Italiani nel Mondo: chi sono, qual è la loro storia, cosa fanno oggi… — Lombardi nel Mondo

Italiani nel Mondo: chi sono, qual è la loro storia, cosa fanno oggi…

Breve analisi del fenomeno migratorio italiano. Germania, Svizzera, Francia e Argentina, i Paesi con il maggior numero di connazionali all’estero. Altre Italie, con cui dialogare e collaborare.

 

Fornire una stima degli italiani – o dei loro discendenti – che vivono all’estero, è cosa quanto mai ardua.

Se infatti il numero di coloro che possiedono la cittadinanza italiana sfiora i quattro milioni di individui (dato aggiornato al mese di ottobre 2000), molto più difficile è stabilire il numero di coloro che hanno acquisito la cittadinanza sul posto, e, soprattutto, stimare il numero degli oriundi. Se infatti, per quanto riguarda il numero dei cittadini italiani all’estero ci viene in soccorso l’AIRE, l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, gestita dal Ministero dell’Interno in collaborazione con i comuni, per quanto riguarda il numero degli oriundi si può solo ipotizzare una stima approssimativa, che potrebbe addirittura aggirarsi intorno ai 60 milioni di individui sparsi, in modo differenziato e disomogeneo, nei cinque continenti.

 

Se teniamo conto dei soli cittadini italiani, l’Europa è il continente che detiene il primato, con 2.236.562 individui;

subito dietro, l’America del Sud, con 1.136.348,

quindi il Nord America (343.042),

l’Oceania (131.260),

l’Africa (56.279) e l’Asia (21.882).

Germania, Svizzera e Francia – per quanto riguarda l’Europa – e Argentina – per quanto riguarda l’America – rappresentano i quattro Paesi che accolgono il maggior numero di nostri connazionali residenti all’estero: basti dire che, sommati, ospitano più della metà del totale dei cittadini italiani nel mondo.

 

Per quanto riguarda la provenienza regionale, più della metà degli Italiani nel mondo (quasi il 60% del totale) è originario delle regioni del Meridione ; in particolare, la più forte presenza di meridionali si registra in Europa – in particolare, in Germania e Belgio, dove predominanti sono i siciliani -, mentre, al contrario, in America Latina sono meglio rappresentate le regioni del Nord-Centro Italia: in Brasile, per esempio, quasi il 70% della popolazione è costituita da veneti, mentre in Cile fortissima è la presenza lombarda, e in Perù quella ligure.

E se in Australia il primo gruppo è quello calabrese, in Sud Africa la maggior parte dei cittadini italiani qui residenti provengono dal Friuli-Venezia Giulia. A metà si trova l’Argentina, dove le regioni del Nord-Centro Italia hanno all’incirca lo stesso peso di quelle meridionali.

 

Se si vuole situare cronologicamente il fenomeno migratorio italiano, si può dire che esso prende il via in maniera massiccia a partire dal 1861: data a partire dalla quale usciranno dai confini nazionali per cercare fortuna all’estero più di 24milioni di persone.

In particolare, tra il 1876 e il 1900, tre regioni italiane, da sole, fornirono il 47% dell’intero contingente migratorio:

il Veneto (17,9%), il Friuli Venezia Giulia (16,1%) e il Piemonte (12,5%).

 

Per molto tempo, gli Italiani emigrati furono oggetto di sfruttamento, oltre che di numerosi episodi di xenofobia : alcuni Paesi, come gli Stati  Uniti, promulgarono leggi che limitavano il numero degli immigrati ammessi annualmente, e molto spesso venivano tacciati come disonesti e mafiosi, e per questo oggetto di pestaggi, persecuzioni, omicidi.

Ma queste non sono state le uniche sofferenze che i nostri connazionali hanno dovuto subire: la Giornata del Sacrificio del Lavoro Italiano nel Mondo (8 agosto) è infatti stata istituita nel 2001 per ricordare le tante vittime italiane che hanno perso la vita in condizioni lavorative disagevoli, che venivano denunciate solo dopo che il dramma si era compiuto.

E’ questo il caso della tragedia di Marcinelle, in Belgio, dove l’8 agosto 1956, a causa del crollo della miniera di carbone Bois de Cazier, persero la vita 262 minatori, 136 dei quali Italiani;

ma è anche il caso – per citare solo due episodi fra i maggiori – di Monongah, nel West Virginia, dove, il 6 dicembre 1907, morirono 171 minatori italiani; o, ancora, di Mattmark, in Svizzera, dove una valanga costò la vita a 88 operai, 56 dei quali italiani, che stavano costruendo una diga nei pressi del ghiacciaio.

 

Oggi, però, gli Italiani, qualunque sia il loro Paese di residenza, sono inseriti a tutti i livelli della società: molti sono i business-men di successo, gli uomini (e le donne) di cultura, di spettacolo, del mondo dello sport, della politica. E proprio a questi sta guardando l’Italia per promuovere ancor meglio fuori dai confini nazionali la propria cultura, la propria economia, la propria immagine, insomma, il Made in Italy nella sua ricchezza e complessità.

Basti pensare alla recente nascita della Confederazione degli Imprenditori Italiani nel Mondo, ma anche alla costituzione del Comitato scientifico permanente degli scienziati italiani nel mondo. Il tutto, come sottolineato dal Ministro per gli Italiani nel Mondo, Mirko Tremaglia, con l’obiettivo di “facilitare gli interventi degli Italiani all’estero in Italia, sviluppare il processo di internazionalizzazione del nostro sistema, valorizzando il ruolo delle nostre comunità d’affari, costituire gli sportelli unici all’estero con funzioni di coordinamento”.

 

E, per far ciò, non si possono naturalmente trascurare le nostre “forze in campo”: 150 Uffici Commerciali delle Ambasciate, 69 Camere di Commercio italiane all’estero, 104 sedi ICE, 25 uffici Enit, le rappresentanze delle nostre Regioni, le Associazioni dell’Emigrazione, i Comites, il C.G.I.E. e le sedi della Società Dante Alighieri. Senza contare la forza rappresentata dai 386 Parlamentari di origine italiana nel mondo.

 

Da www.italplanet.it

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