Ananas e cipolle. Angelo e la pizza Frosolone in Tasmania — Lombardi nel Mondo

Ananas e cipolle. Angelo e la pizza Frosolone in Tasmania

Il 47enne Angelo Fraraccio ha portato a Hobart, capitale dell’isola più a sud di tutta l’Australia un pezzo di Frosolone, terra dei suoi genitori. Da 16 anni gestisce un ristorante nel quale serve piatti della tradizione molisana

Il 47enne Angelo Fraraccio ha portato a Hobart, capitale dell’isola più a sud di tutta l’Australia un pezzo di Frosolone, terra dei suoi genitori. Da 16 anni gestisce un ristorante nel quale serve piatti della tradizione molisana, con tanto di gnocchi fatti in casa dalla mamma 82enne, miscelati con gli abbinamenti in forte contrasto in uso in questo angolo di mondo. «Il Molise? Che bella terra» afferma nel via vai di clienti. «Tenere salde le nostre radici è fondamentale».

Chissà se a Frosolone l’hanno mai mangiata una pizza con cipolle e ananas, miscelati per bene insieme a prosciutto a fili, funghi, mozzarella e pomodoro. E chissà se sanno che quella pizza porta proprio il nome del paese, in un posto lontano lontano, come si direbbe in una favola. Quel posto si trova al numero 47 di Hampden road, località Battery point. Dove si trova? A Hobart, capitale della Tasmania, quella “piccola” isola a sud dell’Australia e facente parte dello stato federale con capitale Canberra. E il merito è di Angelo Fraraccio, 47 anni, nato e cresciuto in Tasmania ma figlio di emigranti di Frosolone.

La terra che porta il nome dello scopritore, l’olandese Abel Tasman, sembra ancor più vergine della stessa Australia. Montagne abbellite da folte foreste sovrastano il mare che circonda l’intera isola, senza dubbio la parte più fredda dell’intera nazione. Una sensazione di calma oceanica accompagna gli spostamenti in questo lembo di terra in cui diversi molisani trovarono casa dopo la seconda guerra mondiale. Ed è lo stesso anche nella capitale, una città praticamente all’opposto delle caotiche Sidney e Melbourne.

Proprio lì, in una via che per urbanizzazione assomiglia terribilmente alla provincia inglese, ecco spuntare l’insegna, tutta in italiano: “Ristorante da Angelo”.

Angelo Fraraccio, che ci fa un ristorante “made in Frosolone” a Hobart?

«Beh, in realtà io sono nato e cresciuto qui in Tasmania, ma i miei genitori sono di Frosolone e solo per pochi mesi non sono nato lì».

Come sono andate le cose?

«I miei genitori si sono trasferiti qui per la prima volta fra il 1951 e il 1952 ma mio padre faceva fatica ad ambientarsi. Nel 1962 prese tutta la famiglia e tornò in Italia per quasi un anno. Ma mia madre voleva assolutamente tornare a vivere in Tasmania e così fecero. Nel 1963 sono nato io».

Cosa spinse i suoi genitori a lasciare i monti del nostro Molise?

«Mio padre faceva il macellaio, mia madre lavorava come sarta. Purtroppo non stavano in buone condizioni economiche. La sorella di mia mamma arrivò qui nel 1948, poi vennero i miei genitori e in seguito molti altri frosolonesi (ancora oggi la comunità del paese è molto nutrita in Tasmania, ndr)».

Si ricorda o le hanno raccontato quanto fu difficile l’impatto con una nuova realtà come questa?

«Sì, i primi tempi furono durissimi per loro. Vennero a stare direttamente qui perché si sapeva che c’era lavoro. Mio padre andò a lavorare nei boschi. A quei tempi la comunità italiana e molisana era più stretta, anche perché l’Australia non era come adesso. Non capivamo l’inglese e non c’era niente di simile a quello che mangiavamo noi. Per me è stato più facile essendo nato e cresciuto qui».

Trova delle affinità fra la nostra regione e quest’isola?

«Pensandoci bene forse sì. Perché ci sono le montagne e c’è il mare. E poi si vive in tranquillità».

Quando ha deciso di portare un pezzo di Frosolone a Hobart col tuo ristorante?

«Nel 1994 ho aperto questo locale qui, prima facevo l’elettricista. Mi ha aiutato molto mia madre, anche in cucina. Lei ha 82 anni adesso e fa ancora gli gnocchi almeno due volte alla settimana».

Ma nel menù che proponi non c’è solo Frosolone, non è così?

«Esatto, ci sono i maccheroni Venafro, la pizza Molise e tanti altri piatti italiani».

I clienti hanno mai domandato spiegazioni su questi nomi?

«Certo. Anche i molisani che vengono qui domandano. Io spiego che si tratta del mio paese. E’ molto bello per me».

Ma quanto c’è di molisano in lei?

«Un po’ c’è. Quando vado in Italia non mi sento mai uno straniero. Ci andai per la prima volta nel 1977 e mi piacque molto. Fu una grande novità per me, la cultura era differente. Rimasi 4 mesi a Frosolone , vistando quasi tutto il Molise, da Termoli a Campobasso. Ho ancora tanti parenti in tutta la regione».

E a casa avete mantenuto le tradizioni molisane?

«Assolutamente sì. Da piccoli parlavamo dialetto e io e i miei fratelli siamo stati mandati a studiare l’italiano. La cucina è quella di una volta, con la pasta fatta in casa e per questo ho aperto questo ristorante, come fosse una trattoria di cucina tradizionale in Italia».

E oggi qual è il suo rapporto col Molise?

«E’ un rapporto stretto, sento spesso i tanti parenti che ho lì. E’ stato importante per me che i miei genitori mi abbiano insegnato da dove veniamo e io cerco di fare lo stesso coi miei figli. Bisogna fare così per conoscere le nostre radici, altrimenti la ruota si ferma».

E i suoi figli? Il tentativo di mantenere ancorate le radici sta dando buoni frutti con loro?

«Oh sì! Nel 2008 li ho portati in Italia per la prima volta e ancora oggi parlano di quell’esperienza e mi chiedono quando ci torniamo. Sono sempre in contatto coi cugini molisani tramite Facebook e dicono spesso che quando saranno grandi andranno spesso a trovarli».

Stefano Di Leonardo

http://www.primonumero.it/attualita/primopiano/articolo.php?id=7420

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