Amami sempre come io ti amo – Dodicesima puntata — Lombardi nel Mondo

Amami sempre come io ti amo – Dodicesima puntata

Nel 1898 il figlio del nobiluomo lombardo Gaspare Ordoño De Rosales pubblicò molte delle lettere che Giuseppe Mazzini “e alcuni suoi compagni d’esilio” scrissero al padre tra il 1834 e il 1852. Nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia la pubblicazione sul portale Lombardi nel Mondo di quest’opera e di queste testimonianze, riporta alla luce la fede per Libertà, Uguaglianza, Umanità, Indipendenza e Unità di un Paese che nel 1861 diventa “nazione”.

Nel 1898 il figlio del nobiluomo lombardo Gaspare Ordoño De Rosales pubblicò molte delle lettere che Giuseppe Mazzini “e alcuni suoi compagni d’esilio” scrissero al padre tra il 1834 e il 1852. Nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia la pubblicazione sul portale Lombardi nel Mondo di quest’opera e di queste testimonianze, riporta alla luce la fede per Libertà, Uguaglianza, Umanità, Indipendenza e Unità di un Paese che nel 1861 diventa “nazione”.

La figura del lombardo Gaspare Ordoño De Rosales, ormai cancellata dalla comune memoria, è importantissima non solo per i rapporti con Giuseppe Mazzini, ma per tutti gli altri patrioti costretti all’espatrio e all’emigrazione tra Svizzera, Francia, Belgio, Inghilterra e Americhe. Gaspare Ordoño De Rosales non è solo un personaggio che vive gli ideali mazziniani, che mantiene contatti e rapporti tra le diverse sezioni della Giovine Italia, ma finanzia diverse azioni e aiuta per anni il Genovese e i suoi compagni, seguendone anche i progetti editoriali. Un esemplare rapporto d’amicizia, collaborazione e rispetto.

Nelle lettere mazziniane si scopre quanto profonda fosse la tensione all’Unità nazionale e il rispetto per la dignità umana. In questa corrispondenza è possibile seguire il nascere del “sogno” e ideale mazziniano, rendersi conto dei suoi dubbi e della sfiducia che sembra sommergerlo nel periodo dell’espatrio svizzero e londinese.

L’Unità d’Italia, non solo geografica e politica, ma anche culturale, pulsava Oltralpe e nelle Americhe tra espatriati ed emigrati. Il Portale Lombardi nel Mondo desidera ricordare questo importante aspetto e onorare la memoria di chi arrischiò e offerse la propria vita per quella Terra che si distende dalle Alpi alla Sicilia.

 

Di Usiglio a Rosales

Londra, 6 Febbraio 1837

Dacché sono a Londra penso tutti i giorni a scriverti, lo desidero sempre, e mi sono ridotto sino ad oggi senza farlo. Ti dirò francamente che le molte spese imprevedute pendente il viaggio, e le molte prevedute pendente i primi giorni di nostra dimora in questa città, mi avevano fatto quasi una necessità di economizzare anche ciò che è necessario per impostare una lettera. Ieri mi sono venuti danari, quindi ti scrivo. E primieramente ti dirò che ho ricevuto qui son pochi giorni una tua lettera direttami a Troyes di vecchissima data. Come essa mi sia giunta sì tardi non saprei dirti. So che essa mi ha fatto dolore assai per le cose che in essa mi dici. I tuoi affari non vanno bene, poi parli d‘altri dispiaceri che non definisci, insomma tutta la lettera è trista, e me ne duole come non puoi immaginare. È destino che nessuno di noi debba avere un po‘ di pace, e tu giustamente devi essere più tribolato degli altri, perché assai più buono degli altri. Se io sapessi una parola di consolazione a dirti sarei più contento di quello che sono nello scriverti, ma tu anzi nelle avversità hai molta più forza di quella che io sappia nemmen immaginare.

Siam dunque a Londra da 20 giorni. Io non ho mai visto una città molto grande, dunque puoi credere che questa mi ha stordito. – È impossibile te ne parli in dettaglio, non la conosco punto. Solo so che è una città monstre, un mondo piuttosto che una città. Le strade poi son tutte sì belle, sì larghe, che pare una meraviglia. Non ho mai visto però città più facile a girarsi di questa. Quasi tutte le contrade sboccano in tre, o quattro grandi strade, conosciute le quali è impossibile sbagliare il cammino. Come ti immagini non abbiamo ancora veduto il sole, en revanche siamo stati per più giorni spettatori della famosa nebbia, o fox, credo così si chiami qui, che fa del giorno una notte più fitta, e più nera di una notte vera; una notte in cui i lumi che sono nelle strade non si vedono a 4 passi di distanza – Ciò che abbiamo anche trovato a Londra, è l‘Influenza, di cui certo avrai sentito parlare, ma è un‘influenza diabolica, che manda all‘altro mondo da 700, a 1000 uomini al giorno. Il Cholera non ha mai fatto tanta strage a Londra, quanto ne fa questa malattia. Non si vedon che funerali, non si sentono che campane suonanti l‘agonia. Questa lettera ti sia di certificato che noi però siamo tutti vivi. Per altro io sono stato malato, ed obbligato a letto i primi sei giorni del mio arrivo – Dio mi ha visitato direbbe un buo cattolico, io dirò che mi ha nojato. La salute degli altri nostri amici è pure ottima. – Egli  è sempre un angelo di bontà, di umore, di entusiasmo, una meraviglia d‘ingegno, e di devozione. Le persecuzioni lo hanno forse fatto migliore. Gli altri  v‘hanno guadagnato un po‘ di treumovismo (?) di quel tal disprezzo che sai già in loro, di intolleranza, ma con tutto questo io li credo sempre assai buoni. Abbiamo trovato qui Ruffini  di Modena, e Pistrucci sempre buoni essi pure, ma in una miseria completa – Pistrucci è un po‘ indolente, ma ha molti dispiaceri domestici; perché mentre suo padre guadagna ben 10 mila franchi l‘anno, né lo mantiene, né gli dà un soldo, e di più sa fare in maniera che dei pochi lavori che Scipione ha, dia due terzi del guadagno al padre. La spesa è enorme in questo paese. Alloggiamo malissimo, mangiamo come non abbiamo ancora mangiato in emigrazione, nel più cattivo restaurant di Londra: pure spendiamo il doppio di ciò che s‘è mai speso – Quindi le risorse che tiriamo dalle nostre famiglie non possono bastarci. Qui però chi ha ingegno può facilmente scrivere nei giornali con profitto. Non sarà nei primi momenti, ma certo fra qualche tempo Mazzini potrà mettere articoli nei giornali, ciò quando avrà fatto qualche relazione – Credo ora stia facendo un articolo per la Rivista di Edimburgo. – Prandi cui eravamo diretti da Ciani appena arrivati aveva pregato Mazzini di fare un articolo che era stato commesso a lui. – Poi, dopo aver molto insistito perché lo facesse, e che Mazz. lo aveva incominciato, gli ha scritto per levargliene la commissione. – Si trattava di dare un‘idea della letteratura presente in Italia – Esso lo avrebbe fatto divinamente, invece Prandi farà una cagnara. Gli altri articoli sulla letteratura degli altri paesi son fatti dagli ingegni sommi viventi, era bene che anche per l‘Italia avesse scritto un uomo sommo. Il motivo di questo cambiamento non posso scrivertelo, perché gli farebbe troppo torto. Dopo che Mazzini avrà cominciato, anche gli altri potranno forse far qualche cosa, ed allora la nostra posizione migliorerà. – Abbiamo scritto alla nostra famiglia domandando loro mezzi straordinarii, onde poter mobigliarci una casa a nostre spese. Figurati che paghiamo 250 fr. di tre camere, due delle quali son buchi. – Per parte di mio padre, credo non si rifiuterà – Ti ho detto tutte queste cose per scriverti a lungo, e perché so che tutto ciò che ci riguarda ti interessa – Fa altrettanto e rispondimi parlandomi lungamente, dettagliatamente di te, di ciò che ti concerne. – M. ti abbraccia – Non ti scrive oggi perché è disposto a farlo fra qualche giorno, – intanto ti prego a considerare come che egli ti avesse scritto – L‘intenzione gli valga pel fatto – Gli altri ti salutano, Pistrucci e Battista fanno altrettanto. Io ti abbraccio di cuore, e ti prego a volermi sempre bene – Io ti amo sempre immensamente, come lo meriti. Addio.

A.

Di Usiglio a Rosales – Lugano

 

Londra al 20 Marzo, 1837

9 George Street – New road.

Caro Amico,

È tanto tempo che volevo scriverti, che ho fin vergogna nel cominciare a farlo, tu avresti diritto d‘essere in collera, se non avesti lo stesso rimorso. Siamo generosi tutti e due e non strapazziamoci a vicenda. Però non è la volta che ti scriverò a lungo, perché come vedi il primo mezzo foglio è impiegato per altri, e voglio in questo dar del posto a M. che forse ti scrive; quanto alla lettera scritta nell‘altra facciata fammi il piacere di staccarla e sigillarla. – Ho scritto da qui, e da Francia a quella signora e credo le mie lettere non le sieno giunte. Voglio vedere se una impostata in Isvizzera le arriva. – Credo abbia delle lettere per me, e mi premerebbe ritrovarle. – Io non ti dirò nulla di Londra perché non la conosco punto. Esternamente è bella e magnifica. Credo che chi fosse ricco, e contento vi si divertirebbe molto, ma ciò non è per noi. – Nulla egualmente di me se non che sto benissimo – Non è ancor deciso se vivremo, o moriremo di fame. – Nell‘uno e nell‘altro caso ti racconterò tutto ciò che mi riguarda – Tu fa altrettanto, scrivimi di te, della tua signora, de‘ tuoi affari, e credi che una tua lettera mi sarà, come mi è sempre stata, un regalo. Perché io t‘amo moltissimo, come ti amavo, e desidero tu seguiti sempre a volermi bene. Addio. –

21 – Precisamente a darmi una smentita, capita la tua lettera – Te ne ringrazio infinitamente. Mi duole che i tuoi affari vadano così a rompicollo, che tutti i danni sieno reali, ed i vantaggi solo speranze? Sei troppo buono perché si realizzino. Godo sentire le buone nuove della tua signora. – Possa bambino natoti essere fonte di gioia come io te lo desidero. Avrei mille cose a dirti sul conto nostro, e mio a dirti, ma non v‘è spazio. Ne farò argomento ad un‘altra lettera. Ve ne son molte però che vorrei dirti, e non scriverti, perché son tristi. Chi sa mai, quando potrò dirtele? Però non ti allarmare della parola tristi. Parlo di sensazioni, ma che fanno amara la vita. Non so se egli ti abbia ringraziato per l‘offerta che gli fai. Lo faccio io per lui, e per me. – Quando io abbia veramente bisogno a chi ricorrerei se non a te? Abbiti i saluti di Scipione (Pistrucci) e dei Ruffini. Io ti abbraccio di tutto cuore.

ANGELO

Segue la lettera di Mazzini

 

C.A.

Riceviamo stamane la tua – Suppongo che Usig. voglia riscrivere: però mi limito a poche linee – d‘altra parte che ho mai da dirti? Io ho qui tutta la monotonia e tutta la noia della vita romita, ch‘io viveva nella Svizzera, senza averne quel po‘ di pace, che tanto e tanto filtrava son so di dove in qualche ora o mezz‘ora di giorno – Non ho veduto Londra – non ho veduto uomini – dei pochissimi in fuori – quei pochissimi antipatici, e m‘hanno accolto male – Penso al modo come troverò via di lavorare utilmente, e non trovo – Son noiato a morte degli uomini e mi trovo a trentun‘anno nel deserto – come se io fossi il più scellerato degli uomini – la vita mi pesa, ma credo sia debito di ciascun uomo di non gettarla se non virilmente, o in modo almeno che rechi testimonianza della propria credenza – più mi sento abbandonato dagli uomini e dalle cose più mi si radicano dentro le mie idee religiose e sociali – non ne ho gioia, perché non s‘ha gioia, che della cosa divisa con altri – Ho intenzione di scrivere parecchie cose, ma non so se mi reggeranno le facoltà che s‘indeboliscono stranamente e quella calma, che è pur necessaria – Non ho mai inteso che i tuoi sacrifizi avessero un motore men nobile che non è la patria – ciò non toglie, ch‘io non v‘abbia a quel tempo illusi tutti, quanto alla riescita probabile – ti son grato delle nuove offerte, ma per ora, posso risparmiarti – Divido la tua gioia, e prego, coi dovuti riguardi, perché le mie preghiere ammazzano – per te, per lei, per lui, giorni possibilmente felici d‘affetto e di quiete – Se scrivi mai ad Ugoni, digli ti prego, che io ho ricevuto la sua – che a giorni gli scriverò – che manderò il libro inglese, che intendo benissimo, mantenere la promessa a Ruggia, ma non lo posso, se non m‘arriva il baule ove son le mie carte; che del libro di Parga non ho se non i due primi stampati, e che se Ruggia lo ha intero me lo mandi, per mezzo di Rolandi, o d‘altri. Ti prego dire a Ugoni, di non dimenticare il manoscritto intiero del Faust. Fa di amarmi e credi ch‘io ti amo sempre, e vorrei provartelo. Addio.

(Sigla)

 

Di Usiglio a Rosales – Lugano

 

Londra, 21 giugno 1837

9 George Street

Caro mio,

Dall‘ultima mia lettera ad ora è passato molto tempo, perché io t‘avessi potuto scrivere ancora, e perché io avessi potuto ricevere tue lettere. Io non ti ho scritto quantunque te lo avessi promesso, perché non aveva nulla di buono a raccontarti; perché tu non lo abbia fatto tocca a te dirlo perché io non posso rispondere che de‘ miei peccati. – La nostra salute è ottima, e se si vivesse di salute saremmo ricchissimi, ma come non basta, così non posso fare questa professione di fede. Se dovessi farti un elenco delle nostre mésaventures o per meglio dire dei progetti nostri sventati, ti farei una lettera assai lunga – Ti accennerò le principali – Come al solito appena siam giunti ci avevano fatto credere, che volendo utilizzare le nostre risorse, avremmo trovato a sazietà di che occuparci, e di ché far denaro, ma come al solito inoltrandoci, vi abbiamo scoperto non solo difficoltà grandi, ma quasi impossibilità – Il mio romanzo è stato rifiutato da due librai, dicenti ognuno non potersi incaricare di un‘opera italiana, che forse tradotta, non rifiuterebbero. Ma per farlo tradurre mi vorrebbero almeno 3000 fr., e come sai non li ho, ma se li avessi, non li spenderei per una vaga parola di un librajo, qui ne s‘engage en rien. Due dei miei Contes sono stati egualmente rifiutati da due giornali periodici perché quantunque essi are posseded of the most great merit (sai abbastanza di inglese per capire queste paroli testuali: credo a quest‘ora ne sai più di me) non sono precisamente inseribili in quelle tali raccolte. Poi facendomi capire, erano rifiutati per la traduzione, – e non per essi stessi – Ora essi eran tradotti da italiani. – Proverò a farli tradurre da inglesi, ma sarà lo stesso. Un articolo di Maz, è stato egualmente rifiutato perché malheuresement, gli inglesi non sono à la hauteur de ces idées là (cito la parola della risposta). Almeno hanno avuto il buon senso di capirlo, ma questa superiorità, non mette denari in tasca, quantunque sia una gran bella cosa. Ora Maz, deve fare altri due articoli, l‘uno sul moto della letteratura italiana del 1830, l‘altro su una nuova opera di Hugo Les voix intérieures. Lamennais et Comp. si sono ritirati  dal Giornale il Monde, quindi anch‘esso, quindi un‘altra risorsa mancata – Così come vedi le cose van male – né v‘è molta speranza di vederle andar meglio. Io ho chiesto, ed aspetto lettere colle quali metterò a cercarmi un impiego presso qualche negoziante, perché è assolutamente impossibile, io possa vivere, con ciò che mi passa mio padre – Pei primi mesi posso imporgli dei sagrificii, ma la cosa dovendo durar molto, né io ho coscienza, né egli potrebbe continuare. Tutte queste elegie son dette a te, e non hanno altro scopo, che di metterti a parte di ciò che mi, o ci riguarda, perché ad onta del tuo silenzio, io mi crederò sempre tu ti interessi a noi, ma tu non le communicherai a nessuno, perché ciò non è necessario – La nostra vita è qui monotona, e ritirata, quasi come in Isvizzera – Inglesi se ne vedon pochi, italiani troppi: la maggior parte di questi è birba, e miserabile, ed ad ogni volta che non si può ajutarli, diventan nemici – Boschi fra gli altri è una delle mie persecuzioni, e quando non viene in persona, manda sua moglie. Mille altri che tu conosci, e non conosci ci seccan tutto il giorno – Di Londra non ti dico nulla, perché non conosco che un po‘ del suo esterno, cioè un moto, un fracasso, una folla che bisogna vedere per credere – Ieri è morto un Re   di 73 anni, un imbecille, oggi v‘è una Regina   di 15 anni. Da chi non sa più niente, a chi non sa ancor niente v‘è poca differenza. Colla stagione dei divertimenti è piombato a Londra una quantità immensa di Italiani, io però ne ho veduti che pochissimi. Fra quelli che tu conosci v‘è Marliani. Metterà in scena una sua opera l‘Ildegonda. – Ha fatto parlare a Maz. perché scriva un articolo su quest‘opera che andrà in scena presto – Esso però non è venuto a vederlo, ma forse verrà – Bargnani è qui da molto tempo, ma senza sapere perché, nemico nostro – Non risponde nemmeno al saluto, forse è matto – Forse l‘amore non gli lascia la sua mente sana – Deve sposare fra poco una giovane De Angeli. È sempre con lei, a piedi, in carrozza, in teatro – Dicon però che i suoi parenti stentano a dargliela, perché l‘avevano istruita pel teatro, e ne speravano una grande fortuna, perché canta assai bene – Quantunque non ci sia più carta bisogna che ti parli di un caso assai strano avvenuto pochi giorni or sono – Un artigiano dopo esser stato assente qualche tempo torna, e trova sua figlia ammalata, per mancanza di buon nutrimento, anzi digiuna da 24 ore. Non sapendo come ajutarla, decide colla moglie di uccidere una donna che sta con loro, e che possiede una sterlina. Questa dorme nel letto stesso della figlia – Entrano colla lanterna, per veder ove giace la donna, poi escono per deporre la lanterna. In questo istante, la donna cangia posto per forza colla figlia che dorme. I genitori entrano, ed ammazzano la figlia – Fanno una fossa, la seppelliscono – Mentre la depongono un raggio di luna lascia vedere il volto alla madre. Questa scorgendo le sembianze della figlia, cade morta nella fossa scavata. Il padre non capisce nulla, torna alla casa per qualche cosa, e vedendo la donna che crede uccisa, diventa matto dalla paura, scappa; la donna lo insegue per farlo arrestare – Esso fugge sempre e s‘arrampica ad un albero. La donna si ferma, chiama – Egli la crede uno spirito, un diavolo, crede sia Dio che lo punisce, lo maledica; si leva la cravatta dal collo, e si appicca all‘albero – Addio mio caro – Voglimi bene, scrivimi e molto, e credimi sempre tuo amicissimo

ANGELO.

 

Alla Contessa Cigalini – Andeer.

Lugano, 27 Ottobre 1848

 

C.A.,

Siamo finalmente all‘azione – Siete contenta di me? Il moto incominciato in Val d‘Intelvio, tre giorni prima del concerto preso, ha sconcertato parecchie combinazioni e mutato un po‘ lo sviluppo del disegno; ma la cosa andrà in ogni modo, e spero che ogni giorno v‘apporterà nuova d‘un nuovo fatto in una nuova località – Vivo come in un campo, mandando fucili, cartuccie, capsule, colonne d‘uomini etc. – Ieri sera è entrata una colonna condotta da Tibaldi etc. – questa sera entra un‘altra comandata da Arcioni; domani sera probabilmente, d‘Apice; e tra 48 ore spero sarò io nell‘azione – Ho cercato provvedere a quanto poteva. Al resto Dio provveda – Voi, pregate, e ajutate come meglio potete. I bisogni primi sono: munizioni, armi, denaro, predicazione – Saprete sempre dove sarò – Qui in Lugano lascerò incaricati; e tra quelli, il conte Grillenzoni: casa Airoldi, qui dove abito io –

Amate il vostro aff.mo

GIUS. MAZZINI.

Un bacio a Gigi.

 

Di Saffi a Rosales a Bellinzona

 

Lugano, 20 Novembre 1852

Caro Rosales,

Eccoti una lettera di Pippo, che avrei voluto consegnarti a mano. – Speravo poterlo far Mercoledì scorso, secondo l‘indicazione, che te ne aveva data l‘amico Grill. – ma indarno aspettai al luogo assegnato, la tua venuta. – Oggi Grill. mi scrive d‘aver ricevuto tua risposta, e suppone che il convegno abbia avuto luogo – Ti saresti forse ingannato sul giorno prefisso, o te l‘avrebbe egli male indicato? Comunque sia, vedi ciò che Pippo ti chiede – Alle sue parole e alla tua amicizia per lui, non occorre ch‘io aggiunga altri conforti. – Solo ti dirò che la situazione diviene ogni dì più precaria in Francia, che vi si lavora seriamente a farla cessare, e che quindi – a noi Italiani incombe l‘obbligo di apparecchiarci con la maggiore attività agli eventi possibili, e forse vicini. – Se mi fosse dato aver teco una conversazione, potrei dirti a voce molti particolari che non è opportuno metter in iscritto. – Non potresti fare una corsa con De La.  a Locarno, e dove credi migliore? Se ne convieni, dammene avviso, e vi sarò il dì che tu stabilirai. –

Intanto salutami caramente De La. e credimi con tutto il cuore

Tuo aff:

A.        SAFFI.

 

Di Mazzini a Rosales

Lugano, 15 Novembre 1852

Rosales mio,

Tu mi sei stato amico: lo sei ancora? mi hai data ospitalità.  La dura nel corpo, e nell‘anima che stimavi, e colla quale avevi communione sacra d‘affetti?

L‘eco delle fucilazioni delle Romagne, la nuova delle bastonature Lombarde, il ferro di Damocle sulla testa de‘ tuoi compaesani imprigionati in Mantova ti danno la febbre come a me?

Abbila, comunicala ad altri. – Lascia per dieci giorni tutti i riguardi, tutte le debolezze umane: insisti, prega ma fa denaro coi tuoi amici – parla in nome del paese, e dell‘onore, poi in nome del popolo che avvertito da me, li tasserà del decuplo, se ricusano, fa denaro, e presto; sii il… della tua patria.

Dio Santo! che tutti gli imbroglioni debbano trovar denaro pei loro bisogni illeciti, e che il Partito Nazionale, non possa trovarne, è troppa vergogna.

Dio ti benedica, per tutti gli sforzi che farai, e ricorda con un po‘ d‘affetto il tuo

GIUSEPPE 

 

 

Di Mazzini a Gaspare Belcredi

qualche settimana prima della sua morte

 

Martedì,

C.B.

Sia la morte che s‘inoltra in quelle parti, sia la vita che torna in essa mercè la Nux Vomica, certo che le sensazioni alle gambe sono delle più strane: caldo, freddo, intormentimento, poi formicolamento, sensazione come se v‘avessi elettricità accumulata che minacciasse scaricarsi al menomo incidente, e debolezza estrema: da un giorno predomina il calore. Se sto seduto un po‘ di tempo, rialzandomi, provo stento – poi mi rimetto. E tutto questo specialmente alla gamba sinistra.

Il resto va più o meno normalmente.

Prendo le pillole, e bagno d‘acqua fredda la parte.

Grillenzoni – mi tormenta per certo cerotto d‘una donna da applicarsi alla spina. – Te ne parlò?

Addio tuo sempre

GIUSEPPE M.

 

a cura di Luigi Rossi (Bochum)

www.luigi-rossi.com

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