Franco Pini, storia incredibile di un bergamasco normale — Lombardi nel Mondo

Franco Pini, storia incredibile di un bergamasco normale

Questo 73enne di Ponteranica ha contribuito in maniera determinante al riscatto di un villaggio sulle sponde di Lago Vittoria. E ora la sua esperienza è diventata un modello per tutto il Kenia. Alla sua testimonianza di vita “Panorama” ha dedicato uno splendido articolo.

Ha 73 anni e una vita avventurosa alle spalle. Ma da 25 anni la sua vita è l’Africa, un villaggio di pescatori e di contadini sulle rive del Lago Vittoria in Kenia, dal nome quasi impronunciabile, Nyagwethe. Questa è la storia di Franco Pini, classe 1932, da Ponteranica, a due passi da Bergamo. La storia di un uomo malato dal desiderio di conoscere il mondo in motocicletta, che in sella alla sua due ruote ha raggiunto Capo Nord, il Marocco, la Mauritania, l’Iran e persino il Kashmir, terra martoriata al confine fra India e Pakistan. Ma la sua storia cambia radicalmente con l’incontro con l’Africa, che lo porta ormai a trascorrere sei mesi all’anno in Kenia, e sei a Bergamo. Ma non nel Kenia dei resort di Malindi, il Kenia dell’africa profonda e povera, il Kenia che ha bisogno di solidarietà e supporto.

Per la sua gente di Nyagwethe Franco Pini fa il muratore, il carpentiere, l’elettricista, ma anche medico e, all’occorrenza, ministro straordinario del sacramento della comunione. Quasi prete, insomma. La sua straordinaria opera umanitaria è stata portata in questi giorni all’attenzione del grande pubblico da “Panorama”, con un bellissimo articolo di una delle firme più prestigiose del primo news magazine italiano, Giovanni Porzio.

“Non c’era, allora, nemmeno la strada. Arrivammo a piedi, aprendoci il sentiero a colpi di machete”, racconta Pini. “Quasi tutti i bambini erano ammalati, malaria, dissenteria, morbillo, tubercolosi, scabbia. Decisi all’istante che avrei costruito un dispensario, sentivo che quello era i modo per dare un senso alla mia vita, per mettere a frutto tutte le mie esperienze maturate in giro per il mondo”. Pini non perde tempo, fa ritorno a Bergamo, organizza gli attrezzi, racimola qualche fondo, e riprende la via dell’Africa centrale per aprire il cantiere.

E’ il 1980. Da allora Pini non si ferma più, nonostante i rischi, compresa la malaria, che due anni dopo rischia di ammazzarlo. Per tutta risposta lui va in pensione, e investe nel progetto africano la sua liquidazione, d’accordo con la famiglia, con la moglie che lo segue sino nel cuore dell’Africa.

Dopo il dispensario viene la scuola elementare, mentre in Italia Franco frequenta corsi per infermieri, per odontotecnici, sino a specializzarsi in malattie tropicali. Sa persino amputare un arto, se serve, o fare i test dell’AIDS, o fare nascere i bambini. Nell’impresa sono coinvolti familiari ed amici.

Pini riesce persino a costruire un acquedotto di cinque chilometri per portare al villaggio acqua pulita e potabile, facendo calare drasticamente i casi di dissenteria e di tifo. Oggi la scuola elementare conta 527 alunni e 11 maestri, e il dispensario è diventato un ospedale.

La comunità di Nyagwethe è diventata un modello per tutto il Kenia, racconta Giovani Porzio. Il ministro dei trasporti, Christopher Murungaru non ha potuto che rimanere profondamente colpito dalla visita. Subito ha dato disposizioni di allargare la strada e di consolidarla. E a Franco Pini ha chiesto di costruire una scuola superiore. Lui, nominato cavaliere di gran croce da Ciampi e “Alpino dell’Anno” nell’aprile scorso, è già al lavoro con i suoi manovali, tutti regolarmente pagati e responsabilizzati sino all’autogestione. Perché io, dice Pini, “sono solo un bianco di passaggio”. Un esempio straordinario di grande cuore lombardo.

 

Luciano Ghelfi

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