Mega progetti e miniere in America Latina: se il progresso è un miraggio — Lombardi nel Mondo

Mega progetti e miniere in America Latina: se il progresso è un miraggio

La Alumbrera, un’impresa controllata dal gigante svizzero Xstrata. Sono solo gli ultimi episodi in cui dal basso si cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica affinché i governanti la smettano di fare accordi con le multinazionali in nome dello sviluppo e del progresso del paese. Accordi che prevedono lo sfruttamento del territorio con numerose conseguenze
Mega progetti e miniere in America Latina: se il progresso è un miraggio

La miniera di Alumbrera – Foto: noalamina.org

Il 2012 in Argentina è cominciato con la resistenza della popolazione locale ai mega progetti minerari. La città di Famatina minacciata da un nuovo contratto di esplorazione tra il governo de la Rioja e la società canadese Osisko Mining Co, ma anche i blocchi stradali in diversi punti della “ruta minera” nella provincia di Catamarca, dove la popolazione si è mobilitata per impedire l’ingresso dei camion carichi di materiale tossico per la miniera La Alumbrera, un’impresa controllata dal gigante svizzero Xstrata. Sono solo gli ultimi episodi in cui dal basso si cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica affinché i governanti la smettano di fare accordi con le multinazionali in nome dello sviluppo e del progresso del paese. Accordi che prevedono lo sfruttamento del territorio con numerose conseguenze negative sia per quanto riguarda l’equilibrio idrogeologico sella zona sia per quanto riguarda l’inquinamento e la contaminazione, non solo dei terreni ma anche delle falde acquifere.

Un modello, quello estrattivo, che neppure i numerosi governi di matrice progressista al potere in America Latina oggi hanno ancora saputo affrontare in maniera alternativa. L’unica differenza rispetto al passato è che molto spesso i governi locali fanno parte delle joint venture multinazionali, con qualche entrata in più rispetto alle semplici royalties del passato. Ma per gli ambientalisti e i cittadini sensibili e preoccupati del loro territorio questo non è sufficiente. Il diritto alla salute e a godere di un ambiente sano circostante non è barattabile.

L’ultimo caso è proprio quello della miniera di rame e oro La Alumbrera, nella provincia di Catamarca nel nordest argentino. La sua presenza è una costante minaccia per la vita dei cittadini. Il procuratore generale delle province di Tucumán, Santiago del Estero e Catamarca, Antonio Gómez ha dichiarato che La Alumbrera ha tre cause ancora pendenti per delitti ambientali in tutte e tre le province. La più vecchia risale al 1998 quando la Camera Federale processò Julián Rooney, vicepresidente dell’azienda, per aver sottratto abusivamente le risorse idriche dalla diga El Frontal e aver causato il prosciugamento del bacino acquifero. Il procuratore ha anche messo in evidenza varie indagini che hanno dato come risultato altissimi tassi di inquinamento, “la prova è evidente” ha commentato Gomez. Ancora però non si è concretizzata nessuna condanna, nonostante siano stati presentate varie denunce per i ritardi, motivo per cui ci si è rivolti anche alla Commissione Interamericana per i Diritti Umani.

La Alumbrera, situata a poca distanza dalla città di Andalgalà, è composta da due gruppi, uno privato e uno pubblico. Quest’ultimo, denominato Yacimientos Mineros de Agua de Dionisio (YMAD), a sua volta composto dal governo di Catamarca, l’Università nazionale di Tucumán e dal governo nazionale. Nel sito web della società si afferma che i diritti minerari di esplorazione e sfruttamento appartengono a YMAD. É il nuovo modello di impresa mineraria in uso nel paese del Cono Sur ma non solo.

Nonostante il nuovo modello societario, in tutta l’America Latina lo sfruttamento di miniere da parte dalle grandi multinazionali stanno generando una nuova ondata di proteste. L’impennata dei prezzi delle materie prime – utili per produrre tutti gli strumenti tecnologici di ultima generazione – sta provocando secondo molti analisti con prospettiva altermondialista un nuovo colonialismo. Vaste zone di Africa, Asia e America Latina riforniscono stavolta i nuovi paesi produttori di beni di consumo, Cina e India in primis.

Il tutto con metodologie affatto sostenibili. Gli impatti dello sfruttamento minerario sono fortissimi, non ultimo l’uso di sostante tossiche come il cianuro, contro il quale è in atto una campagna per chiedere che se ne proibisca l’utilizzo. E nonostante questo veleno sia un grave problema, non è l’unico e neppure il più grave. Secondo Horacio Machado Aráoz – professore de la Universidad Nacional de Catamarca e ricercatore del Clacso (Consejo Latinoamericano de Ciencias Sociales) –“il cianuro non è il problema principale”. Machado si riferisce ad altri effetti come le esplosioni, che distruggono montagne intere, creando voragini di km di diametro e centinaia di metri di profondità, rendendo sterile tutto il terreno circostante. Il processo di liscivazione con cianuro, o con mix di acidi lascino detriti nel terreno provocando danni alle coltivazioni locali e malattie ai contadini e agli abitanti della zona.

E nonostante quella di Catamarca, sia la provincia dove si sta sviluppando il più grande progetto minerario degli ultimi15 anni, continua ad essere una delle province più povere del paese. E la cosa che più preoccupa è come i governi che si dicono portatori di cambiamento, in realtà agiscano da supporto alle grandi multinazionali usando tutti gli strumenti repressivi in loro possesso e creandone anche degli altri per tenere a bada le proteste. Ultima in ordine cronologico in Argentina è la Legge Antiterrorismo che prevede misure repressive speciali. Mantenere l’ordine, favorire il progresso e combattere la povertà, queste le giustificazioni ufficiali ma chi si oppone a questo modello di sviluppo non ci sta, e di giorno in giorno aumentano i contadini, gli indigeni, le assemblee cittadine, i movimenti studenteschi e di lavoratori che dicono no a questo modello. “Fortunatamente abbiamo delle alternative – afferma Machado Aráoz, non dobbiamo rassegnarci, e più che creare “vie alternative di sviluppo” abbiamo bisogno di creare “vie alternative allo sviluppo”.

Di Elvira Corona (autrice di Lavorare senza padroni)

Fonte: Unimondo

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