Per ricordare gli internati italiani in Canada — Lombardi nel Mondo

Per ricordare gli internati italiani in Canada

Un programma del governo di Ottawa prevede il riconoscimento delle ingiustizie subite da molte comunità nazionali in Canada negli anni ’40, e in particolare da quella italiana, particolarmente nutrita

Dopo oltre 60 anni, la ferita ancora aperta nella memoria storica della comunità italo-canadese e risalente agli anni della seconda guerra mondiale, in cui molti emigrati italiani dovettero subire in Canada internamenti e discriminazioni, sta finalmente per essere rimarginata. I leader delle maggiori organizzazioni italo-canadesi hanno raggiunto, infatti, lunedì scorso, un accordo sulla stesura definitiva della proposta che dovranno presentare ad Ottawa e in cui porranno le proprie condizioni per l’accettazione delle scuse che lo stesso Governo federale ha più volte dimostrato di voler porgere.

 

“In realtà non si tratta di un vera e propria ammissione di colpa – afferma Nino Colavecchio, presidente del Congresso Nazionale degli italocanadesi e tra i promotori dell’iniziativa – in quanto, se così fosse, si aprirebbero le porte per le azioni legali di tutti coloro che volessero richiedere una giustizia penale nei confronti dei responsabili dei delitti di quegli anni. Piuttosto la volontà del governo è quella di riconoscere che nei ’40 vi furono alcune discriminazioni nei confronti di alcune comunità nazionali e che gli italiani furono una delle società più colpite”.

 

Un trauma, che “pur non avendo precluso agli italiani la possibilità e la riuscita d’integrazione nella società canadese, di cui oggi le seconde e terze generazioni dei vecchi emigrati rappresentano, anzi, una colonna portante – sostiene Carlo Consiglio, membro del CGIE, il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero -, rappresenta, ancor oggi, una piega negativa del processo di inserimento in America”.

 

Una cicatrice, creatasi il 13 giugno 1940, quando l’allora ministro della giustizia canadese Ernest Lapointe annunciò alla Camera dei Comuni la politica governativa nei confronti di coloro che, di nazionalità italiana o naturalizzati sudditi britannici dopo il 1° settembre 1929, avevano la colpa di provenire dal Paese del fascismo: prigionia in campi di concentramento per tutti i sospetti di aderire al partito di Mussolini dall’estero, sospensione dei diritti civili e regime di controllo e vigilanza per tutta la comunità italica.

 

“Vennero adottate decisioni aberranti, come quella di costringere tutti gli italiani a presentarsi ogni giorno presso il commissariato di zona e firmare registri di presenza – continua Consiglio, anch’egli uno dei più attivi nella mobilitazione sociale per un riconoscimento nazionale delle ingiustizie subite -, o come una totale arbitrarietà negli arresti”. Concessione che permise ai poliziotti canadesi, impegnati nella ricerca vana di membri dell’Ovra, la polizia segreta del fascismo italiano, di internare nel campo di Petawawa anche centinaia di innocenti, per un totale di circa 3.000 persone, e di sconvolgere la vita di centinaia di famiglie italiche.

 

La comunità italiana non fu l’unica a essere presa di mira dalle retate della polizia canadese ed, infatti, pure quella cinese, giapponese ed ucraina dovettero subire ingiustizie ed oppressioni durante lo stesso periodo. Ma al contrario del trattamento riservato agli originari dello Stato europeo, i discendenti di quelle asiatiche hanno ottenuto, in diverse occasioni, il riconoscimento ufficiale, da parte dei governi canadesi, delle discriminazioni subite ed hanno, parallelamente, ottenuto risarcimenti economici.

 

E proprio in relazione alle ferite inflitte a tutti i rappresentanti delle diverse nazionalità presenti nel territorio nordamericano negli anni ’40 è stato inaugurato mesi fa il programma governativo ACE, acronimo per “Acknowledge, Commemorate, Educate ” che prevede alcune misure per la cancellazione di eventuali rancori e per impedire che errori del passato possano ripetersi.

 

“Anche gli italici ottennero delle scuse, ma mai istituzionali – sottolinea Colavecchio -. Durante gli anni ’80, il primo ministro Martin Bryan Mulroney, infatti, chiese perdono per quanto sofferto dai vecchi emigrati, ma ciò avvenne durante una cena organizzata dalla comunità italiana di Toronto, e non è mai stato ribadito in Parlamento”. Ora finalmente, la mancanza potrà essere colmata e in tal senso hanno lavorato non solo Colavecchio, Consiglio e le istituzioni che rappresentano, ma anche l’Order of Sons of Italy of Canada, la Canadian Italian Business and Professional Association e la Fondazione comunitaria italocanadese di Montreal.

 

All’interno della proposta finale, di cui non è ancora noto al pubblico il contenuto, “in ogni caso – svela in parte Colavecchio – non hanno trovato spazio le richieste di rimborsi economici diretti alle tasche dei discendenti di coloro che subirono in prima persona i soprusi. Un risarcimento è un nostro legittimo diritto, ma verrà gestito da un’apposita Fondazione italo-canadese che investirà il denaro per il bene della comunità nel suo insieme”.

 

“Magari per dare luce ad un museo del ricordo, come fatto dai giapponesi – conclude Consiglio -: in questo modo potrebbero davvero essere rispettati i tre punti del progetto di Martin (Paul Martin, l’attuale premier, ndr ), e cioè Conoscere, Commemorare ed Educare”.

(da News Italia Press)

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