Le convention nazionali americane, eventi da rottamare? — Lombardi nel Mondo

Le convention nazionali americane, eventi da rottamare?

Spenta l’eco della convention repubblicana, si delineano le luci di quella democratica che tenterà di delineare un programma per poter permettere a Barack Obama di essere rieletto presidente degli Stati Uniti a novembre 2012.

Molti analisti della politica americana concordano sull’importanza delle convention di partito, ma il grande pubblico sembra esserne sempre più lontano. Il pensiero di molti, in crescita, e ormai ben radicato, è lontanissimo dai riti e dai giochi, spesso sporchi della politica. Cose fuori tempo, come raccogliere il cotone a mano al tempo delle macchine.

Eventi che sono riservati agli addetti ai lavori, che ne hanno fatto una professione, ma che per il cittadino comune, che le segue molto da lontano, rappresentano una spesa inutile ed evitabile. Inoltre, mentre in passato le elezioni primarie si svolgevano in alcuni stati e la convention decideva il candidato alla presidenza e alla vice-presidenza, creando quindi una certa suspence,  i nuovi regolamenti delle primarie hanno tolto fascino a questo processo. In altre parole, la nomination di Romney era già stata decisa prima della convention. Quindi niente battaglie, niente sorprese e ovviamente scarso interesse da parte del grande pubblico.

Ne deriva che le convention, siccome non decidono niente, se non ribadire le posizioni individuali dei candidati vincenti e perdenti, l’interesse verso di esse continua a scemare, e le reti televisive lo hanno capito dedicando ai vari eventi una copertura adeguata, ma non eccessiva. Questione di domanda e offerta. Secondo alcuni sondaggi soltanto un 15% di elettori è interessato alle convention. Se consideriamo che negli Stati Uniti vota non più del 50% degli aventi diritto se ne deduce che l’audience è  davvero limitata.

Alla fine le convention diventano un affare per gli analisti di politica che analizzano gli interventi e li commentano come se avessero un seguito reale, praticamente inesistente, e che magari viene utilizzato dalle reti televisive per le loro programmazioni.  Una dinamica che non considera gli umori di chi ha abbandonato gli stucchevoli show e talk show dei politici. I telegiornali sono diventati un’abitudine più che un modo per informarsi, specialmente quando si crede che gli spettatori amino ascoltare le distratte dichiarazioni di politici lontani anni luce dalla realtà quotidiana. Qualche giorno fa non mi ha stupito ascoltare diverse persone che regolarmente si sintonizzano su programmi dedicati alla scienza, alla tecnica, al fai da te, pur di non essere sopraffatti dall’invadenza della politica dappertutto.

Occorre poi aggiungere, che le cose potrebbero essere diverse se gli elettori avessero fiducia nei giornalisti. Purtroppo la maggior parte delle persone ritiene che chi copre eventi politici sia in qualche modo legato ai partiti oppure al loro candidato preferito, e  non sia obiettivi e veritiero. La gente vuole delle risposte non un carrozzone farcito di politica auto indulgente che si muove con le donazioni dei magnati e soprattutto della gente comune.

Per la maggior parte degli americani la politica è un male necessario, ma mentre la classe politica lotta per il potere e per la possibilità di spendere il denaro degli altri, gli americani guardano avanti nella speranza di un futuro migliore, sempre all’avanguardia rispetto ai loro politici.

Fino agli anni settanta le convention avevano un senso perché era in quella sede che si sceglievano i candidati mentre oggi mettono solo in rilievo gli interessi della politica, così lontani dai bisogni degli americani, e in generale di tutti noi.

Ernesto R Milani

Ernesto.milani@gmail.com

31 agosto 2012

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