I Giochi dei Popoli Indigeni a Porto Real — Lombardi nel Mondo

I Giochi dei Popoli Indigeni a Porto Real

Marcos Terena insieme a suo fratello Carlos Terena, è ideatore dei Giochi dei Popoli Indigeni del Brasile. Lo abbiamo incontrato alla fine degli XIº Giochi delle Nazioni Indigene del Brasile svolti nella isola di Porto Real, nel Municipio di Porto Nacional dello Stato del Tocantins dal 4 all’11 novembre scorsi

Porto Real – Marcos Terena, della Nazione Indigena Terena, è Coordinatore delle Etnie Indigene del Brasile presso l’ONU e Direttore del Comitato Intertribale “Memoria e Scienza Indigena”.

Marcos Terena insieme a suo fratello Carlos Terena, è ideatore dei Giochi dei Popoli Indigeni del Brasile. Lo abbiamo incontrato alla fine degli XIº Giochi delle Nazioni Indigene del Brasile svolti nella isola di Porto Real, nel Municipio di Porto Nacional dello Stato del Tocantins dal 4 all’11 novembre scorsi.

D. Lei è responsabile dal 1996 dei Giochi dei Popoli delle Nazioni Indigene del Brasile giunti quest’anno alla loro XIª edizione nella città di Porto Nacional, nello Stato del Tocantins. Puó dirci quali erano le sue aspettative iniziali per questa edizione e quali sono stati i risultati?

R. I giochi indigeni qui in Brasile sono un momento importante di unione ed incontro per tutte le etnie che partecipano. Quest’anno, qui a Porto Nacional, abbiamo portato a gareggiare 39 nazioni indigene, alcune delle quali provengono anche da Paesi che confinano con il Brasile. L’obiettivo è mostrare la forza di queste Nazioni che furono quasi estinte dalla colonizzazione che in teoria doveva portare sviluppo. Con questa manifestazione, attraverso il linguaggio universale dello sport, esercitiamo la nostra forma di vivere, parlando della nostra visione del mondo, della modernità, e mostriamo alla società globale che il futuro che tutti vorrebbero migliore, non potrebbe esistere senza le conoscenze tradizionali dei popoli indigeni.

D. Cosa può dirci delle varie Nazioni Indigene che hanno partecipato ai giochi, sono rimaste soddisfatte dall’evento secondo lei?

R. In Brasile noi abbiamo 240 differenti Nazioni Indigene, qui ai giochi ne abbiamo portate 39 e altre 40 sono in lista d’attesa perché l’idea è di lavorare con esse a rotazione. D’altronde, sono molte anche le specialità e possiamo metterne in campo molte di più di quelle viste perché esiste una grande varietà di specialità sportive, almeno tanto vaste come il numero delle etnie esistenti. Oggi vediamo che nello sport e nelle competizioni a volte le prove possono essere anche violente o estremamente faticose, tanto da portare in casi estremi anche a un danno grave all’atleta o alla sua morte. Ma durante i nostri giochi la filosofia che passa è che l’importante sia soprattutto partecipare tutti insieme.

D. Io ho osservato da spettatore, fotografo e giornalista, questi interessantissimi XI Giochi Indigeni e mi sono immaginato per un attimo un futuro dove magari alcuni di questi atleti gareggiassero in qualche specialità nelle Olimpiadi Mondiali, volevo chiederle se anche lei abbia almeno una volta pensato a questo.

R. Sì, il nostro obiettivo è anche questo, ma stiamo costruendo questo percorso con molta tranquillità perché un atleta indigeno è un atleta del tutto sano che si cura con prodotti naturali e non fa uso di medicine, non prende altri prodotti farmaceutici per aumentare le proprie prestazioni. Allora noi dobbiamo fare attenzione e proteggere i nostri fratelli che vivono dentro le comunità e non nelle città ed hanno un regime alimentare differente, una cultura differente. Inoltre i nostri giochi sono “verdi” nel senso che differentemente dagli altri non premiano solo il primo classificato, perché pensiamo che se non ci fosse il secondo, il primo non avrebbe nessun valore e così via, quindi i nostri giochi sono differenti anche per questi contenuti.

Fonte: paolo carlucci\aise

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