Un mantovano a Gerusalemme — Lombardi nel Mondo

Un mantovano a Gerusalemme

Più fortunato di Bush A Gerusalemme con bici e Vangelo

GERUSALEMME. L’elicottero di Bush volteggia intorno alla Knesset, sulla Gerusalemme nuova. E lui, Andrea Bergamini, arriva in bicicletta, su e giù per le salite aggrappate alle mura di Solimano e dentro il suk, Gerusalemme vecchia. L’effetto è straniante. Perché l’uomo è di Quingentole, pedala sulla citybike come uno della Bassa, forte e allegro, con una felicità francescana. Bergamini frate lo è, meglio ancora monaco delle Famiglie della Visitazione, una comunità che ha base a Bologna, nella parrocchia della Dozza. Niente saio. La camicia e i pantaloni bruni, ma anche la pelle, il dire e il fare, lo mimetizzano nel posto più santo e guerreggiato del mondo. Non è prete. Andrea ha preso i voti da monaco, ha 36 anni ed è in missione a Gerusalemme dal settembre 2005, in un luogo che di più densi non ce n’è: il Monte degli Ulivi che ha il cuore nel Getzemani, in faccia alle cupole della Moschea di Omar e di quella di al-Aqsa. Gerusalemme è il baricentro di Dio con un sonoro perpetuo, recitazione ebraica dei salmi, preghiera dei muezzin, campane delle chiese cristiane. Ore 18 di mercoledì scorso. Mentre un razzo katyuscia sparato da Hamas dalla Striscia di Gaza centra un supermercato della città israeliana di Ashqelon, e a Gerusalemme Bush incontra il premier Olmert, Andrea chiude il lucchetto della bicicletta. È puntuale. L’appuntamento è nella piazza del Santo Sepolcro. Il religioso è reduce da una missione a Gaza e insieme alla zaino porta a tracolla una borsa con dentro decine di lavori di ricamo fatti dalle donne della piccola regione costiera palestinese sotto assedio. «Con due amici ho visitato le nostre scuole, i nostri bambini. Erano ormai due mesi che non li vedavamo. La situazione là è peggiorata. Molto peggiorata. Peggiora sempre, ogni volta che andiamo». Superato il checkpoint di Erez la piccola delegazione ha raggiunto il campo di Jabalia con un taxi che è stato spinto perché aveva la batteria esaurita. Nell’inferno della Striscia ormai si mescola il gasolio egiziano con l’olio di semi. Le auto non vanno, o sanno di fritto.

 Andrea racconta di avere incontrato gli scolari, gli insegnanti che non prendono da mesi lo stipendio, e le organizzazioni delle donne per decidere come destinare i pochi fondi della loro organizzazione non governativa. Microprogetti. «Ci hanno raccontato che tutto è fermo – racconta Bergamini mentre addenta una mela sotto la cupola dell’Anastasis, fra un mare di turisti e tre ragazzi israeliani col mitra -. Là i poveri muoiono per mancanza di cure. La gente è disperata. Non c’è futuro». E allora si è fatto dare dalle donne ricami, borsette, centrini e cuscini in cambio di 400 shekel (quasi 77 euro). Un suk nel suk, che il monaco porta nella borsa facendo quasi da rappresentante di commercio della sopravvivenza, a due passi dal reticolo del mercato della religione dove sono in vendita incenso, rosari, pashmine, presepi e corone di spine.

 Vita spiritualmente coerente quella di Andrea, che è nato in Venezuela per via degli impegni professionali del papà Italo, poi diventato agricoltore a Quingentole, sulla terra ereditata. Tre i fratelli: Maria, Giacomo e Giorgia. La mamma è Gisella Nicolini, anche lei mantovanissima, sorella di Sandra, del notaio Mario, del libraio presidente di Festivaletteratura Luca e di Giovanni, prete in prima linea a Bologna, fondatore della comunità dei monaci delle Famiglie della Visitazione che si ispira agli insegnamenti di don Giuseppe Dossetti. Nicolini è uomo ascoltato e affilato nella cronaca viva del capoluogo emiliano. Dopo la maturità allo scientifico di Ostiglia, Andrea si è laureato in fisica nel 1996. E da tre anni stava già nella comunità dello zio. Poi si è temprato in Africa, Tanzania, diocesi di Iringa Mapanda, quindi di nuovo a Bologna dove ha insegnato in un liceo. «Non ho mai pensato molto al lavoro. Sì, ho fatto quello che mi piaceva. I lavori sono sempre piovuti dall’alto». È provato, si vede. Sveglia alle 6 per il viaggio a Gaza, rientro a Gerusalemme, in bicicletta giù dal Monte degli Ulivi dove insieme al confratello Lorenzo di San Giovanni in Persiceto abita e presta servizio nella Maison d’Enfants, casa gestita dalle Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli, dove sono ospitate trenta bambine palestinesi cristiane che studiano nelle scuole della capitale. Andrea nei giorni passati è stato anche nella scuola di Betania (il villaggio di Lazzaro) che ormai è un sobborgo di Gerusalemme come lo è, a sud, Betlemme. Don Marco Belladelli, dinamico prete mantovano cappellano del Fatebenefratelli di Roma, guida un gruppo di pellegrini e si ferma a parlare con il monaco. Non c’è giorno più giusto: la testimonianza fresca da Gaza, la presenza di Bush, la città israeliana che festeggia il 60º della costituzione dello Stato è tutta una bandiera con la stella di Davide, e addirittura la coincidenza col Primo Festival Internazionale degli Scrittori al Mishkenot sha’anamin. È il Festivaletteratura di questa parte del Medio Oriente del quale si è interessato Luca Nicolini durante la sua recentissima visita con tutta la famiglia, zii e cugini, ad Andrea. Fra gli scrittori molti nomi in comune con l’evento mantovano: Nathan Englander, Amos Oz, Nadine Gordimer, Erri De Luca, David Grossman.

 Andrea ha messo a punto il sito della sua comunità e quello del Patriarcato Latino. «Sono appassionato di questo straordinario strumento di comunicazione e cerco di sfruttarlo per la relazione interna tra i membri della comunità, i parenti e gli amici. Questa passione, unita alla competenza raggiunta prima con gli studi universitari, poi con la scuola, mi dà la possibilità ora di lavorare e di guadagnare quanto basta per vivere».

 Gerusalemme è la città della pace. Chiedo a Bergamini se raggiunta la prima, come si può fare la seconda. «Qui la pace non c’è. Molto difficilmente arriverà se ci basiamo sulla storia e sul volere dei potenti del mondo. Tutto sembra indicare il contrario. Ma la nostra fede nel Signore e nella sua resurrezione ci rassicura che l’ultima parola non è quella dell’odio e delle armi. La speranza di vedere un giorno la pace è viva nel nostro cuore e per questo preghiamo e spendiamo la nostra vita ogni giorno», risponde il monaco in bicicletta. E il senso della due-ruote a Gerusalemme? «È quello di guardarsi in giro, arrivare dove si vuole. È un mezzo molto comodo e rapido per spostarsi. È più facile gustare i posti, la gente e il paesaggio».

 Abitare sul Monte degli Ulivi, in faccia a Gerusalemme, mette i brividi. Ogni giorno? Andrea replica: «L’emozione non si affievolisce anche se la durezza della situazione politica e sociale fanno perdere quest’alone mistico e spirituale. Ci si rende conto di essere al centro del mondo. È una grande responsabilità».

 I palestinesi che cosa le chiedono? E gli ebrei? E i cristiani che la incontrano? «Non so. Forse non mi chiedono nulla. Mostrano stima e compresione verso chi si mescola con loro senza tenere per una o per l’altra parte».

 Ultima domanda, del genere “ radici”. Che cosa le manca? Risponde guardando l’abbagliante doppio portale del Santo Sepolcro che alita incenso e buio. «Mi mancano le cose di casa, la comunità, le salsicce, il lavoro della scuola, gli amici… Tutto. Ma non mi lamento. Anche qui la vita è molto ricca e intensa. Molti dall’Italia si fanno vivi, vengono a trovarci. I legami di affetto non diminuiscono ma si rafforzano con la lontananza».

 Andrea torna sul Monte degli Ulivi. La sera scriverà sul sito www.famigliedellavisitazione.it (link “Conversando con Gerusalemme”) la memoria del viaggio a Gaza: «La sensazione di non aver fatto niente di utile si mescola con la felicità di aver incontrato i nostri amici. La testa è piena dei loro volti. Mi sento molto più fortunato di Bush».

 

STEFANO SCANSANI  Gazzetta di Mantova

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