A dura prova i rapporti tra Australia e Cina — Lombardi nel Mondo

A dura prova i rapporti tra Australia e Cina

I dati statistici sulla disoccupazione e sul volume dei mutui immobiliari si sono rivelati meno negativi di quanto non fosse previsto, avvalorando l’impressione, emersa negli ultimi tempi, secondo la quale l’economia australiana sarebbe già sulla via della ripresa.

I dati statistici sulla disoccupazione e sul volume dei mutui immobiliari rilasciati la settimana scorsa, si sono rivelati meno negativi di quanto non fosse previsto, avvalorando l’impressione, emersa negli ultimi tempi, secondo la quale l’economia australiana sarebbe già sulla via della ripresa. In effetti tale impressione può adesso avvalersi anche delle previsioni formulate dal Fondo Monetario Internazione il quale, nei suoi ultimi pronunciamenti, ha preso a dichiararsi meno pessimista sulle prospettive a medio termine dell’economia globale.

Le cose, dunque, parrebbero volgere al meglio per l’Australia se, come un fulmine a ciel sereno, la scorsa settimana, non fosse scoppiato il caso dell’arresto di quattro dipendenti dell’ufficio di rappresentanza di Shanghai del colosso minerario australiano Rio Tinto, accusati di spionaggio industriale.

A rendere ancora più spinosa la questione è che uno dei quattro arrestati è un cittadino australiano di origine cinese che dirigeva l’ufficio in questione e il suo arresto apre pertanto un difficilissimo contenzioso tra Canberra e Pechino, con potenziali riflessi negativi nei rapporti economici, oltreché diplomatici fra le due nazioni.

Le autorità cinesi hanno arrestato Stern Hu – tale è il nome del funzionario australiano della Rio Tinto – senza nemmeno prendersi la briga di comunicarne le motivazioni al governo australiano, tanto è vero che il ministro degli esteri Stephen Smith le ha rese note dopo esserne venuto a conoscenza tramite il sito web del governo cinese, dove si legge che Stern Hu è imputato di aver attentato alla sicurezza economica nazionale della Cina cercando di ottenere informazioni segrete da un funzionario di una grossa acciaieria, chiamata Shougang, tramite il pagamento di una tangente.

L’acciaieria fa parte dell’ente statale cinese del ferro e dell’acciaio, conosciuto con l’acronimo CISA, che è da tempo in trattative con il consorzio formato dalle tre maggiori aziende esportatrici di ferro – le australiane BHP e la Rio Tinto e la brasiliana Vale – per fissare il prezzo del ferro per i prossimi dodici mesi.

In effetti le trattative, alle quali prende parte anche il Giappone, si erano concluse nel maggio scorso ma la CISA, nonostante avesse posto la propria firma all’accordo, se ne era poi dichiarata insoddisfatta e aveva ripreso a negoziare il prezzo.

Secondo le autorità cinesi, la Rio Tinto sarebbe entrata in possesso, in maniera fraudolenta, di informazioni segrete di cui avrebbe cercato di avvantaggiarsi nel fissare il prezzo del ferro acquistato dalla Cina. Le informazioni segrete, a quanto pare, riguarderebbero l’ammontare di soldi che la Cina avrebbe segretamente destinato per l’acquisto di ferro. Conosciuta la cifra, la Rio Tinto sarebbe stata in grado di condurre le trattative a proprio vantaggio.

La Rio Tinto, naturalmente, ha negato l’accusa dicendosi impegnata a “i più alti livelli di integrità imprenditoriale” e “di tenere nel massimo conto le proprie responsabilità etiche” ma tali affermazioni non hanno minimamente cambiato l’atteggiamento della Cina la quale continua a tenere chiusi in carcere, senza la possibilità di alcuna assistenza legale né di alcun contatto con familiari e rappresentanti diplomatici australiani, il responsabile e i tre impiegati cinesi dell’ufficio della Rio Tinto di Shanghai.

Data la chiusura mostrata sinora dalle autorità cinesi ad aprire un dialogo con il governo australiano, il caso rischia di offuscare le relazioni diplomatiche tra i due paesi e di ripercuotersi sugli scambi commerciali tra i due paesi.

Intanto, mentre Canberra sta cercando una qualche strategia per venire a capo della situazione, si fa sempre più insistente la teoria secondo la quale la vicenda sarebbe da collegarsi al fallito tentativo da parte dell’azienda cinese Chinalco di acquisire una grossa fetta della Rio Tinto con un’offerta di 25 miliardi di dollari australiani. L’offerta è stata respinta dalla Rio Tinto nonostante il suo bisogno di capitale liquido, al quale avrebbe posto rimedio un accordo con la BHP.

Secondo gli assertori di questa teoria, l’arresto di Stern Hu costituirebbe una sorta di vendetta da parte della Cina. Per quanto sia difficile non collegare le due vicende, sarebbe davvero auspicabile che non siano collegate poiché la Cina sta portando avanti tutta una serie di acquisizioni o parziali acquisizioni di compagnie minerarie australiane e, qualora non andassero in porto, ci sarebbe il rischio di ulteriori e forse più gravi vendette.

Anche se è ancora troppo presto per vedere chiaro in questa vicenda, il leader dell’opposizione Malcolm Turnbull ha già espresso forti critiche nei confronti del primo ministro Kevin Rudd per non aver chiesto alla Cina l’immediato rilascio del cittadino australiano arrestato.

Rudd, dal canto suo, dietro consiglio del Dipartimento degli Affari Esteri, ha assunto un atteggiamento più misurato nella convinzione che, quando emergono situazioni di contrasto con la Cina, sia meglio smorzare, più che inasprire i toni.

Nessuno sa cosa effettivamente abbiano fatto i quattro arrestati e, prima di alzare la voce, è meglio attendere di verificare i fatti, anche se non è detto che sia possibile raggiungere un simile obiettivo. Non è da escludere, infatti, che il destino dei quattro arrestati non sarà mai conosciuto.

L’unica speranza poggia sull’interesse della Cina di ampliare la propria presenza e il proprio ruolo nel contesto internazionale e che non voglia mettere a repentaglio una simile aspirazione mettendo i crisi i suoi rapporti con l’Australia.

 

Ivano Ercole

 

http://italianmedia.com.au/w3/index.php?option=com_content&view=article&id=1574%3Aa-dura-prova-i-rapporti-tra-australia-e-cina&catid=59%3Anota-economica&Itemid=47&lang=it

Document Actions

Share |


Condividi

Lascia un commento