Annamaria Lelli: Sydney Amarcord… — Lombardi nel Mondo

Annamaria Lelli: Sydney Amarcord…

Credere nelle cose che non si vedono è di certo una delle prerogative di Annamaria Lelli, il Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura che in questi giorni sta per lasciare definitivamente Sydney e il suo incarico.

“Seconda stella a destra/ questo è il cammino,/ e poi dritto fino al mattino/ poi la strada la trovi da te,/ porta all’isola che non c’è”.

Credere nelle cose che non si vedono, un po’ come il Peter Pan cantato da Edoardo Bennato, è di certo una delle prerogative di Annamaria Lelli, il Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura che in questi giorni sta per lasciare definitivamente Sydney e il suo incarico. Ma a differenza del bambino che non voleva crescere mai, il diplomatico ha la straordinaria capacità di trasformare i sogni in realtà. Più simile alla fatina Trilly quindi, per 30 anni la piacentina plurilaureata (in Lingue e Letterature Straniere alla Bocconi e in Sociologia a Parma), ha gettato “polvere di stelle” su centinaia di artisti italiani, aiutandoli ad esibirsi in tutto il mondo. «Questo è vero –racconta in questa intervista, mentre sorride seduta al tavolo di un raffinato ristorante.- Quello che mi è sempre piaciuto, ancora prima di sapere dell’esistenza degli Istituti di Cultura, è di far succedere le cose. Era come quando andavo in giro a Piacenza per vedere se si poteva trovare un posto, una ragione per riunirci, oppure all’Università quando aiutavo l’Associazione spagnola a ricevere i relatori e i professori. Io non sono un topo da biblioteca o un accademico. La mia più grande soddisfazione è vedere che tutto funziona bene, che la persona invitata ha un grande successo: è una gioia enorme, questa per me. Ed era il lavoro che volevo».

Fine disegnatrice e appassionata collezionista di Smemorande, le agende-libro nate proprio 30 anni fa, Lelli è a un momento di svolta della sua vita, trascorsa tra l’Europa, l’America e l’Australia. E, inevitabilmente, è per lei tempo di bilanci. «L’idea della pensione mi terrorizza» ammette, ma ha già alcune idee sul “cosa fare dopo”: «Ci sono tante ipotesi, tra cui collaborare con alcune associazioni che si occupano di cinema, magari in veste di consulente a latere, oppure con organizzazioni di diverso tipo con cui posso pensare di fare qualcosa per Piacenza, perché era da quando avevo 18 anni che cercavo di creare in città un punto d’incontro e un’occasione per uscire di casa. Io non ho mai vissuto in casa, le mie case sono sempre state dei posti per dormire. Mia madre e mio fratello mi dicevano sempre: “Il terremoto non ti coglierà in casa!” Ed è vero, non ci sto mai. È molto più bello stare fuori in compagnia!»

La mancanza della casa e dell’Italia, quindi, non si è fatta sentire troppo in tutti questi anni che Lelli ha vissuto all’estero. «Non provo nostalgiagrazie al tipo di lavoro che faccio: l’Italia è sempre il mio punto di riferimento e sono all’estero non per rimanerci ma solo temporaneamente. Finchè ho avuto mia madre, lei era a casa a Piacenza e curava “le mie radici”, poi quando mi è venuta a mancare è stato un momento difficile perché non c’era più nessuno che “mi innaffiava”. Ma per fortuna contemporaneamente ho conosciuto l’uomo che poi è diventato mio marito e, anche se lui non era italiano, amava così tanto l’Italia che era come se il nostro comune punto di riferimento fosse sempre il Belpaese. L’Italia era lì, decidevo e tornavo. Ed era la sensazione migliore perché adesso che starò in Italia avrò una nostalgia terribile per tutti gli altri posti dove ho vissuto!» racconta.

Vivere in tre continenti ha una conseguenza inevitabile: la propria cerchia di amici è grande quanto il globo! «Le amicizie che ho stretto in questi anni sono state vitali per me: a Sydney, Zagabria, Londra e in America, ho condiviso la mia quotidianità con persone che mi sono state a fianco giorno per giorno e che sono i proprietari di una parte della mia vita. Non essendoci più mio marito, non posso ricordare con lui i periodi belli, e non c’è nessun altro con cui farlo, se non gli amici sparsi nei vari continenti. Mio fratello più grande, Gigi, che è sempre rimasto a Piacenza, ha un amico che frequenta da quando aveva 12 anni. Per 60 anni Gigi ha condiviso con lui esperienze di vita, e lui è la persona che lo conosce meglio al mondo. E siccome quest’amico è un medico, lo ha anche salvato, perché gli ha riconosciuto un tumore allo stadio iniziale, semplicemente vedendolo diverso dal solito e spingendolo a fare degli accertamenti. Io non avrò la bellezza di un’amicizia così, però ho tantissimi cari amici all’estero e la voglia di tornare a visitarli mi spinge a continuare a girare il mondo».

Ma mettendo sulla bilancia i pro e i contro di una carriera così impegnativa, le soddisfazioni superano di gran lunga i sacrifici: «Ho sempre lavorato con colleghi disponibili con cui, a distanza di anni, ancora chiacchiero ancora su Skype. È facile mantenere buoni rapporti, perché siamo in pochi e facciamo un bel lavoro. Anche se ogni tanto ci sono delle difficoltà, pazienza, perché il lavoro stesso ti dà gioia e ti mette a contatto con persone che mai ti potresti immaginare e le persone di questo tipo sono così interessanti che ti arricchiscono» chiarisce Lelli, che, dopo aver fatto una carrellata dei nomi illustri con cui ha collaborato, preferisce iniziare parlando di Dario Fo: «Da quando ha iniziato a recitare a teatro con La comune io sono sempre stata una delle sue più grandi fan. Quello che mi piaceva di più dei suoi spettacoli, non era tanto la parte che recitava di Mistero buffo o di Morte Accidentale di un anarchico, ma quello che precedeva: infatti lui per mezz’ora parlava della situazione attuale e poi diceva sempre “Adesso, adesso cominciamo” e intanto andava avanti e avanti!». La prima volta che Lelli e Fo si sono incontrati è stato quando nel 1979 l’allora addetta all’Istituto Italiano di Zagabria lo ha invitato a partecipare a uno spettacolo di un regista croato che metteva in scena proprio Morte accidentale di un anarchico. «Al telefono gli dissi che lo sarei andato a prendere alla stazione dei treni di Trieste e che mi avrebbe riconosciuto perché ero “piuttosto tonda”, –ricorda –ho ancora davanti agli occhi il momento in cui l’ho visto scendere dal treno, con quei suoi dentoni e il berretto calato, e la prima cosa che mi ha detto è stato: “Ma perché dici di essere grassa?” Il mio cuore si è fermato!». Da lì, sono partiti in auto in direzione Zagabria dove la sera stessa ci sarebbe stato lo spettacolo. «A un certo punto il traffico era fermo. Dario mi disse: “Ti metti sulla sinistra e li superi tutti!”. Io gli ho che non potevo e lui mi rispose: “Certo che puoi!”. Così mi sono messa a sinistra e li ho superati tutti, per chilometri. Siamo arrivati all’ingorgo proprio nel momento in cui riaprivano la strada! Così siamo arrivati in tempo a teatro. È stato una settimana a Zagabria e ha fatto anche Mistero buffo: prima dello spettacolo gli avevo chiesto di non fare il pezzo delle tigri per i riferimenti contro il partito comunista visto che c’era ancora Tito, e invece quella è stata la prima cosa che ha fatto! È stata un’esperienza divertentissima: la gente a distanza di 20 anni se lo ricorda ancora. Poi l’ho riportato indietro in Italia, e nel lungo tragitto mi ha raccontato la sua educazione sentimentale da quando aveva 6 anni!»

Sempre a Zagabria Lelli ha invitato con successo anche Eduardo di Filippo. «È venuto perchè sempre lo stesso regista che aveva messo in scena Fo aveva fatto anche uno spettacolo di De Filippo. Io ho fatto la solita telefonata e lui ha accettato! L’Istituto si era appena trasferito da una piccola sede a un posto più bello dov’è ancora adesso e lo abbiamo inaugurato con De Filippo. Ricordo di essermi fermata a parlare con lui di Sabato, Domenica e Lunedì, e in quel frangente mi disse: “Io non capisco, molta gente si inginocchia davanti a tante cose. Ma perché non inginocchiarsi davanti all’amore?”. Detto da lui, che tutti descrivevano come una persona terribile…».

Di eventi da ricordare, però, Lelli ne ha organizzati tanti anche di recente qui a Sydney, a cominciare dalla passata Biennale, a cui hanno partecipato un numero record di artisti contemporanei italiani e il noto critico d’arte Achille Bonito Oliva. Sono stati in Australia su suo invito anche, tra gli altri, lo scrittore Valerio Massimo Manfredi, Beppe Severgnini e Alessandro Piperno, mentre hanno declinato all’ultimo minuto Stefano Benni e Michela Agus, tra i finalisti al Premio Strega 2007. «Sono stata felicissima però di aver avuto qui Silvio Soldini e Alessandro Gassman, il più bello del mondo! –mette in chiaro- Io adoravo suo padre. Me lo ricordo, quando studiavo alla Bocconi e lui faceva dei matinè in un cinema vicino all’università assieme ad Achille Millo. Era il periodo in cui lui faceva Shakespeare, non era ancora diventato famoso con le parti comiche, tipo I soliti ignoti. E leggeva poesia, con una tuta addosso, molto informale. Ho ancora il mio libro di letteratura inglese con il suo autografo. E lui aveva un fascino incredibile, ma suo figlio è ancora più bello ed è una persona estremamente amabile, semplice. Mi ha veramente conquistata».

Annamaria Lelli lascia a Sydney due importanti eredità: intanto un Istituto completamente rinnovato, con pareti e porte a vetro per permettere a tutti di godersi la splendida vista sulla Baia, poi la possibilità di votare ancora una volta per il prestigioso premio letterario italiano Strega, come spiega lei stessa: «Sono riuscita a ottenere dalla fondazione Bellonci che anche quest’anno si possa votare da qui. Ai lettori volontari verranno date copie dei dieci libri finalisti. L’11 giugno si terrà una prima discussione in cui verranno selezionati solo cinque libri e il 2 luglio ci sarà un secondo incontro in cui il comitato di Sydney deciderà il libro migliore. Dall’Italia io riceverò la scheda e la porterò a Roma» spiega.

Esperta in promozione della cultura italiana all’estero, Lelli ha confermato che il problema dell’Australia, anche rispetto all’America, è soprattutto la lontananza: «La distanza qui si sente molto e non solo per chi organizza, ma anche per gli artisti che devono fare i conti col fatto che non possono star via quattro giorni ma devono starne via almeno 10, quindi la loro disponibilità per viaggi così lontani non è scontata. Negli USA è più facile: tutti vogliono andare a San Francisco e Los Angeles, mentre a Chicago poche persone volevano venire, mentre a Washington venivano solo se facevano tappa a New York. In Australia, invece, devono proprio venire fin qua! Per fortuna abbiamo un buon coordinamento tra gli Istituti di Cultura di Singapore, Giacarta, Melbourne e Sydney e in genere cerchiamo di far circolare gli artisti in quest’area».

Anche la composizione della comunità italiana in Australia è diversa da quella dell’America, infatti negli USA è più antica e varia maggiormente da città a città. Una caratteristica accomuna i connazionali nelle due aree geografiche però: il campanilismo regionale: «C’è anche in America ed è terribile! Mi ricordo un concerto dei Pooh, dove i pugliesi e i calabresi se le sono suonate di santa ragione per un posto!»

A prendere il posto di Annamaria Lelli saranno ben due persone, la Direttrice Alessandra Bertini Malgarini e l’Addetto Angelo Gioè, un segno, questo, che le potenzialità dell’Istituto di Sydney negli ultimi anni due sono cresciute notevolmente. E se è vero che il successo di una persona si misura anche dall’opinione che hanno di lei i suoi più stretti collaboratori, allora si può affermare che Annamaria Lelli ha lasciato una traccia indelebile nella storia dell’Istituto di Sydney.

«Annamaria è stata molto più di un capo. Era una persona leale, vera, con cui si poteva ridere e scherzare. Personalmente è riuscita a tirare fuori le mie qualità migliori e mi ha spinta a concentrarmi su quelle. Mi rendeva la vita semplice, per me era un piacere venire in ufficio tutti i giorni. Ha creduto in me e di conseguenza anch’io sono riuscita a credere di più in me stessa» ricorda Annalisa Fezza.

«Annamaria è una persona di grande esperienza e umanità, una persona che mi ha fatto crescere sia a livello umano che professionale. Lavorare con lei è stata un’esperienza positiva, mi dispiace che vada via ma sono felice di averla conosciuta, di averla vista lavorare, aver visto il tipo di rapporto che è riuscita ad instaurare con noi. Malgrado il fatto che sapesse che nel giro di due anni sarebbe andata in pensione, ha sempre messo un entusiasmo incredibile in tutti gli eventi. È una persona a cui sicuramente il lavoro mancherà. Perché è una donna che le cose le fa per entusiasmo e per orgoglio del paese da cui viene» aggiunge Danilo Sidari.

Per 30 anni ha gettato “polvere di stelle” sui sogni di altri trasformandoli in realtà. Adesso Dindi, così la chiamava suo padre, dovrà prendersi cura dei propri.

“Seconda stella a destra/ questo è il cammino,/ e poi dritto fino al mattino/ non ti puoi sbagliare perché/ quella è l’isola che non c’è!/ E ti prendono in giro/ se continui a cercarla,/ ma non darti per vinto perché/ chi ci ha già rinunciato/ e ti ride alle spalle/ forse è ancora più pazzo di te!”

Franceperth – Il denaro messo a disposizione dal governo statale per la sanità del Western Australia non dovrebbe essere sottoposto ai “tagli di rendimento” imposti dall’esecutivo. Lo sostiene l’Associazione australiana dei medici che teme che la riduzione del tre per cento dei fondi per il pubblico impiego possa avere conseguenze negative sui servizi, nella fattispecie sanitari, offerti alla collettività.

Il presidente dell’AMA, il professore Gary Geelhoed sostiene che tutto il denaro dovrebbe essere usato per garantire servizi sanitari di prima necessità. “Se il governo consentirà il deterioramento degli standard sanitari per ridurre le spese, tradirà la fiducia della popolazione dello Stato a cui è stato promesso che i nostri ospedali pubblici sarebbero tornati alla piena efficienza” ha avvertito il professore.

“La gente è già pronta a fare i conti con un Budget che imporrà sacrifici a tutti, e per questo non deve avere un sistema sanitario pubblico scadente che ha causato problemi e sofferenze inutili per circa dieci anni” ha aggiunto il presidente dell’AMA. A stretto giro di posta la replica del premier Colin Barnett, secondo cui i fondi che sono stati tolti in seguito ai tagli alla sanità saranno ripristinati. “I tagli del tre per cento sono stati apportati per ridurre le spese nel nostro sistema sanitario – ha detto il premier -. Non si tratta di tenere quei soldi al sicuro in banca, ma di usarli per cose più importanti, come ad esempio la costruzione di un nuovo ospedale per i bambini, che è uno dei nostri impegni primari”.

Francesca Ori

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