Il supermartedì delle primarie repubblicane — Lombardi nel Mondo
Il supermartedì delle primarie repubblicane
I dati relativi alle consultazioni del 6 marzo 2012 sono necessari per esaminare ciò che sta succedendo alle primarie repubblicane americane.
Romney Santorum Gingrich Paul
Alaska 33% 29 % 14% 24%
Georgia 26% 20% 47% 6%
Idaho 62% 18% 2% 18%
Mass. 72% 12% 5% 10%
N.D. 24% 40% 8% 28%
Ohio 38% 37% 15% 9%
Okla. 28% 34% 27% 10%
Tenn. 28% 37% 24% 9%
Vt. 40% 24% 8% 25%
Va. 60% – – 40%
Wyo. 56% 30% – 2%
Dopo le votazioni o i caucus tenutesi in 22 Stati, Romney conduce la classifica con 415 delegati su 1145 contro i 176 di Santorum, i 105 di Gingrich e i 47 di Paul. Considerando che sono in palio ancora 1541 delegati si intuisce che Romney non avrà vita facile.
I numeri però raccontano anche che Romney ha vinto soprattutto a nord e ovest del Paese oltre alla Florida ma che non sfonda al centro e al sud dove ci saranno le prossime tornate elettorali, il Bible Belt, che non perdona a Romney di essere mormone, e forse ancor più di essere distante dalla classe media in forte difficoltà.
In particolare, in Ohio c’è stato un testa a testa fino alla fine, in Georgia Gingrich ha surclassato tutti nonostante la sua impresentabilità e favorendo Romney che ha stravinto nel suo Massachusetts dove ha governato per anni. In Virginia, assenti Santorum e Gingrich i voti avversari sono confluiti su Paul che ha così avuto un’inaspettata performance, con una strategia applicata sicuramente nelle primarie del centro-sinistra.
La critica generale è nei confronti della campagna in corso che più che di temi economici e su come affrontare meglio Obama nei suoi lati deboli, si sta concentrando su temi sociali e religiosi che poco hanno a che fare con i tassi di occupazione.
Come più volte ripetuto Romney ed entusiasmo non viaggiano mai assieme e quando lo fanno aggiungono sempre senza. Si è pure ricordata la storiella della gara tra il coniglio e della tartaruga, ma è auspicabile che gli americani fermino la deriva di Santorum. La sua viscerale avversioni a gay e lesbiche è fuori tempo, così come la sua poco accorta affermazione riguardante il discorso di John F. Kennedy sulla separazione tra stato e chiesa oltre alle restrizioni sulla libertà di scelta femminile che gli ha comunque alienato una forte componente dell’elettorato.
Così come Romney dovrebbe uscire dalla trappola di essere stato un buon governatore del, Massachusetts e un bravo manager di Bain Capital. Per governare la nazione più potente del mondo, visto l’influsso che ha sulla nostra vita quotidiana, noi chiediamo di più.
Tra l’altro mentre all’inizio delle primarie Obama si trovava in acque mosse, il salvataggio dell’industria automobilistica, il ritiro delle truppe americane da un sempre più possibile pantano iracheno, la morte di Bin-Laden e un netto miglioramento dell’economia in generale, gli hanno fatto aumentare la popolarità e da diverse settimane i sondaggi continuano a vederlo primeggiare sia rispetto a un possibile duello con Romney sia con Santorum.
A questo punto della contesa, però, non sembrano esserci delle prospettive di un cambio radicale. I due contendenti principali cercano di evitare delle posizione nocive che potrebbero compromettere il prosieguo della corsa e così, salvo sorprese, mai da scartare, Romney riuscirà ad avere la candidatura.
Stiamo a vedere.
Fonte : Deseret News, Washington Post, NYT, Huffington Post.
Ernesto R Milani
Ernesto.milani@gmail.com
7 marzo 2012
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