Proposta: un “ISO” per le ONG che operano nelle Favelas — Lombardi nel Mondo

Proposta: un “ISO” per le ONG che operano nelle Favelas

Elargire tali aiuti economici esclusivamente a Ong che dimostrino di operare in aree non dominate dal narcotraffico per evitare problemi, il più grave, quello della convivenza tra Ong e narcotrafficanti (Prima parte)

Rio de Janeiro, 2 febbraio 2009 al telegiornale viene diffusa la notizia secondo la quale 200 tonnellate di donativi custoditi dalla Protezione Civile (facente parte del corpo dei Vigili del Fuoco) sono stati inceneriti per ordine dell comandante della caserma.

 

Abiti e beni di prima necessità destinati ai soppravvissuti degli allagamenti che colpirono gli stati di Santa Catarina, Espirito Santo ed il Nord-est del Brasile sono stati inceneriti con la scusante della mancanza di spazi idonei a conservare i donativi.

 

L’indecoroso comportamento dei militari della Protezione Civile del Quartiere di San Cristoforo in Rio de Janeiro  ha scioccato l’opinione pubblica “offendendo”, stando alle parole di una intervistata dalla televisione locale, “chi si è privato di qualcosa da offrire ai sopravvissuti e chi sta aspettando le generose donazioni dei carioca”.

Purtroppo il fenomeno non è isolato, circa due mesi addietro le telecamere di un circuito di vigilanza di un hangar nello Stato di Santa Catarina hanno ripreso dei volontari di ongs e militari depredare abiti ed alimenti destinati alle comunità colpite dal cataclisma.

Festival del cinema  di Berlino, il film brasiliano Tropa de Elite, sull’operato della polizia speciale di Rio de Janeiro, il BOPE, nelle favelas, vince il primo premio.

La cruda pellicola dell’abile e controverso regista Josè Padilha mostra il legame tra una ong ed i narcotrafficanti che dominano la favela dove la ONG opera, suggerendo una analisi più profonda del problema.

Da informazioni fornite da esponenti della Polizia Civile dello Stato di Rio de Janeiro un certo numero di ongs è connivente con il crimine organizzato perchè per operare in aree dominiate dalla malavita organizzata si devono accettare regole dettate dagli stessi narcotrafficanti, senza citare il fatto che il lavoro sociale realmente offerto dalle ongs viene usato come strumento di propaganda da trafficanti che fanno passare alla popolazione il messaggio secondo il quale le ongs operano con la protezione del narcotraffico.

Precedenti sulla poca trasparenza di organizzazioni del settore noprofit sono ampiamente presenti anche in Italia, molti lettori ricorderanno l’esempio del progetto Arcobaleno ai tempi della missione di pace (termine con il quale oggi vengono chiamate le guerre) in Albania, lo scandalo servì a migliorare la legislazione in materia di settore noprofit, ma il lavoro da farsi è ancora molto sopratutto sulla fiscalizzazione di come viene applicato il grande capitale dei Progetti do Collaborazione allo Sviluppo che interessano particolarmente le ongs europee e dei paesi dove questi contributi sono applicati.

All’origine di tutto dovrebbe stare lo spirito di carità di chi opera nelle ongs assistendo le fasce più deboli della popolazione, si eviterebbero casi simili a quelli descritti all’inizio dell’articolo, ma purtroppo spesso non è così, molti fanno del noprofit un “siprofit” e spesso addirittura un “moltoprofit” compromettendo l’immagine generale di molte associazioni di volontariato che lavorano seriamente, rinunciando al proprio tempo libero e spesso affrontando una vita di sacrifici e rischi.

 

Tornando alle Favelas brasiliane, nello specifico mi riferisco a quelle di Rio de Janeiro che conosco molto bene, va sottolineato che il lavoro di molte ONG é divenuto indispensabile, in posti dove lo Stato é assente, dove non esistono servizi sociali di primissima necessità le ONGS svolgono una serie di servizi sociali a beneficio della fascia più debole della popolazione.

Quello che bisogna evitare e che si instaurino tra gli operatori delle ONG e settori viziati della società o addirittura tra gli operatori ed i narcotrafficanti dei legami di difficile dissoluzione ed in questo caso nulla é migliore della presenza dello Stato a garanzia del rispetto della democrazia del diritto e per garantire che i volontari delle molte ONG lavorino con serietà e amore senza esser costretti a pagare il pizzo al narcotraffico.

Come garantire questo? Come controllare un mondo, come quello del noprofit, che sembra studiato apposta per esser poco controllabile?

Nello specifico di ONG che operano nelle Favelas brasiliane con contributi del Progetti di Collaborazione allo Sviluppo, ossia con danaro del contribuente Europeo, Italiano, Lombardo, ritengo che SI DEBBANO ELARGIRE TALI AIUTI ECONOMICI ESCLUSIVAMENTE ALLe ONG CHE DIMOSTRINO DI OPERARE IN AREE NON DOMINATE DAL NARCOTRAFFICO per evitare appunto almeno uno dei problemi sopracitati, il più grave, quello della connivenza tra ONG e narcotrafficanti.

Una sorta di “ISO” potrebbe esser dato alle ONG per provare che stanno operando in aree libere, non dominate dalle fazioni criminose, un “ISO” concesso dalla Segreteria di Pubblica Sicurezza che potrebbe esser tra i requisiti richiesti alle ONG per accedere ai fondi stanziati attraverso i Progetti di Collaborazione allo Sviluppo.

Due importanti favelas della città di Rio de Janeiro sono state ultimamente liberate dal narcotraffico: Il Morro di Nona Marta e la Cidade de Deus. In queste due aree lo Stato é presente e le ONG operanti con fondi dei Progetti di Collaborazione allo Sviluppo potranno lavorare con serietà ed in stretta collaborazione con il potere pubblico locale e rassicurare i contribuenti europei che non venga impiegato danaro pubblico per alimentare il traffico di armi e droga che impera nella quasi totalità delle favelas brasiliane.

 

Nella seconda parte:

Reportage alla Favela Morro de Dona Marta

Opinione della Segreteria di Pubblica Sicurezza dello Stato di Rio de Janeiro sulla presente proposta.

 

Fonti:

Quotidiano “O Globo”/ Jornal Nacional / Testimonianze della Policia Civil di Rio de Janeiro

 

Di Marco Stella

Collaboratore Portale Lombardi nel Mondo

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