Emigrazione Italiana e Fascismo in Venezuela. Ultimo Capitolo — Lombardi nel Mondo

Emigrazione Italiana e Fascismo in Venezuela. Ultimo Capitolo

Se una qualche attività,sia pure clandestina e di esclusivo raccordo con il Fascio di Caracas, poteva ancora registrarsi da parte dei Fasci di Duaca,Valencia e Puerto Cabello, per contro il Fascio di Maracaibo aveva cessato di esistere nel momento in cui lo stesso Console Pardi e il suo vice Degli Esposti avevano lasciato i rispettivi incarichi

EMIGRAZIONE ITALIANA E FASCISMO IN VENEZUELA

Storia degli italiani in Venezuela tra il 1840 e il 1939

Di Lorenzo D. Belardo

           

 

Se una qualche attività,sia pure clandestina e di esclusivo raccordo con il Fascio di  Caracas, poteva ancora registrarsi da parte dei Fasci di Duaca,Valencia e Puerto  Cabello,per contro il Fascio di Maracaibo (la cui esistenza risulta dal telegramma del ’38

del ministro Caffarelli), aveva cessato di esistere nel momento in cui  lo stesso Console Pardi e il suo vice Degli Esposti,dirigenti di quel Fascio,avevano lasciato i rispettivi incarichi .

 

Privo dei rapporti,neanche il ministro Di Giura si riteneva in grado di fornire notizie circa l’eventuale sussistenza del Fascio di Maracaibo e sulla consistenza dei fascisti nella zona.

 

Intanto il Presidente Contreras con il Decreto 13 settembre 1939 aveva dichiarato la  neutralità del Venezuela nel conflitto mondiale:i suoi porti e il suo territorio venivano  perciò interdetti ai mezzi navali ed aerei che intendessero farne uso per operazioni  contro il nemico (art.1).Si proibiva l’uscita da detti porti alle navi destinate a zone di  guerra,si obbligava alla vigilanza affinché nessun paese belligerante si servisse dei porti

venezuelani per equipaggiare o armare le navi in vista di operazioni belliche.

Le navi dei  paesi coinvolti nel conflitto avrebbero potuto sostare nei porti neutrali non più di 24  ore;in caso contrario sarebbero state poste in condizione di non poter navigare e  l’equipaggio sarebbe stato sottoposto a misure restrittive.

 

Altre disposizioni del decreto di neutralità limitavano e regolamentavano le  comunicazioni radio e telegrafiche in partenza e in arrivo dal territorio venezuelano.

 

Le conseguenze immediate del decreto furono le misure che il governo venezuelano  ebbe a prendere nei confronti delle quattro navi italiane che si erano rifugiate a Puerto  Cabello.Si trattava di quattro navi mercantili : il «Bacicin Padre»,il «Trottiera»,lo «Jole

Fassio» e il «Teresa Oddero».La Marina venezuelana aveva sottratto da tali navi parti  essenziali per impedire che riprendessero il mare.Il nostro Ambasciatore con una lettera

al ministro degli esteri venezuelano Borges,datata 29 gennaio 1940,esprimeva la vibrata

protesta del nostro governo in quanto “i mezzi adottati dal governo venezuelano  riguardo al naviglio italiano rifugiatosi nel porto neutrale non corrispondono a nessun  fondamento del diritto internazionale riconosciuto”.

 

Il ministro Borges rispondeva con la nota del 5 febbraio che tutte le navi che  trovassero rifugio nei porti venezuelani neutrali restavano “sottoposte al regime dell’asilo marittimo stabilito nell’art. 7 del Decreto 13 sett.1939,che il ministro italiano  ben conosceva e che aveva accettato nel chiedere il permesso di rifugio per le navi”.In  pratica il ministro Borges stabiliva il principio che lo Stato sovrano per salvaguardare la  sua sicurezza ha il diritto di assumere qualsiasi misura anche in contrasto con le norme  internazionali:”ogni Stato ha il diritto di aprire o chiudere i suoi porti e passi marittimi delle sue acque territoriali all’accesso di navi straniere e ha il diritto di fissare,come  ritenga più opportuno le regole, condizioni restrizioni o proibizioni di ingresso,di  permanenza e di uscita…sia per le navi da guerra sia per i battelli commerciali,il paese  neutrale può adottare tutti i provvedimenti restrittivi che ritiene opportuni”.

 

Il ministro Borges a giustificazione del trattamento riservato al naviglio commerciale  italiano aveva aggiunto che “quando una nave entra in un porto e prolunga oltre il  termine necessario la sua permanenza cercando un rifugio che la protegga dal nemico  la nave cessa di essere uno strumento di commercio…e deve sottostare al regime  eccezionale dell’asilo”.

L’ultimo atto della storia delle organizzazioni fasciste,nonché della Regia Legazione  d’Italia,si ha con la formale rottura delle relazioni diplomatiche che il Venezuela  comunica al ministro Di Giura in data 31 dicembre 1941.

 

Analoghe lettere del nuovo ministro degli esteri venezuelano Parra Perez,furono  consegnate agli Ambasciatori giapponese e tedesco.Il documento che porta il numero  7.194,spiega i motivi della rottura:le Conferenze Panamericane di Buenos Aires  dicembre 1936,Lima dicembre 1938,Panama settembre 1939 e Avana luglio 1940 ,avevano sancito il sistema della «solidarietà continentale»,per cui l’attacco del  Giappone contro gli USA a Pearl Harbor (7 dicembre 1941) comportava sia l’immediata

cessazione dei rapporti di tutti i Paesi Latino Americani (tranne l’Argentina) con  l’Impero nipponico e i suoi alleati dell’Asse,sia la dichiarazione di guerra da parte di molte Repubbliche Sudamericane tra cui il Venezuela,che per altro non inviò alcun corpo di spedizione in Europa .

 

La spinta del blocco angloamericano,l’opinione pubblica influenzata da una stampa  filo americana,non disgiunte dai vincoli creati dagli impegni assunti con le Conferenze  Panamericane avevano segnato la fine della politica dei buoni rapporti con l’Italia che  ancora nel 1939 il governo venezuelano aveva asserita almeno in due occasioni  formali.La prima con la proroga del trattato commerciale con l’Italia e la  definizione di nazione favorita da parte di entrambi i paesi,la seconda in occasione della  visita dei due incrociatori italiani «Eugenio di Savoia» e «Duca d’Aosta» quando si  scrisse in documenti governativi che l’avvenimento “era servito a rafforzare i vincoli  d’amicizia che uniscono i due paesi “.

 

Il trattato commerciale precede soltanto di due mesi la dichiarazione di neutralità del  Venezuela che avrebbe avuto le conseguenze diplomatiche su esposte e solo di un mese  la legge sugli stranieri che avrebbe imposto l’eliminazione delle associazioni fasciste in  Venezuela,la chiusura delle sedi dei Fasci e dei loro organi distampa.

 

Sull’attegiamento volubile del Venezuela nei confronti dell’Italia e del regime fascista  é interessante leggere quello che già nel 1935 si scriveva nel Quaderno Segreto nº 59 della Direzione Generale Affari Transoceanici,dedicato alla situazione politica del  Venezuela in quegli anni critici:”nei nostri riguardi merita di essere messo in rilievo il  fatto che il Venezuela,pur avendo dato la sua adesione alle sanzioni ginevrine contro  l’Italia,al pari della grande maggioranza dei paesi americani,non le ha poi in pratica  applicate.Sarebbe però erroneo attribuire tale atteggiamento soltanto a simpatia verso  il nostro paese,essendo esso piuttosto da imputarsi a quella indifferenza con la quale il  governo venezuelano tratta tutte le questioni che non lo interessano direttamente”.

 

Queste riflessioni confermano l’impressione più volte registrata di una certa incoerenza

da parte del governo venezuelano,la quale si manifesta nell’applicazione più o meno  rigida delle leggi “sugli stranieri”,così come nella stampa o nelle relazioni più o meno  cordiali con i rappresentanti italiani.I vincoli di “amicizia”,seppure erano mai seriamente esistiti,non resistettero davanti al timore che una qualsiasi azione d’appoggio anche umanitario potesse turbare la neutralità dichiarata (come dimostra l’episodio dei  mercantili italiani nel 1939) e definitivamente,dopo le Conferenze Panamericane,quei  vincoli si erano spenti,per tener fede agli impegni della solidarietà continentale.

Forse vi  fu anche la paura di accuse da parte degli alleati di connivenza con le forze dell’Asse.Si  ricorda a tal proposito che la Repubblica d’Argentina durante la guerra ebbe pessimi rapporti con gli Stati Uniti e che nel 1942,unica tra le Repubbliche sudamericane,essa  rifiutò di rompere le relazioni diplomatiche ed economiche con l’Asse,a causa della forte influenza delle organizzazioni naziste presenti sul suo territorio e per i forti investimenti di capitali fatti nel paese dalla Germania.In conseguenza di tale atteggiamento l’Argentina non fu invitata nel febbraio 1945 alla conferenza di Città del Messico e alla  fine della guerra,rischiò di non essere ammessa alle Nazioni Unite.Per tale timore il 27 marzo 1945 l’Argentina si vide costretta a dichiarare guerra alla Germania e al Giappone .

 

Una simile prospettiva molto probabilmente preoccupò il governo venezuelano,essa oltre che molto pericolosa, avrebbe potuto compromettere i floridi affari delle industrie  venezuelane fornitrici di combustibili e d’altro agli eserciti angloamericani le cui  Compagnie Petrolifere avevano solide e tradizionali basi nel paese fin dai lontani anni  della dittatura Gomecista.Il Venezuela non era certo disposto a rinunciare ai ricchi  proventi in dollari in omaggio alla gratitudine verso l’Italia per l’apporto che i nostri  connazionali avevano dato a pertire dal 1870 al suo sviluppo civile,sociale ed economico.

 

La rottura delle relazioni non fu sicuramente dettata da “incompatibilità ideologica”  con il fascismo,ma da puro e semplice calcolo di interessi che corrisponde del resto,ad  un atteggiamento che più volte era stato rimarcato dai diplomatici italiani nei loro Rapporti.

 

A riprova di ciò si può considerare il fatto che dopo la guerra il Venezuela,come molti  altri paesi sudamericani,fu disponibile ad accogliere e ad ospitare i più grandi criminali  nazisti:”migliaia trovarono rifugio in Brasile, Venezuela, Cile, Paraguay, Cuba,  Colombia, Perù, andando ad ingrossare i gruppi estremisti esistenti e finendo spesso  per diventare esperti e consiglieri dei Dittatori che si sono succeduti in questo  dopoguerra sull’instabile scena del Sudamerica.Il trasf erimento clandestino dei nazisti assunse tali proporzioni e rivelò così perfetta organizzazione,che per qualche tempo fu persino accreditata la notizia che lo stesso Hitler ed Eva Braun avessero trovato scampo in quei paesi”.

 

Antonella De Bonis

Portale dei Lombardi nel Mondo

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