Buffalo Bill di Romagna – Storia di Domenico Tambini e della sua misteriosa eredità.

Scritto da Bruno Fabbri, il titolo “Buffalo Bill di Romagna” è uscito in questi giorni per MnM.

Di seguito, in anteprima assoluta, la prefazione integrale al volume.

«La strana storia dell’eredità Tambini, il Buffalo Bill romagnolo, nel Faentino è come un fiume carsico che ogni tanto riappare in superficie, nei racconti dei vecchi, nelle chiacchiere da bar, tra le mura domestiche. E Bruno Fabbri un giorno ha deciso di scavare nell’intricata e ancora oggi irrisolta vicenda di questa favolosa eredità svanita nel tentativo di farle attraversare l’Oceano. Il lettore trova nell’ultimo capitolo la dettagliata disamina di quanto si è scritto e discusso tra il 1910 e il 1937 intorno all’intera vicenda.

Una causa processuale, il misterioso suicidio di un giovane avvocato, la sparizione di documenti importanti, gli odî e i risentimenti che per anni hanno martoriato i gruppi familiari coinvolti. Il tutto seguito dalla stampa con crescente interesse, anche perché c’è di mezzo l’ingombrante soprannome di Buffalo Bill affibbiato all’esule romagnolo Domenico Tambini. Egli non è l’unico italiano ad assumere il marchio che porta dritto al leggendario Buffalo Bill originale, al secolo William Frederick Cody, il quale, tra l’altro, sposa l’italoamericana Louisa Frederici.

Di fasulli Buffalo Bill, non necessariamente italiani, è segnata tutta la vicenda della fortuna che il personaggio ha avuto anche di qua dall’Oceano, a partire dallo sbarco in Europa del suo spettacolo Buffalo Bill’s Wild West. Ma nel caso di Domenico Tambini, la cosa si fa più intrigante, perché l’ex esule partito da un’Italia ancora preunitaria senza un lira in tasca, riesce a rifarsi una vita negli Stati Uniti, insieme al fratello Giuseppe, e ad accumulare una fortuna grazie al duro lavoro e al suo indubbio fiuto per gli affari.

Gli altri emuli di Buffalo Bill sono spesso dei disgraziati, che grazie a una vaga somiglianza coll’originale cercano in qualche modo di sbarcare il lunario. Il nostro, invece, è un uomo di successo, uno che nonostante le avversità della vita si è fatto da solo, divenendo un vero americano. Non c’è da stupirsi, perciò, che la stampa di regime del Ventennio sposti a poco a poco l’attenzione dalla torbida vicenda della sua eredità a quella avventurosa dell’uomo Domenico Tambini, arrivando a sostenere che è lui il vero Buffalo Bill del Wild West Show, e tutti gli altri delle brutte copie.

Un’identificazione che torna utile di lì a qualche anno, quando l’Italia fascista entra nel Secondo conflitto mondiale e un editore trova il modo di continuare a pubblicare le avventure di Buffalo Bill sfuggendo alle grinfie della censura. L’eroe compie le proprie imprese in America, ma la sue origini sono italiane al cento per cento, e in più è stato partorito nella stessa terra romagnola che ha dato i natali al Duce della nazione.

Partendo da suggestioni ricavate dalle ricerche riportate nell’ultimo capitolo, nei primi due l’autore immagina quale vita avventurosa abbia portato i fratelli Tambini in America, dopo essere stati patrioti per l’Unità d’Italia e anticlericali durante la Prima guerra d’indipendenza. Una famiglia di contadini e allevatori emersa dalla Romagna rurale, immobile da secoli sotto il dominio dello Stato Pontificio. Il vagare per la Penisola e l’Europa, attraversando i rivolgimenti sociali, politici ed economici messisi in moto nel XIX secolo.

Il formarsi dei vari rami della famiglia sparsi tra la Romagna, il Ducato di Parma e la Liguria (Regno di Sardegna), i quali avranno poi a che fare, chi più chi meno, con l’eredità. L’approdo a New York e il successivo immergersi dei due fratelli nella vita da nuova frontiera, cavalcando attraverso gli sconfinati paesaggi, in parte ancora poco popolati, dell’interno degli Stati Uniti. Praterie, alture boscose, vasti territori selvaggi, grandi vie d’acqua, l’espandersi della ferrovia, città nate dal nulla in mezzo alle foreste.

Un continente che vede nascere una nuova civiltà, mentre a causa della stessa un’altra muore, quella dei nativi americani. Ed ecco che già prima di incontrare quello vero, lo stesso Domenico Tambini viene acclamato come Buffalo Bill dai suoi compagni cacciatori; solo che lui va a caccia di orsi, mentre William Frederick Cody è lo sterminatore di bisonti. I due si incontrano, si stimano, fanno affari insieme, diventano amici. Questa è la lettura che dà il romagnolo Bruno Fabbri della storia del suo conterraneo Domenico Tambini. Di Buffalo Bill ce ne possono essere tanti quanti sono gli uomini che accettano di affrontare il proprio destino per arrivarvi fino in fondo».

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