Costruire (in) un paese nuovo — Lombardi nel Mondo

Costruire (in) un paese nuovo

Nel campo della costruzione in Argentina, gli immigranti italiani sembrarono avere un particolare protagonismo: progettisti, architetti, ingenieri, muratori, disegnatori, mano d’opera specializzata. La storia dell’ingeniere Luigi Astori, di Melzo. Di María Paula Barbetti, corrispondente da Buenos Aires

Nel campo della costruzione in Argentina, gli immigranti italiani sembrarono avere un particolare protagonismo: progettisti, architetti, ingenieri, muratori, disegnatori, mano d’opera specializzata.

 

 

Anche chi non aveva una laurea o non poteva andare all’Universitá una volta arrivato in terra americana, lavorava prima o poi in qualche attivitá relazionata. Però bisogna datare questo fenomeno per non pensare che le diverse onde migratorie hanno trovato la stessa situazione, e per non essere assolutisti nella riflessione. Lo sviluppo della cittá di Buenos Aires, dopo il 1850, determinò la necessità di lavorare sia sull’urbanistica che sull’architettura nel campo dell’opera pubblica. Cosí come son nate e si son siviluppate altre industrie, la costuttrice significò un campo di investigazione, lavoro assicurato, immaginazione e possibilitá di realizzazione che in Italia era difficile trovare. L’Argentina era un piano da disegnare e la costruzione di una identitá popolare fu accompagnata dalla possibilitá di costruire case, strade e infine edifici pubblici. Un privilegio.

 

Cosí fu che la Casa Rosada, il Teatro Colón e il Congreso, portano il segno di progettisti  e lavoratori italiani; e si arrivó a tutta l’Argentina, sopratutto in cittá come Cordoba, dove oltre alla facoltá di architettura, si possono vedere nelle case di famiglia elementi di ornamentazione e di architettura greco romana: colonne ioniche, la traveazione, l’arco; e anche un accostamento al disegno rinascimentale.

 

Questa situazione di opportunitá, e l´uso di questa estetica architettonica fece sí che in tutta Italia si spargesse la voce che in Argentina -paese ricco e con molte opportunitá- ci fossero possibilitá di lavoro o attivitá per tutti coloro che lavoravano o operavano in questo campo.

 

Ma anche se tentati dalle opportunitá, la migrazione dei lavoratori italiani di questo settore fu variabile secondo le condizioni di vita in Italia. Uno dei periodi di grande fervore fu la Seconda Guerra Mondiale. L’Italia aveva perso la guerra, la popolazione aveva sofferto molto, e i Consolati stranieri, soprattutto quello dell’Argentina si riempí di lavoratori cercando una vita migliore in un’altro paese. La costruzione allora fu quella possibilitá postergata da coloro che sapevano come costruire un paese, venendo da un paese quasi distrutto.

 

Una storia di mattoni immigranti

 

A partire dal 1946 cominció un interesse maggiore che portó molte famiglie in Argentina. L’ingeniere Luigi Astori, di Melzo, era rimasto vedovo e con cinque figli di giovane etá, tra i 10 e 16 anni. Arrivó a Buenos Aires nel 1948 con quello che gli era rimasto dopo la guerra: un piccolo gruzzolo che gli permettesse cominciare una nuova attivitá. In Italia, Luigi si dedicava maggiormente alle costruzioni agricole: come stalle, silos, o cappannoni per il deposito sia della terra come per gli utensili. Tutta questa esperienza gli servirebbe per trovare nuovi orizzonti in una terra che prometteva avere una prolifica agricoltura e allevamento di bestiame. Cosí fu che, dalle periferie della cittá, dove trovó posto per vivere con i suoi figli, investí in due chalet: uno per lavorare e l’altro come dimora della famiglia.

 

Investigando nell’area della costruzione che cosa accadeva in Argentina, trovó che si usava gia una tipologia tipica italiana creata dall’R.D.B. di Piacenza -un organizzazione che fabbricava pezzi piu grandi dei comuni in laterizzio e travi prefabbricati per aperture piu grandi- con prodotti in laterizzio che semplificavano il lavoro della costruzione e facilitavano la mano d’opera. Allora Astori pensó di costruire le pareti con forattini in laterizzio, e per il tetto, una tipologia chiamata SAP –un pezzo di laterizzio con il quale si potevano fabbricare travetti, eliminando praticamente qualsiasi tipo di sostegno- . Pero a Buenos Aires non c’erano fabbriche di questo tipo: le fabbriche di laterizzio fabbricavano solo tegole spagnole. Chiedendo a molti compaesani che lavoravano nella costruzione venne a sapere che questi elementi si fabbricavano nel nord dell’Argentina, perchè la materia prima che serviva per la cottura di questi pezzi ceramici era fondamentalmente l’argilla che nè a Buenos Aires nè nella Pampa esisteva, mentre si trova abbondantemente nella precordigliera e al Nord dell’asse Cordoba-Mendoza.

 

Comprare camion con questa materia prima per fare le tipologie usate in Italia, era la soluzione apparente non solo per sopravvivere ma anche per un possibile progresso personale e famigliare.

 

Però furono le condizioni politiche del nuovo paese ció che sorprese a Luigi Astori. Durante gli anni 1952 al 1955, il governo del Generale Peròn dedicó con un grande sforzo economico e organizzativo per lanciare un piano di case popolari chiamato “Plan Eva Peròn” che migliorerebbe le condizioni di vita dei lavoratori. L’applicazione di questi prodotti tipici Italiani troverebbe lí un immediato e favorevole successo per l’uso. E fu per questo che Astori decise di cominciare a costruire le casette con gli elementi raccolti al momento. Sapere fare le diverse tipologie di mattoni e sapere che la materia prima si poteva portare dalle fabbriche del nord del paese e che la vendevano anche a basso prezzo. Gli operai incaricati della fabbricazione: i suoi tre figli maggiori. Giuseppe, Piero e Luigi si adattarono a questa circostanza.

 

Anni dopo, uno dei figli maggiori riuscì ad avere una delle fabbriche piú prolifiche di cemento armato prefabbricato in Argentina, e i figli piú piccoli –ormai tornati in Italia- si dedicarono all’architettura e al disegno industriale. Sia in America come in Italia, la comunicazione e l’arricchimento mutuo di conoscenze sulla costruzione continua fino ad’oggi. E tutto, grazie ad un mattone.

 

María Paula Barbetti

Corrispondenti Lombardi in America Latina, Buenos Aires, Argentina

pbarbetti@gmail.com

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