Chi è Marco Lombardo, il portavoce di Dante nella Commedia?
Chi è Marco Lombardo, il portavoce di Dante nella Commedia?
Uomo di corte, forse , “personaggio senza volto, storicamente non rilevante”, capo della principale chiesa catara in Italia. Tanta è l’incertezza, se si vuole il mistero, attorno a Marco Lombardo, personaggio cruciale della Commedia che Dante colloca nel XVI Canto del Purgatorio.
Oltre alla collocazione simbolica nel Poema – il XVI Canto del Purgatorio è il Canto centrale della Commedia, il 50esimo di tutta l’opera – a rendere fitto l’enigma è anche il ruolo che Marco Lombardo ricopre, dato che è a questa personalità che Dante affida quello che, senza troppi dubbi, può essere considerato il più importante discorso filosofico e politico della Commedia, riguardante il Libero Arbitrio e il Rapporto tra Papato e Impero.
Dante, che accecato dal fumo della Cornice degli Iracondi può solamente udire la voce del suo interlocutore, interroga Marco Lombardo sulla natura del Libero Arbitrio, che viene illustrato come la capacità dell’uomo di scegliere tra il bene e il male per mezzo del proprio intelletto. Marco Lombardo, che rigetta l’interpretazione secondo la quale il bene e il male sono provocati da influenze celesti, sottolinea come gli influssi astrali non siano sufficienti per determinare di necessità le azioni umane. È dunque l’uomo, per mezzo del Libero Arbitrio, ad essere responsabile per la scelta tra virtù e peccato.
Voi che vivete ogne cagion recate
pur suso al cielo, pur come se tutto
movesse seco di necessitate. 69
Se così fosse, in voi fora distrutto
libero arbitrio, e non fora giustizia
per ben letizia, e per male aver lutto. 72
Lo cielo i vostri movimenti inizia;
non dico tutti, ma, posto ch’i’ ‘l dica,
lume v’è dato a bene e a malizia, 75
e libero voler; che, se fatica
ne le prime battaglie col ciel dura,
poi vince tutto, se ben si notrica. 78
A maggior forza e a miglior natura
liberi soggiacete; e quella cria
la mente in voi, che ‘l ciel non ha in sua cura. 81
Successivamente, Marco Lombardo è autore di una critica feroce della situazione politica italiana del suo tempo, nella quale, a suo dire, la Chiesa ha scelto di perseguire fini materiali e politici, finendo per non essere più in grado di fungere da guida spirituale per gli uomini. D’altro canto, l’interlocutore di Dante ritiene che la condotta dell’uomo debba essere guidata anche dalle leggi dell’Impero, la cui sede, tuttavia, è al tempo vacante dopo la morte di Federico II di Svevia (1250).
Marco Lombardo, dunque, evidenzia come Chiesa e Impero debbano coesistere come “due soli”, con la Chiesa responsable per orientare i comportamenti degli uomini verso la virtù, e l’Impero chiamato a esercitare il potere politico. Tale visione, che è propria di Dante, e che il Poeta argomenta anche nel Monarchia, è in piena antitesi al pensiero politico di Papa Innocenzo III, che sosteneva la superiorità della Chiesa sull’Impero “come il sole nei confronti della luna”.
Soleva Roma, che ’l buon mondo feo,
due soli aver, che l’una e l’altra strada
facean vedere, e del mondo e di Deo. 108
L’un l’altro ha spento; ed è giunta la spada
col pasturale, e l’un con l’altro insieme
per viva forza mal convien che vada; 111
però che, giunti, l’un l’altro non teme:
se non mi credi, pon mente a la spiga,
ch’ogn’erba si conosce per lo seme. 114
L’ipotesi ‘catara’
Come è possibile, quindi, che Marco Lombardo, personaggio quasi sconosciuto, sia la persona alla quale Dante affida l’essenza del proprio pensiero filosofico e politico, per giunta nel Canto centrale della Commedia?
A tale domanda, in pochi tra i commentatori hanno saputo dare risposta, e, a dire il vero, il quesito sembra interessare a pochi. Una eccezione degna di nota è, tuttavia, la saggista e studiosa di Dante Maria Soresina, che identifica Marco Lombardo con quel Marco di Lombardia a capo della chiesa catara di Concorezzo (la più importante d’Italia).
Analizzando alcuni passi del Canto, la Soresina evidenzia come l’idea dell’anima che tende a tornare a Dio esposta da Marco Lombardo sia tipica della teologia catara, così come l’aggettivo “buono” fosse la maniera con la quale i catari chiamano se stessi (‘buoni cristiani’, ‘bons hommes‘ in francese).
l’anima semplicetta che sa nulla,
salvo che, mossa da lieto fattore,
volontier torna a ciò che la trastulla. 90
Inoltre, Soresina pone l’attenzione sulla maniera in cui Marco Lombardo descrive il Papato: “chiesa di Roma” è infatti il modo con cui i catari, e solo loro, definivano il cattolicesimo, al quale si anteponevano come chiesa alternativa, chiamandosi ‘chiesa di amor’ (ed anche ‘chiesa di Giovanni’, opposta alla ‘chiesa di Pietro’ di Roma).
Dì oggimai che la Chiesa di Roma,
per confondere in sé due reggimenti,
cade nel fango e sé brutta e la soma». 129
In merito alla parte politica del pensiero di Marco Lombardo, e quindi di Dante, Soresina si sofferma sulla nozione di “Cortesia”, che Marco Lombardo dichiara essere stata molto diffusa nel Nord Italia “prima che Federigo avesse briga”, per poi scomparire.
In sul paese ch’Adice e Po riga,
solea valore e cortesia trovarsi,
prima che Federigo avesse briga; 117
Tale “cortesia”, la Soresina evidenzia, sarebbe quell’insieme di valori sociali e culturali, diffusi sopratutto nelle corti, propri del catarismo, che decrementano sensibilmente di popolarità dopo la morte dell’Imperatore Federico, e la conseguente vittoria dei guelfi (lo schieramento filopapale) sui ghibellini (la fazione filoimperiale) nell’Italia centro-settentrionale.
Questo fatto, sottolinea la Soresina, apre le porte all’Inquisizione, e dà avvio ad un clima di terrore ed oscurantismo religioso tra le cui vittime illustri è possibile annoverare, più in avanti nella storia, Giordano Bruno e la Teoria eliocentrica di Copernico e Galileo.
A tal proposito, lecito sottolineare che, sopratutto nella seconda metà del XIII secolo, come nel caso emblematico della città di Cremona, sono stati proprio i ghibellini a fornire asilo e protezione politica ai catari, in particolare ai superstiti della Crociata Albigese nel sud della Francia (1209 – 1229).
Cosa sappiamo veramente della Commedia?
Cortigiano, cataro o personaggio inventato, Marco Lombardo è, senza dubbio, la figura filosoficamente e politicamente più “influente” della Commedia.
La scarsa conoscenza che abbiamo di costui, la mancanza di un lavoro di identificazione del suo preciso identikit (fatto salvo l’interessante lavoro di Soresina), oltre che le diverse interpretazioni in merito a questo profilo rendono bene l’idea di come la Commedia sia un testo i cui contenuti ed insegnamenti vanno ben oltre al mero livello storico e linguistico.
L’aspetto astronomico così come quello linguistico della Commedia, su cui abbiamo già avuto modo di soffermarci in altri articoli pubblicati su questo portale, dimostrano come Dante e il suo messaggio siano ancora tutti da scoprire, e da comprendere nel loro più intimo significato.
Matteo Cazzulani
@MatteoCazzulani