Storie di italiani tornati dalla Libia. Intervista a Carlo Giordano — Lombardi nel Mondo

Storie di italiani tornati dalla Libia. Intervista a Carlo Giordano

Tra gli italiani che sono tornati in Italia con la nave San Giorgio, approdata a Catania, c’è l’arabista Carlo Giordano, che ha contattato Panorama.it per raccontare la sua esperienza.
Dove si trovava, perché e da quanto tempo?

Mi trovavo a Misrata per fondare il dipartimento di Lingua e Letteratura Italiana con l’aiuto di un collega italianista (Daniele Coffaro) presso la Facoltà di Lettere dell’Università 7 Ottobre. Sono arrivato nella città il 14/12/2010 e sono rimasto per circa due mesi e mezzo.

Quando ha lasciato la Libia?

Lo scorso 25 febbraio.

Che impressione ha avuto?

La città di Misrata ha una vocazione prettamente commerciale e industriale, la gente è molto ospitale e gentile con gli europei. Ho avuto l’impressione durante questo soggiorno e in visite precedenti ad altre città (nel 2005 e 2007) che la società libica si trovasse in una grave crisi dovuta ad un’inadeguata distribuzione delle ricchezze tra la popolazione e all’incoerente politica nei confronti degli stranieri residenti nel paese trattati in molti casi come schiavi!

L’emergenza immigrazione è un vero pericolo per l’Italia e per l’Europa?

Assolutamente no! Chi conosce i meccanismi dell’immigrazione clandestina in Italia sa bene che i migranti che arrivano dalla Libia si trovano in campi gestiti indirettamente dal governo e che una perdita di controllo sugli stessi non li renderebbe autonomi nell’invio di flusso migratorio.

Al Qaeda c’entra qualcosa, come paventa Gheddafi?

La popolazione libica insorta a Misrata non ha nulla a che fare con gli estremisti islamici, nella Cirenaica la situazione è probabilmente differente, in quel caso ci sono lievi influenze di movimenti egiziani e sauditi ma dubito possano rappresentare una minaccia per il futuro della nuova Libia.

Che cosa è successo prima della giornata della collera? Che tipo di manifestazioni c’erano? Che cosa sembravano?

Alle 7.00 del mattino del 16 di febbraio a Misrata sono iniziate le prime manifestazioni a sostegno dI Gheddafi, piccoli gruppi su auto private andavano in giro per le strade del centro inneggiando al loro leader e invitando il resto della popolazione a fare la stessa cosa. Di giorno in giorno tali manifestazioni sono diventate sempre più grandi assumendo la forma di parate carnevalesche, erano coordinate da membri dei comitati rivoluzionari che le affiancavano controllando che non si creassero disordini.

I cittadini libici hanno visto sfilare persino i propri bambini delle scuole elementari durante l’orario scolastico usati per scoraggiare qualsiasi iniziativa di eventuali oppositori. Durante la giornata della collera non ho notato nessun oppositore manifestare contro il governo, i primi a palesare una forma di dissenso sono stati i negozianti che chiudevano al passaggio dei cortei non per paura di essere danneggiati ma per prendere le distanze dagli eccessi dei manifestanti.

A partire dal 19 di febbraio la situazione è diventata sempre più tesa poiché i cittadini mostravano evidenti segni di stanchezza di questo stato di assedio al quale veniva sottoposta la città, il pomeriggio dello stesso giorno tutti i negozi dopo la pausa per la preghiera di mezzogiorno sono rimasti chiusi!

In che senso la situazione è poi sfuggita di mano alle autorità?

Le manifestazioni in favore del governo sono di fatto degenerate in pratiche circensi, acrobazie con le auto ed altri eccessi che gli stessi membri dei comitati rivoluzionari non riuscivano a contenere. La mattina del 20 dopo una notte di scorribande senza sosta nel centro di Misrata era presente l’esercito che invitava la popolazione alla calma e a sospendere qualsiasi forma di manifestazione.

La relativa calma è durata poche ore, nel tardo pomeriggio sono tornati a manifestare i gruppi che sostenevano il governo e cercavano lo scontro con gli oppositori. Piccoli gruppi di oppositori poco dopo il tramonto ed in seguito sempre più grandi durante la notte sono usciti allo scoperto dando inizio agli scontri più duri. L’esercito ha iniziato a sparare sugli insorti che con bastoni e qualche sasso cercavano di disarmarli, molte macchine colpite dai proiettili sono esplose mentre altre (quelle dei sostenitori) sono state incendiate dagli oppositori.

Come mai i libici sono scesi in piazza?

Credo che a Misrata non ci fosse un’opposizione pronta a partecipare a una insurrezione, sono stati gli eventi a trascinare l’intera popolazione in strada nella notte tra il 20 e il 21 di febbraio. Il giorno dopo era praticamente impossibile scorgere anche soltanto l’ombra di un solo sostenitore del governo sia civile che militare!

Quali ceti sociali c’erano in piazza?

Tra i manifestanti a favore vi erano i giovani dei ceti sociali più disagiati ma legati in qualche modo al governo (piano case). Gli oppositori erano piuttosto eterogenei sia per ceto che età.

Come vi siete trovati in Università?

Dal punto di vista umano l’esperienza è stata molto positiva, siamo stati accolti molto bene ma la burocrazia era qualcosa di estenuante! Non esiste nessuno in grado di assumersi l’onere che qualcosa venga portato a termine, le responsabilità vengono continuamente passate di mano in mano fino ad arrivare all’anello più debole della catena che si trova costretto a inventare una scusa per rimandare.

Siamo entrati in Libia con un visto di un solo mese ma le pratiche per l’ottenimento del permesso di soggiorno prendono un tempo di circa tre mesi quindi ben presto ci siamo trovati in una posizione irregolare come tutti i nostri colleghi stranieri dell’Università.

Come mai siete partiti (lei e chi altri?) con la nave San Giorgio poi approdata a Catania?

Con il visto scaduto non avevamo la possibilità di raggiungere Tripoli in serenità, ci avrebbero potuto arrestare al primo posto di blocco della polizia. Per uscire dalla Libia è indispensabile avere il visto valido, oppure richiedere dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno un visto di uscita.

Il Consolato Italiano da noi contattato ci aveva suggerito di raggiungere un campo della compagnia Impregilo Lidco in caso di necessità, dopo aver preso contatti personali con i responsabili dello stesso ci siamo organizzati autonomamente.

L’evacuazione in nave è sembrata l’unica opzione sicura dopo un tentativo di atterraggio fallito da parte di un C130 italiano presso l’aeroporto di Misrata poiché la pista era ancora teatro di scontri e piena di detriti.

http://blog.panorama.it/mondo/2011/03/14/storie-di-italiani-tornati-dalla-libia-lintervista/

farian.sabahi

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