Colombia. Le FARC fanno un passo verso la pace — Lombardi nel Mondo

Colombia. Le FARC fanno un passo verso la pace

Forse sottovalutato, o poco analizzato – come purtroppo spesso accade per le notizie che arrivano dall’America Latina – ma il comunicato che le Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane – Esercito del Popolo, hanno diramato lo scorso 26 febbraio è da considerarsi senza alcun dubbio un importantissimo passo avanti verso la pace.
Colombia. Le FARC fanno un passo verso la pace

Ingrid Betancourt, una degli ultimi ostaggi delle FARC – Foto: blog.panorama.it

Una data storica forse, ma anche una pietra miliare verso una evoluzione positiva del conflitto che in quasi mezzo secolo ha cambiato più volte faccia e si è imbastardito, dove sono confluiti tanti altri attori, e dove la violenza efferata ha fatto perdere di vista le ragioni che lo hanno generato.

Vale la pena ricordare che le FARC nascono come risposta ai tentativi – peraltro ben riusciti – di ridurre il paese a cortile di casa degli Stati Uniti. Il Plan Colombia è un esempio molto eloquente. Seppure non ci stancheremo mai di condannarne le metodologie violente, il movimento armato ha provato ad opporsi alla perdita della sovranità del paese e ha cercato – almeno alle origini – di rivendicare le ragioni dei più deboli, cercando di mettere in pratica le idee del socialismo di stampo marxista.

Col tempo però hanno perso ogni legittimazione da parte di quella società civile che inizialmente appoggiava la causa ideologica, e in tutti questi anni è successo molto di più. I governi colombiani che si sono susseguiti hanno spesso approfittato del conflitto per giustificare una sempre maggiore militarizzazione del paese, concedendo privilegi a grandi multinazionali e non curandosi dello stato di povertà e malessere sociale di gran parte della popolazione. Militarizzazione e paramilitarizzazione di cui oggi l’ex presidente Alvaro Uribe Velez è accusato di avere legami diretti con il gruppi AUC (Autodefensa Unida de Colombia) che hanno seminato il terrore sopratutto nelle zone più interne del paese. Il risultato è stata una guerra lunga e sanguinosa tra i due fronti dove però a pagarne le conseguenze più gravi sono stati i civili, e in modo particolare le popolazioni indigene e rurali.

La Colombia è una paese che conta 92 popoli indigeni che parlano 67 lingue differenti e che sono spesso le vittime più indifese della guerriglia. In mezzo, tra multinazionali che chiedono territori per poter installare i loro megaprogetti, che sempre più spesso si avvalgono di gruppi paramilitari per “convincere” la gente a lasciare la terra, e le violenze delle Farc, che per autofinanziarsi hanno adottato la metodologia dei sequestri e del narcotraffico. E la lotta al narcotraffico poi è sempre stata utilizzata come la ragione della militarizzazione, insomma un gatto che si morde la coda.

Forse dopo il comunicato di qualche giorno fa il gatto può stare più tranquillo. Anche se l’attuale presidente Juan Manuel Santos, ha dichiarato che il comunicato delle Farc non è sufficiente per poter iniziare a parlare di pace, lui che all’epoca della liberazione della sequestrata più popolare – Ingrid Betancourt – era a capo della Difesa del governo Uribe, e fece dell’evento uno dei più seguiti eventi mediatici del paese, fa sorridere che abbia dichiarato che non darà nessuno spazio al circo mediatico delle liberazioni annunciate dal gruppo guerrigliero. La poca fiducia nelle intenzioni delle Farc da parte del presidente colombiano lascia presagire che forse il conflitto armato fa ancora comodo al potere.

E a leggere il comunicato i rivoluzionari questo sembrano averlo capito bene: “Ogni volta che le FARC-EP parlano di pace, di soluzioni politiche al conflitto, della necessità del dialogo per trovare una soluzione civile ai gravi problemi sociali e politici che causano il conflitto armato in Colombia, si alza infervorato il coro degli amanti della guerra al fine di screditare i nostri propositi di riconciliazione. Ci vengono immediatamente attribuite le più perverse intenzioni, al solo scopo d’insistere sul fatto che l’unica cosa da fare con noi è annientarci. In generale, i suddetti incendiari non vanno mai in guerra, e nemmeno mandano a combattere i propri figli.”

Dopo 48 anni le Farc però sembrano fare sul serio, anche per dare fine alla strumentalizzazione delle loro lotte e dichiarano : “Da parte nostra consideriamo che la possibilità d’intavolare delle conversazioni non è più procrastinabile. Per tale ragione comunichiamo la nostra decisione di aggiungere, alla già annunciata liberazione dei sei prigionieri di guerra, quella degli altri quattro ancora in nostro potere”. E danno precise indicazioni su come avverranno le liberazioni e vanno oltre: “Molto si è detto in merito alle detenzioni di persone, uomini e donne della popolazione civile, che le FARC effettuano a scopo finanziario per sostenere la nostra lotta. Con la stessa volontà pocanzi espressa, annunciamo che a partire da oggi aboliamo tale pratica nel nostro agire rivoluzionario. La relativa parte della Legge 002, promulgata dal Plenum del nostro Stato Maggiore Centrale nel 2000, viene pertanto derogata. È ora che si inizi a chiarire chi e con quali fini sequestra oggi in Colombia.”

Piedad Córdoba, coordinatrice del movimento Colombiane e Colombiani per la Pace, ha dichiarato che il comunicato delle FARC diramato domenica 26 febbraio rappresenta “un gesto importante per mettere fine alla guerra”, ed è “un’apertura che rappresenta un’immensa speranza,” alla quale deve seguire un gesto da parte del governo, che ha l’obbligo di cogliere l’occasione per avanzare verso la pace”.

Elvira Corona (autrice di Lavorare senza padroni, Emi edizioni)

Fonte: Unimondo

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