Oltre lo scontro, perché la diplomazia USA-Ucraina non ha funzionato? – da extrema ratio, di Greta Cristini
Trump e Zelensky giocano due partite di rango diverso. Il primo è disposto a sacrificare la difesa militare di Kiev per riavvicinarsi a Mosca. Obiettivo: dare a Putin un’alternativa a Pechino.

Quando capitano eventi come quelli di ieri – il durissimo scontro davanti alla stampa fra il presidente ucraino Zelensky e il presidente statunitense Trump e il vicepresidente JD Vance – sono sempre affranta dal provincialismo e poca lungimiranza della stampa e dai media nostrani che si fermano a guardare il dito e non la luna. L’agguato di JD Vance al presidente ucraino, il bullismo di Trump, l’affranto dell’ambasciatrice ucraina negli USA che si mette le mani nei capelli. Tutto probabilmente vero, come veri sono stati alcuni netti errori dialettici di Zelensky. Rivolgersi con tono paternalistico ai rappresentanti della potenza vincitrice di due guerre mondiali affermando “you will feel it in the future” in riferimento alle problematiche di un conflitto, ad esempio, non solo non è intelligente. Non si può fare.
Eppure, siamo sicuri che l’inquilino della Casa Bianca, leader della prima potenza al mondo abbia bisogno di ordire “imboscate” al leader ucraino per raggiungere i suoi obiettivi? E, soprattutto, anche ammettendo tutto l’intento vessatorio dell’amministrazione repubblicana contro Zelensky, cui prodest? A noi osservatori europei a che serve stabilire che Trump e Vance sono strozzini ignobili, brutti e cattivi, e Zelensky invece il condottiero coraggioso contro le autocrazie?
Non è forse più interessante comprendere perché, al di là delle capacità o incapacità diplomatiche delle parti, le trattative per la firma dell’accordo sulle terre rare in vista di un cessate il fuoco non sono andate a buon fine? È quello che provo a raccontarvi in questa newsletter, a partire dal pessimo dialogo a cui non dovevamo assistere.
Premessa di metodo: lo scontro fra le vedute e gli interessi di due interlocutori (da due noti conduttori televisivi a due attori statali) dovrebbe sempre avvenire dietro le quinte, durante i bilaterali, a porte chiuse. Non davanti alla stampa e alle telecamere, con le nefaste reazioni a cascata da parte del pubblico che non possono che condurre a una polarizzazione ulteriore delle due posizioni.
Anzitutto, per dare un primo inquadramento di contorno alla visita di Zelensky a Washington, secondo quanto riportato da alcuni funzionari americani, su questo incontro c’erano in partenza diversi dubbi: Keith Kellogg, inviato speciale per gli USA per il conflitto in Ucraina e che aveva incontrato Zelensky a Kiev per negoziare sull’accordo sulle terre rare, aveva sconsigliato questo bilaterale perché riteneva che il rapporto fra i due presidenti dovesse ancora scaldarsi. Sarebbee stato il capo di gabinetto di Zelensky Andrij Jermak a spingere per la firma dell’accordo alla Casa Bianca e lo stesso presidente francese Macron avrebbe provato a convincere Trump dell’opportunità dell’incontro durante la sua visita negli Stati Uniti.
Premesso ciò, entriamo nel vivo della questione.
Perché il banco fra Zelensky e Trump è saltato?
Perché Kiev e Washington non negoziano alla pari, perché perseguono obiettivi differenti e perché gli obiettivi della potenza americana implicano la necessità di non rispondere alle richieste del paese invaso.
La partita fra Stati Uniti, Russia e Cina
I negoziati diretti fra Stati Uniti e Russia sono stati avviati prima a Ryad e poi sono proseguiti qualche giorno fa a Istanbul con l’obiettivo chiaro dichiarato dalla delegazione americana composta dal segretario di Stato Marco Rubio, dal consigliere per la Sicurezza Nazionale Mike Waltz e dall’inviato per il Medio Oriente Steve Witkoff di ripristinare le relazioni fra i due paesi, a partire dalla riattivazione dell’operatività delle due ambasciate per agevolare un dialogo che supera di molto la fine del conflitto russo-ucraino.