Le Rimesse degli emigrati: fonte di riscossione? — Lombardi nel Mondo

Le Rimesse degli emigrati: fonte di riscossione?

L’emigrazione configura come un fenomeno complesso che attraversa tutta la storia dello stato italiano prima e dopo l’unità politica e territoriale della peninsola, a cura di Jorge Garrappa

Fu affrontato dal governo borbonico con norme restrittive atte a bloccare le ondate migratorie piuttosto che intervenire in maniera adeguata per risolvere le cause principali che provocavano quei processi migratori.

 

Negli anni immediatamente successivi all’unificazione, anche il Regno d’Italia assunse una posizione sostanzialmente repressiva.

Ciò nonostante, i flussi migratori si intensificarono e a nulla valsero le disposizioni restrittive dei governanti di destra o di sinistra.

La politica di Giovanni Giolitti (1896-1914) fu decisiva per lo sviluppo industriale ed economico del paese. Benchè il nord visse il suo decollo industriale, il Mezzogiorno invece si configurò come una colonia del capitalismo settentrionale.

Perciò nelle province meridionali l’incremento della disoccupazione accrebbe in modo esorbitante il fenomeno migratorio, a un punto tale che nel primo quindicennio del Novecento, l’esodo della popolazione agricola verso i paesi transoceanici raggiunse una portata senza precedenti.

 

Dai dati dell’Istat risulta che emigrarono in America circa 4.711.000 di italiani, di cui 3.374.000 provenivano dal Mezzogiorno.

La gran maggioranza riuscivano a risparmiare, ad accumulare e poi spedire l’aiuto economico alle loro famiglie in Italia.

 

Le rimesse degli emigrati ebbero una notevole importanza, in quanto venivano considerate una fonte preziosa di valuta pregiata ed elemento di ricchezza per le finanze dello stato.

Il problema principale era il ritardo della spedizione –dice Soldaini- a causa dei banchieri americani che volevano disporre del denaro trattenendolo il piu a lungo possibile per le loro speculazioni.

 

Dopo la candidatura di diversi banche per gestire direttamente il servizio dei risparmi degli emigrati, il Parlamento ritenne opportuno nominare il Banco di Napoli, assai diffuso soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia.

In Argentina, nel 1872, il corrispondente, fu il Banco de Italia y Rio de la Plata, fondato da Antonio Devoto e con sede a Buenos Aires, mentre l’Uruguay si avvalse, per il servizio rimesse degli emigrati, del Banco Italiano dell’Uruguay.

Più avanti si fondano altri istituti di credito in Argentina, come il Nuevo Banco Italiano nel 1887 e il Banco Popular Italiano nel 1898, poi assorbito nel 1926 dal Banco de Italia y Rio de la Plata.

 

Il 3 Novembre 1887, il Congresso argentino sancita la legge di Bancos Nacionales Garantidos con lo scopo di livellare la circolazione della moneta che aumentava, un problema per le emissioni locali delle varie provincie.

La Legge di Banche Garantite stabiliva che ogni banca era autorizzata ad emettere bonconote (nella foto sopra un emissione del 1888) a condizione di realizzare un deposito in oro al tesoro nazionale, per il quale riceveva “bonds” pubblici.

Con la creazione della Caja de Conversion (Cassa di Conversione) nel 1890 si unificarono queste emissioni.

Intanto, tutta una sorta d’immigranti italiani operavano i loro risparmi nelle banche di bandiera italiana e tramite esse spedivano ingenti somme alle famiglie e ai parenti bisognosi rimasti in Patria.

 

Solo tra il 1915 e il 1918 furono riscossi fondi per circa 1.000.000.000 di Lire per aiutare l’Italia a finanziare le spese della Grande Guerra.           

Comunque, la banca italiana all’estero, oltre al fruttifero negozio della tutela delle rimesse, serviva anche all’assistenza degli emigrati di oltremare nonchè allo sviluppo dei Paesi che avevano accolto i nostri connazionali.  

 

 

Jorge Garrappa Albani – Redazione Argentina

jgarrappa@hotmail.com – www.lombardinelmondo.org

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