Italia e Brasile, strada in salita — Lombardi nel Mondo
Italia e Brasile, strada in salita
Il ministro dello Sviluppo, Industria e Commercio estero del Brasile, Luiz Fernando Furlan, ha recentemente avuto un incidente di percorso che lo ha infastidito non poco. I fatti risalgono a fine febbraio, quando Renello Parrini, assessor especial del ministro che era stato investito del prestigioso incarico nell’ottobre del 2004 con l’obiettivo di sviluppare ed intensificare i rapporti
commerciali ed economici fra Italia e Brasile, è caduto nel mirino degli inquirenti poiché coinvolto in vicende finanziarie poco chiare sull’asse Svizzera – Caraibi – Brasile. Per non danneggiare l’immagine del ministero e dello stesso Furlan che evidentemente aveva riposto in lui grande fiducia, Parrini ha rassegnato immediatamente le dimissioni dall’importante incarico, pur specificando che le accuse nei suoi confronti sono totalmente infondate.
La notizia ha avuto grande risonanza sui maggiori quotidiani nazionali e il ministro Furlan non ha voluto commentare in alcun modo la vicenda, apparendo comunque alquanto indispettito dal clamore suscitato dalla notizia. Non ci è dato di sapere perché Furlan abbia scelto Renello (più conosciuto come Renè) Parrini per ricoprire un ruolo così importante nel suo dicastero, essendo l’italiano pressoché sconosciuto nell’ambiente delle relazioni internazionali fra Italia e Brasile. E anche da San Paolo, dove comunque frequentava la Camera italobrasiliana, non si hanno notizie su iniziative particolari realizzate da Parrini in questi quattro mesi di attività al servizio del Ministero, a parte una visita a Venezia nei primi giorni di ottobre e una a Milano, assieme al ministro. Le uniche informazioni di un certo rilievo su di lui sono legate al mondo dell’arte e della cultura, avendo avuto un ruolo attivo nell’associazione “Brasil 500 Anos” e facendo parte del direttivo della Fondazione biennale di San Paolo.
Ancora una volta le relazioni fra Brasile e Italia sono ostacolate da avvenimenti di varia natura. Peccato, considerato che il Brasile potrebbe essere a buon diritto partner privilegiato dell’Italia ed essendo oltre trenta milioni gli oriundi italiani che vivono nel grande stato-continente sudamericano. Trenta milioni che indubbiamente pesano, considerato che fra questi vi sono 163 parlamentari che a Brasilia hanno addirittura costituito un gruppo parlamentare (il Grupo parlamentar Brasil – Italia), nonché la primeira dama Marisa Leticia Lula, alcuni ministri che presiedono dicasteri chiave (Furlan e Palocci fra tutti), governatori di stati, sindaci e una quantità impressionante di imprenditori di successo (basti fare i nomi di Biagi, Cutrale, Randon, Fontana).
Non c’è paese al mondo che possa competere con il Brasile quanto a italianità. Un’italianità che è risulta evidente, palpabile, riscontrabile anche dall’osservatore più distratto che si rechi in uno qualsiasi degli stati del cosiddetto «Brasile italiano», ovvero San Paolo, Espirito Santo, Paraná, Santa Catarina e Rio Grande do Sul. Eppure. Ma a parte qualche accordo, pure significativo, siglato da alcune Regioni italiane con il Governo federale brasiliano, tutto il potenziale che potrebbe scaturire dalle strette correlazioni fra i due Paesi – e non solo in campo imprenditoriale – è ancora tutto da scrivere, tutto da scoprire.
Quest`anno sarà invece la Francia a rendere omaggio al Brasile con una grande, coreografica kermesse che vivrà il momento clou nel mese di luglio, mentre in Italia i critici d’arte devono ancora scoprire chi sia un tale Cândido Portinari. Il presidente Azeglio Ciampi porta con sé, prima in Cina e poi in India, i vertici della Confindustria, ministri e centinaia di imprenditori italiani alla scoperta di nuovi mercati, ma sembra ignorare il Brasile italiano, pur considerato a livello internazionale il terzo polo dei paesi emergenti. Tutto questo accade soltanto perché a governare l`Italia c`è un esecutivo di centrodestra e il Brasile ha scelto un ex sindacalista a guidare il paese? Sarebbe veramente troppo sciocco, anche se si potrebbe sottolineare – non senza un pizzico di malizia – che i recenti accordi sopra citati con il governo brasiliano sono stati siglati da regioni italiane “rosse”.
Anche la scelta dell’ex presidente della Repubblica Itamar Franco come ambasciatore in Italia non è parsa la più appropriata e questo ha certamente ritardato il processo di valorizzazione reciproca fra i due paesi. Parimenti, il ruolo dei consolati onorari brasiliani in Italia (Bari, Bologna, Firenze, Venezia, Napoli e Palermo) non è avvertibile in termini di promozione degli interscambi economici e culturali. Sul versante italiano non si può non sottolineare come grandi aziende italiane quali Fiat e Telecom abbiano fatto affari d’oro in terra brasiliana in un 2004 che ha fatto segnare picchi assoluti nella produzione industriale e nel volume delle esportazioni. Segnali contrastanti, dunque. Da una parte un immenso paese che “parla italiano” paragonabile ad un grande aereo che è da troppo tempo sulla pista di decollo pronto per spiccare il volo. Dall’altra l’Italia che non scorge nella significativa presenza di oriundi italiani in Brasile un’opportunità per diventarne uno dei principali partner.
Anche sotto il profilo culturale, campo nel quale gli immigrati italiani si sono particolarmente distinti (Portinari, Bardi, Volpi), non si può certo dire che le cose vadano meglio. L’Istituto Brasile Italia (Ibrit) che opera in collaborazione con il Consolato di Milano corre il rischio di chiudere l’attività a causa del taglio dei fondi da Brasilia. A questo punto, una visita del presidente Inácio Lula nel Bel Paese sarebbe quanto mai auspicabile e potrebbe dare un fondamentale contributo all’intensificazione dei rapporti fra Italia e Brasile. E sarebbe auspicabile che Lula venisse in Italia a mostrare non solo il Brasile di `Fome zero` e gli innumerevoli progetti di cooperazione sociale in atto, ma anche e soprattutto il Brasile che produce ed esporta, che fa cultura. Il Brasile del futuro.
Luiz Fernando Furlan, il più “italiano” dei ministri di Lula, cresciuto in una famiglia dove l’utilizzo del dialetto veneto era pane quotidiano, alla terra delle sue origini ci aveva pensato. Aveva intelligentemente colto le grandi affinità fra i due Paesi conoscendo bene il mood degli italobrasiliani, che l’Italia ce l’hanno ancora stretta nel cuore. Ha solo scelto la persona sbagliata. Ma l’intuizione era giusta.
Paolo Meneghini
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