Un brutto mestiere: il lavoro sporco della politica — Lombardi nel Mondo

Un brutto mestiere: il lavoro sporco della politica

Raccontiamo la storia di un personaggio sconosciuto in Argentina ma molto noto negli Stati Uniti

Nel Partito Radicale dei primi tempi della Repubblica c’era un elemento di nativismo anti straniero, più enfatizzato da alcuni settori interni.

Ricardo Caballero, vicegovernatore di Santa Fe tra 1912 e 1916, si definiva come di tradizione federale ed insisteva nell’appoggio che davano all’Unione Civica Radicale “i fieri sindacati di stivatori, cocchieri, operai di baracche, consegnatari di bestiame e lavoratori dei vecchi mattatoi”.

Caballero contrastava con la Lega Sud di Lisandro De la Torre -precursore del Partito Democratico Progressista- che “prese su di se l’ingrato compito di nazionalizzare gli stranieri di qualsiasi origine e condizione ai fini elettorali, ottenendo l’appoggio della plutocrazia rosarina, dei forti trafficanti della campagna e dei coloni italiani e loro figli”.

L’invasione straniera, al suo parere, minacciava al partito ufficiale “roquista” dell’italo argentino Julio Argentino Roca (Partito Autonomista Nacional)

Il PAN cominciava a perdere la sua fisonomia creola. Comparivano individui dal tipo di Gaetano Ganghi, che cominciavano ad operare presso i comitati, sostituendo ai caratteristici e bravi capi parrocchiali di una volta.

Ma chi era Gaetano Ganghi?

Detto “Don Gaetano”, era un personaggio nato a Napoli, sconosciuto in Argentina ma molto noto negli Stati Uniti.

Infatti, negli USA questi “agenti” facilitavano agli emigrati, da poco arrivati nel Paese, l’acquisto della cittadinanza americana a cambio dei loro voti.

I principali partiti statunitensi (Repubblicano e Democratico) organizzavano pressoché normalmente queste “attività” illegali.

In Argentina invece, malgrado questo caso speciale, in genere gli stranieri non dovevano, di obbligo, ottenere la cittadinanza.

Ecco perche i partiti locali non cercavano loro appoggio, ma anche perche la resistenza a perdere la cittadinanza di origine era troppo grande tra i nuovi abitanti.

Lo storico Félix Luna afferma che molti analfabete erano utilizzati ai fini politici da persone tipo Ganchi.

Nel suo testo “Soy Roca” (Sono Roca), Luna descrive quello che succedeva nel 1909 davanti un tavolino elettorale, quando si presenta come austriaco un uomo cui aspetto e modo di parlare “lo tradivano come un “bachicha” (italiano) appena sbarcato”.

Roca gli chiese s’era italiano e l’immigrante gli rispose di si, ma che non sapeva quello che diceva sul librettino: “Io non so niente… ¡A me me l’ha dato don Gaetano !… “Don Gaetano”.

Cayetano Ganghi diventava cosi l’arbitro dell’elezione, con nei suoi armadi molti librettini falsi (stimati in 3000) e le sue “forze” di emigrati analfabete e vagabondi randagi disposti a votare cinque o sei volte, sempre in un tavolino diverso.

Gaetano Ganghi si vantava di essere il “puntero” (ad latere di un capo politico) più corrotto dell’Argentina e di avere una collezione di valigie contenendo migliaia di libretti d’arruolamento.

Nell’elezioni presidenziali del 1916, Ganghi avvisa -tramite un affiche da lui firmato appeso alle pareti (foto di sopra)- che secondo l’articolo 77, comma 5, della legge elettorale in vigore, sarebbe stato arrestato e mandato quattro mesi all’ergastolo chi comprasse voti.

Durante l’impero di questi brogli elettorale per vincere all’elezioni -con o senza voti- si metteva in moto “la macchina” elettorale.

Mettere in moto la macchina significava “vincere l’elezioni in qualche modo”. Con i voti, se ce n’erano, o con frode e violenza se non ce n’erano.

Il proprio sistema fece crescere questo mestiere sporco e gli individui come Ganghi che, nel 1927 e 1928, utilizzo il suo “prestigio” per appoggiare la formula presidenziale Melo-Gallo, sostenuta dalle forze opposte alla seconda elezione d’Yrigoyen.

Allora si diceva che “la forza” di don Cayetano radicava nei dipendenti del comune che lucidavano le strade di Buenos Aires e lo seguivano fedelmente in grande numero.

Per fortuna, l’immagine dell’immigrazione italiana non si vede macchiata in sostanza, dovuto all’importante contributo che milioni di emigrati impegnativi, rispettosi ed onesti, diedero allo sviluppo e la crescita del paese sudamericano.

 

Jorge Garrappa Albani – Redazione Portale Lombardi nel Mondo

www.lombardinelmondo.org – jgarrappa@hotmail.com

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