno che non abbiano malattie croniche.
Ripristinare il rapporto linguistico e culturale italiano. Che cosa dovrebbe fare l’Italia?
I giovani hanno fatto scuole somale o inglesi. Ci dovrebbe essere una scuola italiana per ravvivare il rapporto linguistico e culturale tra Somalia e Italia.
Il Governo somalo ha rimandato di un paio d’anni le elezioni. Il Paese è pronto per il suffragio universale o è una scommessa?
Difficile. Non abbiamo informazioni su numero reale della popolazione e ci sono luoghi dove nessuno può andare. Non esiste un’anagrafe e una vera unità del Paese, quindi prima bisogna costruire tutto questo. per garantire un voto democratico.
La Somalia ha potenzialità enormi. Potrebbe vivere con le proprie risorse?
Difficile. Perché quando hai risorse intervengono tanti interessi che se ne vogliono appropriare. Ognuno vuole prendere una sua fetta, quindi è difficile che la Somalia riesca a vivere con le sola proprie forze.
Kenia, Etiopia, Eritrea: quali sono i rapporti con quei Paesi?
Sembra che sia nata un’amicizia con l’Etiopia, visto lo scambio di visite che c’è stata tra Primi Ministri mentre con il Kenia il rapporto non proprio idilliaco tra i due governi. L’Eritrea è molto lontana da noi, non abbiamo confini in comune ma sembra che stia iniziando un avvicinamento.
E con i cinesi?
La Somalia non è un paese stabile, quindi questo è un ostacolo per loro.
Che cosa è l’OIM, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni con cui tu lavori?
È una organizzazione che inserisce figure professionali che fanno delle attività di training in tutti i dipartimenti. ministeriali Il mio lavoro è indirizzato alla salute dei bambini nelle scuole e al l’alimentazione corretta e ad insegnare alle infermiere il lavoro sanitario nelle scuole
Vi potete muovere liberamente?
Dipende. Noi andiamo dove c’è un ospedale nei centri abitati. Ci sono luoghi dove non si riesce andare e le persone sono costrette ad avvicinarsi a noi.
Ci sono altre ONG internazionali che operano in Somalia?
Sì, secondo le varie aree di intervento-
Ci sono contatti con la diaspora somala in Italia e le loro associazioni?
Pochi
Qual è la condizione della donna?
È peggiorata. Con la povertà c’è una bassa scolarizzazione. Nella diaspora all’estero chi manda soldi a casa è sempre a donna mentre l’uomo non manda soldi. Quindi sono le donne che lavorano fondamentalmente per la comunità, e per lo stato.