Nosotros Estamos Unidos — Lombardi nel Mondo

Nosotros Estamos Unidos

Questo il nome che è stato dato al progetto fotografico sull’Ecuador che a seguito vi presenteremo. Un invito a rimanere in Ecuador e a non lasciare il paese. Esso gioca sul concetto di restare uniti – Estamos Unidos – e di Stati Uniti – Estados Unidos – la prima meta degli emigranti

“L’Ecuador sta vivendo da qualche anno una grave crisi economica, conseguenza diretta degli effetti più deleteri della globalizzazione. Il saccheggio delle materie prime, alcune privatizzazioni in settori chiave, il rimborso del debito estero, la dollarizzazione della moneta nazionale e l’instabilità politica hanno messo in crisi il tessuto sociale dello stato andino, accentuando le situazioni di povertà, la disoccupazione e l’emigrazione. L’indice di povertà è cresciuto incredibilmente: tra il 1995 e il 2000 il numero di persone abbienti è cresciuto dal 34% al 71% della popolazione, favorendo quello che potremmo definire un vero e  proprio esodo biblico. Si è trattato dell’impoverimento più repentino nella storia dell’America Latina. Almeno 5 milioni di ecuadoriani hanno abbandonato la propria terra d’origine, alla ricerca di maggiore fortuna altrove. Come non capire la disperazione delle famiglie che  non riescono ad immaginare un futuro e vedono come unica possibilità la fuga?

L’emigrazione è ormai un’epidemia fuori controllo. Hanno cominciato ad andarsene una ventina d’anni fa, verso gli Stati Uniti, per poi scoprire la “vecchia” Europa: Italia, Francia e Portogallo e soprattutto Spagna, dove hanno di fatto riscritto la storia. Un tempo Francisco Pizarro e i suoi conquistatori sbarcavano sulle coste dell’Ecuador, oggi gli eredi degli Inca sono la prima comunità straniera residente sul territorio iberico. Si calcola che circa 3 milioni di persone (fra il 15 e il 20 per

cento della popolazione) vivono all’estero, per lo più illegalmente e senza avere certezze per quanto riguarda i diritti civili: né una legge per consentire agli emigrati di votare, né accordi con i paesi di nuova residenza per facilitare la messa in regola degli illegali (quindi il loro ritorno periodico in patria), né facilitazioni fiscali, doganali o bancarie (come avviene in Tunisia, per esempio) per incoraggiare un «uso produttivo» di questi che sono gli unici capitali stranieri in entrata nel paese. Le rimesse dall’estero degli emigrati sono la seconda voce, dopo l’esportazione del petrolio, dell’economia ecuadoriana. Da 109 milioni di dollari nel 1991 sono passate a 1700 milioni di dollari nel 2004,  toccando nel 2000 il picco massimo d’incidenza sul pil (8,3%). I pochi ad approfittare di questa manna sono i trafficanti di esseri umani, che vengono chiamati coyoteros: speculano sulle partenze illegali, speculano sulla costruzione di queste case invendibili, gestiscono i risparmi degli emigranti, aiutati da un sistema bancario fra i più corrotti e inefficienti del mondo. Tutto ciò, in qualche modo, allevia la povertà, sostiene i consumi, crea situazioni di micro imprenditorialità locale (call center, internet point, trasferimento di denaro, …). Ma i prezzi pagati, non solo quelli affettivi e psicologici, sono salati. Le rimesse spingono l’inflazione e di storcono i prezzi; quelli pagati per i terreni agricoli ed urbani sono schizzati alle stelle.

In Ecuador manca completamente la generazione di chi lavora, sono rimasti i bambini, gli anziani e coloro che non riescono o non possono andarsene, perché malati o alcolizzati, con un forte impatto non solo sulle abitudini di vita ma anche il territorio e gli spazi urbani. Le fertili campagne del paese sono costellate da villaggi fantasma: un tempo popolosi e dediti all’artigianato, oggi privi di qualsiasi attrattiva, costellati di call center e strani bazar in cui si vende di tutto. A fare da contraltare, le pretenziose e variopinte ville e villette che gli emigranti di successo si fanno costruire per trascorrervi le vacanze. Emigrazione come status symbol. Tutto ciò ha fatto dell’Ecuador un paese dai molti paradossi: è ricco eppure poverissimo, accanto a situazioni di estrema povertà troviamo sfoggio di ricchezza e benessere. L’Ecuador è un paese in cui il 68% dei bambini che vivono nelle campagne è denutrito, dove non c’è più salute pubblica, la popolazione fuori città vive in case di terra senza pavimento né soffitto, il debito estero si divora il 45% del bilancio di previsione dello Stato e la corruzione, si stima, si ciba di un altro 20%, mentre agli usurai finisce il 10, 20% delle entrate mensili di una famiglia”.

Armati di macchina fotografica, abbiamo voluto cogliere tutti questi aspetti, cercando di far emergere dalle fotografie la situazione reale di chi è rimasto a vivere nel paese andino, degli scompensi che si sono venuti a creare sia nel tessuto urbano che sociale grazie al denaro proveniente dalle rimesse: coppie che si separano, famiglie smembrate diminuzione della presenza maschile, donne costrette ai lavori più pesanti… L’emigrazione non muta solo le abitudini di chi parte ma anche di chi ha deciso di non farlo, di chi ha figli o genitori a migliaia di chilometri e vede comunque la propria vita influenzata da questa decisione. Il nostro progetto ha focalizzato la propria attenzione su questo aspetto, cercando di “catturare” coloro che sono emigrati fotografando coloro che sono rimasti.

Nosotros “Estamos Unidos”, questo il nome che abbiamo dato al progetto fotografico, è un invito a rimanere in Ecuador e a non lasciare il paese.

Esso gioca sul concetto di restare uniti – Estamos Unidos – e di Stati Uniti – Estados Unidos – la prima meta degli emigranti.

 

Collettivo Pommefritz: biografia

 

Pommefritz è un collettivo fotografico nato a Mantova, nei primi mesi del 2004, grazie all’intuizione di Mauro Manuini e Massimiliano Boschini, desiderosi di evadere dalla “routine” della città virgiliana. I due, armati di macchina fotografica analogica, si mettono a scorrazzare per tutta la Pianura Padana, alla ricerca di soggetti da immortalare: vecchie corti, persone, stazioni, ruderi, ponti e architetture varie rappresentano le loro principali attrazioni. Come due bambini, esplorano il mondo che gli si para davanti: la tecnica del cross processing, che utilizzano in maniera prevalente, esalta la loro visione onirica e surreale delle cose. Colori adulterati, contrasti forti, soggetti sbilenchi: a touch of Pommefritz. Nel corso del tempo il collettivo ha trovato visibilità e raccolto riconoscimenti un po’ in tutto il mondo. Di rilievo, le partecipazioni alla Biennale di Arad (Romania), di Hong Kong e al Festival Asiatico della Fotografia (Bangladesh). Il 2007 si è rivelato un anno cruciale: da segnalare la partecipazione al Festival della Fotografia di Roma (presso la Galleria Crispi, che dopo di loro ha ospitato il National Geographic) e quella in rappresentanza dell’Italia alla Biennale di Cuenca, dove è stato chiesto loro di realizzare un progetto sull’emigrazione. Il risultato di quest’esperienza è quello che presentiamo alla Vostra attenzione, per

“Attenzione Talento Fotografico”.

 

Manuini e Boschini sono soci fondatori del Gruppo Fotografico “La Ghiacciaia” di Marmirolo, attivo dal 2000 e fautore di diverse esposizioni, anche internazionali, presso lo storico palazzo Custoza Tazzoli.

 

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