Festa della Donna 2012: A Julija Tymoshenko il Nobel per la Pace — Lombardi nel Mondo
Festa della Donna 2012: A Julija Tymoshenko il Nobel per la Pace
Nell’8 Marzo di Julija Tymoshenko non ci saranno né mimose, né auguri da parte di marito e amici, e nemmeno spogliarelli. Solo il freddo della detenzione in isolamento in un carcere di periferia, e un forte mal di schiena che costringe la Leader dell’Opposizione Democratica ucraina a giacere sul letto della sua cella: dove è sorvegliata 24 ore su 24 per mezzo di una telecamera puntata dritto sulla sua figura.
Per questa e altre ragioni, un gruppo di letterati, scrittori, politici, giornalisti e comuni cittadini hanno raccolto adesioni per presentare la candidatura di Julija Tymoshenko al conferimento del Premio Nobel per la Pace. Depositata il 15 Febbraio, la nomination della Leader dell’Opposizione Democratica è stata confermata dal Comitato Organizzatore già il 26 Febbraio.
Tra le motivazioni a supporto della candidatura della Tymoshenko vi è “il suo ruolo attivo nella Rivoluzione Arancione del 2004, nella democratizzazione e nell’occidentalizzazione di un Paese appartenuto all’Unione Sovietica, e il riconoscimento della Leader dell’Opposizione Democratica come vittima di una vendetta politica da parte di un governo autoritario”.
La situazione di questa carismatica donna, nota in Occidente per la bionda treccia e per avere guidato in Ucraina nel 2004 il processo democratico passato alla storia come “Rivoluzione Arancione”, ha il sapore della beffa politica e, nel contempo, dell’amarezza legata al regresso della democrazia a Kyiv: sempre più evidente da quando al potere si è instaurato l’attuale Presidente, Viktor Janukovych.
Scesa in politica nel 1998 dopo un passato da top-manager alla guida del colosso energetico JEESU – su cui permangono ancora molte nubi – la Tymoshenko ha dapprima guidato le proteste contro l’ex-Presidente, Leonid Kuchma – accusato di avere favorito la corruzione, repressione del dissenso, e violenze su giornalisti indipendenti – poi, in seguito alla vittoria degli arancioni di Viktor Jushchenko alle elezioni presidenziali, dal 2005 ha guidato tre dei quattro governi democratici che si sono succeduti fino al 2010.
Da Primo Ministro, la carismatica Leader è riuscita a rafforzare le strutture della democrazia ucraina, garantire la libertà di stampa, sostenere le legittime ambizioni euro-atlantiche dell’Ucraina, tenere testa alle politiche imperialiste della Russia monopolista, e condurre una decisa lotta alla corruzione con lo slogan “Banditi in galera!”.
Il coraggio dimostrato alla guida del Paese – che ha costretto molti tra gli oligarchi dalla dubbia pulizia a fare i conti con la giustizia – è stato riconosciuto come la vera causa dell’arresto della Tymoshenko. La stessa Leader dell’Opposizione Democratica ha evidenziato come l’accanimento giudiziario sul suo conto non sia altro che una vendetta politica del Presidente Janukovych sulla sua principale rivale: una posizione su cui anche la Comunità Internazionale ha presto concordato.
L’arresto – seguito ad un processo celebrato al di fuori della regolarità – è stato criticato a più riprese da Unione Europea, Stati Uniti, ONU, OSCE, Amnesty International, ed altri enti internazionali indipendenti, i quali hanno invitato il Capo dello Stato ucraino ad arrestare un’ondata repressiva che, oltre alla Tymoshenko, ha portato all’arresto del suo ex-Ministro degli Interni, Jurij Lucenko, a processi politici a carico di un’altra decina di esponenti dell’Opposizione Democratica, e all’esilio politico in Repubblica Ceca sia dell’ex-Ministro dell’Economia, Bohdan Danylyshyn, che del marito dell’ex-Primo Ministro, Oleksandr Tymoshenko.
Dinnanzi alla mancata collaborazione di Janukovych, l’Unione Europea ha congelato la firma dell’Accordo di Associazione UE-Ucraina – documento storico con cui Bruxelles avrebbe riconosciuto a Kyiv lo status di partner privilegiato oggi goduto da Islanda, Svizzera e Norvegia – e la comunità occidentale ha isolato il Presidente ucraino durante i vertici internazionali di Davos e Monaco di Baviera.
Domenica, 4 Marzo, i Ministri degli Esteri dei cinque paesi UE più sensibili alle aspirazioni euroatlantiche dell’Ucraina – Polonia, Svezia, Gran Bretagna, Repubblica Ceca e Germania – sono stati autori di una lettera pubblicata sul New York Times in cui hanno individuato nella condotta autoritaria di Janukovych la causa unica del raffreddamento delle relazioni euro-ucraine.
Il giorno successivo, a criticare il regresso democratico in Ucraina sono stati i Paesi del quartetto di Vysegrad – Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, e Slovacchia – gli Stati Baltici – Lituania, Estonia e Lettonia – e la Danimarca Presidente di turno UE. Al termine di un summit dedicato all’Ucraina, Janukovych è stato invitato da una dichiarazione congiunta dei partecipanti al vertice a liberare la Tymoshenko e gli altri detenuti politici, e garantire loro la partecipazione a libere elezioni.
Oltre all’ambito politico, a mobilitarsi è stato anche il mondo della cultura. In un’intervista a Radio Liberty, mercoledì, 7 Marzo, il dissidente polacco Adam Michnik – uno degli esponenti più attivi di Solidarnosc: il sindacato libero polacco di opposizione al regime sovietico – ha ritenuto la condotta di Janukovych un errore che, presto o tardi, il Presidente ucraino pagherà a caro prezzo.
Se la Tymoshenko riuscirà à ad avere la meglio su altri 228 candidati al Nobel – tra cui l’ex-Presidente USA Bill Clinton, l’ex-Cancelliere tedesco, Helmut Kohl, il Presidente tunisino Monsif Marzouki, e la televisione araba Al-Jazeera – non è facile da preventivare, ma la consegna del Nobel per la Pace a una donna, che ancora nel 2012 è detenuta per ragioni politiche, ed è privata dell’assistenza medica necessaria – per altro in un Paese europeo per cultura e tradizioni come l’Ucraina – sarebbe un gesto di alta maturità democratica da parte della Comunità Internazionale.
Una paladina dell’indipendenza energetica europea vittima dell’autoritarismo post-sovietico
Per convincersi di questo, i membri della Commissione del Nobel – che in passato hanno consegnato il Premio con un po’ di leggerezza, come nel caso di Barack Obama: Presidente USA, premiato nel 2009 a soli pochi mesi dall’insediamento alla Casa Bianca – possono rifarsi non solo alle motivazioni espresse nella lettere a sostegno della candidatura, ma ai fatti reali che hanno portato all’arresto della Leader dell’Opposizione Democratica e, nel contempo, alla scrittura di una delle pagine più buie della storia ucraina.
La Tymoshenko è stata condannata a 7 anni di carcere in isolamento presso la colonia penale femminile Kachanivs’kyj di Kharkiv per avere firmato, nel Gennaio 2009, accordi energetici ritenuti onerosi onerosi per il bilancio statale. In realtà, dovendo porre rimedio al taglio delle forniture di gas operato dalla Russia per destabilizzare la sua leadership, l’ex-Primo Ministro è stata costretta ad accettare le condizioni contrattuali imposte da Mosca pur di garantire un inverno al caldo al suo Paese, mantenere il controllo di Kyiv sula rete dei gasdotti nazionali, e ripristinare l’afflusso di oro blu russo in Unione Europea.
Per questa motivazione, la Tymoshenko è stata imputata in un processo svoltosi in maniera palesemente irregolare, con la difesa sistematicamente privata dei propri diritti, la Leader dell’Opposizione Democratica detenuta in carcere già prima del verdetto, e prove a sostegno dell’accusa fabbricate ad hoc – addirittura datate il 31 di Aprile.
Dopo la condanna in Primo Grado – inflittale l’11 Ottobre 2011, poi confermata dalla Corte d’Appello il 24 Dicembre – alla Tymoshenko è stato sentenziato un secondo arresto preventivo perché ritenuta soggetto potenzialmente pericoloso per il prosieguo delle indagini in cui l’ex-Premier è imputata per evasione fiscale durante la presidenza della JEESU.
Quest’ultimo verdetto è stato sentenziato l’8 Dicembre, dopo un processo lampo celebrato nella cella della Leader dell’Opposizione Democratica: con giudice e Pubblica Accusa seduti attorno al letto in cui la Tymoshenko è stata – ed è ancora – costretta a giacere per via di un malessere trascurato di continuo dalle Autorità carcerarie.
Matteo Cazzulani
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