Ferruccio Vivanti — Lombardi nel Mondo

Ferruccio Vivanti

Nella seconda metà dell’Ottocento Ferruccio Vivanti fu tra i primi pionieri a stabilire rapporti commerciali con il Giappone che stava aprendosi al mondo occidentale.

Ferruccio Anselmo Vivanti nacque a Mantova nel settembre 1852. Seguì il padre Anselmo, famoso commerciante in seta  e patriota,  nell’esilio inglese. Nel 1873 (1872 secondo altre fonti )si trasferì in Giappone dove si mise in luce nel commercio della seta. Emigrò negli Stati Uniti il 1 gennaio 1880 attraverso San Francisco. Stabilitosi a New York, si sposò nel 1893 con Marie da cui non ebbe figli. Nel 1900 abitavano sulla prestigiosa Madison Avenue.

Il ritratto che segue apparve nel volume : Gli Italiani negli Stati Uniti d’America, pubblicato a New York nel 1906.

 

Ferruccio Vivanti della ditta Fratelli Vivanti era figlio di Anselmo Vivanti, processato e condannato a morte dagli austriaci per attiva cospirazione alle insurrezioni mantovane , indi profugo in Inghilterra e poi in Nord America., cofondatore della Camera Italiana di Commercio di New York – della quale fu il primo presidente come pure della società “Reduci delle Patrie Battaglie.” La fortezza d’animo del padre e la serietà di propositi si manifestarono interamente in lui, quando ancor giovinetto nel 1872, emigrò in Giappone, quasi senza mezzi pecuniari, ma perito in tutto ciò che si attiene alla filatura della seta – da lui studiata in Brianza – con buone cognizioni di meccanica industriale, portando seco nel bagaglio un grosso albo di disegni di macchine per filatoi, schizzi originali, piani e un manuale sulla materia, da lui compilato nelle ore d’ozio.

Quando il Vivanti arrivò a Yokohama, la città era, relativamente , agli inizi e il commercio serico pressoché insignificante : tanto vero che mentre adesso (1906) si esportano ogni anno dalle 85.000 alle 90.000 balle di eccellente qualità, allora si toccavano a fatica le 12.000. I giapponesi filavano, ancora, la seta coi metodi arcaici degli antenati : ma lo spirito del progresso già penetrava nel Paese e il Governo si rivolse alla Camera di Commercio Europea per ottenere lumi, mercè svecchiare l’industria e avviarla alla modernità. Nessuno dei componenti la camera, quasi tutti inglesi, seppe rispondere ed essere utile meglio di Vivanti, che su richiesta del segretario forniva alla Commissione Governativa i disegni dei macchinari e diede ogni spiegazione possibile.

Onde può dirsi che l’albo e il memoriale tecnico del Vivanti furono la guida del Governo del Mikado, per intraprendere nel Giappone la filatura secondo il sistema italiano e francese. Eppure, allora, non ebbe nessuna ricompensa di nessun genere o specie, né meno sotto forma di un modesto impiego, al quale ardentemente aspirava. Ma le tempre come le sue non si piegano alle inimiche durezze del destino, chè – anzi – se piegate – si rialzano e vibrano appunto al pari d’una buona lama milanese o bresciana.

Cominciò, dunque, quale commissionario e perito per conto altrui. Intanto le filande indigene avevano adottato le macchine europee; ma fosse difetto di costruzione o imperizia nel maneggiarle o altra causa, certo è che la seta dal più la meno soffriva e molta di essa andava o guasta o perduta. Il Vivanti – da esperto nelle compere – scoprì senz’altro il guaio del prodotto inferiore – e – come disegnatore meccanico – non tardò ad avvisare il mezzo di evitarlo. E fu chiamato dai filandieri e filatori a visitare le fabbriche e gli opifici, a ispezionare le macchine, a sorvegliare la lavorazione e trovandola difettosa, a suggerire il rimedio. Così si spinse all’interno del Paese, dove la vaporiera non aveva ancor fatto sentire il suo grido e dove i viaggiatori europei o americani , che avevano osato mettervi piede, non oltrepassavano le due dozzine. Così il suo nome diventò noto nei migliori centri di produzione di seta lavorata e parve sinonimo di salvazione per molti, di inizio nella strada della ricchezza per altrui, di competenza tecnica e di impeccabile probità per se stesso e per gli altri. Così la fortuna si abituò ad averlo caro, perché mostratosi degno in ogni caso di conseguirne i favori.

Nel 1875 fondava la ditta “Vivanti Brothers” prendendo in società il fratello Arnaldo, morto poi sgraziatamente  New York nel meglio degli anni e delle speranze, già professore in uno dei più famosi college del Giappone, e addetto alla prima Compagnia di Navigazione  costituita nell’Impero. La quale, difatti, fu il nucleo, intorno a cui s’andò formando , aumentando e perfezionando quella marina mercantile giapponese di trasporti , che all’ora della guerra contro la Russia riempì di stupore e d’ammirazione il mondo.

Dal 1873 al 1893 il Giappone fu abituale dimora del Vivanti : ma nel 1891 si trasferiva a New York, dove fondò una succursale della Ditta all’84-86 Mercer Street. In questi ultimi tempi tornò al Giappone quattro o cinque volte per ragioni d’affari e per rivedere gli amici ( che colà conta numerosi e affezionati) e per godere qualche mese di vacanza e riposo nella villa, che su piani e disegni propri si fabbricò sulla spiaggia del mare, a sedici miglia da Yokohama, donde si ha la vista della baia e della famosa montagna, alta 13.000 piedi, di Fiyi Byama. E ogni volta che vi torna è festeggiato con cordialità e grato animo.

Durante l’ultima visita (e fu all’ora delle grandi vittorie navali contro la Russia) gli offrirono banchetti e ricevimenti il presidente della camera di commercio giapponese, il governatore della provincia, il sindaco di Yokohama e altri eminenti, compreso il presidente dell’associazione  serica d’America, chiamandolo nei molti brindisi e discorsi di fin di tavola, :”…il sincero amico della nazione giapponese: l’amico industriale, che più di ogni altro straniero aveva contribuito all’avanzamento del commercio della seta fra importantissime case del Giappone, dell’Europa e dell’America.”

E dal 1875 a oggidì la ditta fratelli Vivanti conta una serie di successi senza soluzione di continuità e in Giappone e in quest’America, dove un quarto di secolo fa chiamavano o pazzo o visionario colui che avesse parlato della possibilità del commercio di importazione di seta greggia. Non mancarono, si capisce, le lotte da combattere, le difficoltà da superare, i concorrenti da vincere; ma adesso, il Vivanti ha pieno diritto di compiacersi d’aver contribuito, più di chi si sia, a stabilire nel Giappone gli scambi su larghe e ben definite basi, governati da norme fisse e rispettate, di mole e rinomanza mondiale. Egli fu che comperò la prima partita di seta spedita da Yokohama a New York : e per dare un concreto approssimativo di quel che rappresenti ora, nella vita commerciale delle due nazioni, la ditta Vivanti, diremo che la media annua delle sue importazioni di seta greggia oscilla fra i quattro e cinque milioni di dollari.

Una nota simpatica in lui è che né la lontananza né gli anni né la fortuna né l’ambiente diverso spensero o attenuarono il suo amore per l’Italia. Il quale si manifesta non colle parole magniloquenti della retorica d’occasione, ma colla efficacia pratica dei fatti, colla vigile difesa, colla sagacia dell’attacco, colla lunga esperienza offerta a servizio degli interessi del proprio paese d’origine.

E la sua benemerenza verso al sericoltura d’Italia è attestata, in modo luminoso, dai numerosi scritti. Essi, densi di fatti, forti di logica, inspirati a profonda conoscenza dell’argomento sotto ogni aspetto, ebbero l’onore non solo di essere ricercati e accolti nelle pagine dei più importanti giornali dlel’Unione American, ma di trovare eco di consenso in quelli di Francia e, segnatamente, di Lione.sì da far dire pubblicamente al presidente della camera di commercio di New York che :”…il Vivanti doveva ritenersi una delle più alte autorità, in fatto di cognizioni sulla cultura e sul commercio della seta, che si conosca in questo paese:” E’ dunque da desiderare che le associazioni seriche d’Italia facciano loro pro di quello che Ferruccio Vivanti  è andato scrivendo e va scrivendo in proposito :”l’Italia ci guadagnerà un tanto e, fra l’altro imparerà che all’estero v’è chi ne propugna con fermezza e fedeltà ideali. Nel movimento contro alcune utopie monopolizzatrici di Washington occorreva un “leader” e il “leader” ci fu in persona del Vivanti. Noi italiani d’America ce ne sentiamo superbie l’Italia gliene deve essere obbligata.

Educato alla scuola austera del padre venerando, tutto assorbito nella direzione degli affari e nello studio dei miglioramenti tecnici da introdurre nel suo commercio, modesto per natura e riservato per abitudine, egli rifugge dal farsi avanti e dall’attirare l’attenzione del pubblico sia direttamente sia indirettamente. Difatti, quantunque dimori in New York da sedici anni circa ben pochi sanno di lui, il suo nome non appare mai o quasi mai sui fogli coloniali. Eppure se qualcuno v’è che meriti ricognizione e onore è, precisamente, il Vivanti, perché non è facile  conoscere altri che – appartenendo alla nostra nazionalità – abbia conquistato da sé, senza aiuti estranei, il “record” e il posto, che occupa egualmente in due paesi stranieri.

Un’ultima nota. Egli fu insignito dal Mikado di due onorificenze che ben di rado si conferiscono ai forestieri : cioè, la medaglia della croce rossa giapponese in riconoscimento delle somme cospicue elargite a sollievo dei feriti della guerra di Manciuria e la croce del merito di  prima classe, instituita per premiare coloro che – colle arti e le scienze , i commerci e le industri – concorsero all’avanzamento economico e al progresso morale della nazione. Perché non è a dimenticare che a Yokohama egli possiede molte proprietà immobiliari e fu, tra i primi, se non il primo della colonia di quella capitale a costruire case, uffici e  negozi secondo i metodi e i criteri della edilizia moderna europea e nord-americana.

 

Tratto da Gli Italiani negli Stati Uniti d’America, 1906

Ernesto R Milani

Ernesto.milani@gmail.com

20 aprile 2010

 

 

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