Jesús Urzagasti: Incontro a Roma con lo scrittore boliviano che rende visibile l’invisibile — Lombardi nel Mondo

Jesús Urzagasti: Incontro a Roma con lo scrittore boliviano che rende visibile l’invisibile

La mia donna aveva i capelli così lunghi/che sembrava una provincia vegetale. Mi mujer tenía cabellos tan largos/que parecía una provincia vegetal. Sono le parole di uno tra i più importanti scrittori boliviani viventi: Jesús Urzagasti, un settantenne dallo sguardo penetrante sotto le sopracciglia arruffate. Di Flavia Trupia

Oggi vive a La Paz, ma è nato e cresciuto nel Gran Chago, regione a Sud della Bolivia.

Il romanziere, poeta e giornalista in questi giorni è in Italia per presentare due libri usciti nel nostro Paese: la raccolta di poesie “L’albero della tribù” (edizioni Il Ponte del Sale, traduzione a fronte di Claudio Cinti e Silvia Raccampo). Lo incontro nella sede romana dell’Istituto Italo Latino Americano nel cuore dei Parioli. Lo trovo seduto su un divano di pelle nera, accanto alla giovane moglie Sulma Montero, anche lei poetessa, e al suo editore e traduttore italiano Claudio Cinti.

“L’albero della tribù” raccoglie poesie scritte nel corso di una vita il cui filo conduttore è la natura che si fonde con l’elemento umano: […] albero sonoro/così ti ho trovato/tramutato in donna/albero canoro/sono sopra di te. […] árbol sonoro/así te encontré/convertido en mujer/árbol canoro/encima estoy yo.

D. Un tema molto presente nelle sue poesie è la natura. Da dove nasce questa fissazione?

R. Sono figlio della natura. Sono cresciuto in mezzo ad alberi e animali.

D. Nella introduzione di “L’albero della tribù” cita Giacomo Leopardi. Da quale opera in particolare ha tratto ispirazione?

R. Da “L’Infinito”. Anche se un poeta conosce poco il lavoro di Leopardi, già solo leggendo “L’Infinito” può ritenersi contento.

D. Ho trovato affinità tra il suo lavoro e il sentimento panico di Gabriele D’Annunzio, un altro grande poeta italiano. Lo conosce?

R. Sì, lo conosco. Ma soprattutto mi interessano i poeti italiani della contemporaneità come, ad esempio, Eugenio Montale. Conosco anche Giuseppe Ungaretti, Cesare Pavese, Italo Calvino.

D. Mi riferivo a D’Annunzio perché in alcune tra le sue poesie la natura ha una grande importanza ed è compenetrata dall’elemento umano.

R. È probabile che sia così, ma io sono figlio di una tradizione latino americana. I miei riferimenti sono César Vallejo, Horacio Quiroga, Juan Rulfo.

D. Lei è un narratore e un poeta. È più difficile scrivere romanzi o poesie?

R. La vera difficoltà è la gestazione di un “grande stile”. Non dico di possedere il “grande stile”, ma posso dire di avere le stesse difficoltà nello scrivere sia la narrativa che la poesia. Ma provo, allo stesso tempo, anche la felicità di cimentarmi in entrambi i generi.

D. Che cos’è il “grande stile”?

R. Il “grande stile” è rendere visibile tutto quello che è invisibile al resto del mondo.

D. E qual è lo strumento dello scrittore per rendere visibile l’invisibile?

R. La respirazione.

D. Cosa intende dire?

R. La vita ci insegna a respirare ciò che è esterno e a restituirlo a ciò da cui proviene. Chi vuole trattenere ciò che appartiene a tutti muore.

D. Anche io respiro ma produco solo anidride carbonica, non poesia…

R. È qualcosa che ha a che vedere con l’arte di camminare. Chi sa camminare sa che il mondo è pieno di colline e di valli. E quest’arte di camminare si riflette nel modo di camminare delle singole persone.

D. Qual è la sua arte del camminare?

R. La mia arte è camminare quando dormo.

D. Quando dorme veramente o quando immagina?

R. In entrambi i casi.

D. Parlando di cose meno poetiche, lei – da giornalista – cosa pensa della crisi economica che l’Italia sta attraversando?

R. Non sono un politologo ma per dirlo in una maniera molto semplice credo che il paese sconti, da un lato, l’accumulazione delle contraddizioni proprie del capitalismo e, dall’altro lato, l’egoismo dell’uomo che è arrivato all’estremo.

La cosa grave è che il modello europeo, che smetterà presto di essere un modello, rappresenta ancora un esempio in società molto conservatrici fuori dall’Europa.

D. Il modello europeo è un esempio anche per la Bolivia?

R. No. Assolutamente no.

D. Cosa pensa di Evo Morales e del suo governo?

R. È un governo che, malgrado tutte le difficoltà, ha cambiato sostanzialmente il Paese. Ha corretto il futuro del Paese.

D. Posso farle una domanda leggera?

R. Mi piacciano le domande leggere.

D. Qual è il piatto italiano che più le piace e che trova quasi poetico?

R. Quello che ho mangiato oggi. La gricia.

Urzagasti guarda il suo editore soddisfatto. È lui che gli ha fatto assaggiare questa specialità della cucina romana.

 

Fonte: (flavia trupia/aise)

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