L’italianità nel mondo non è un costo — Lombardi nel Mondo

L’italianità nel mondo non è un costo

La ragionevolezza, per il momento, ha avuto la meglio, ma il problema rimane. Quello pratico, e quello che è insieme politico e culturale. Il governo ha accettato di rinviare al prossimo anno la chiusura di un rilevante numero di consolati…

La ragionevolezza, per il momento, ha avuto la meglio, ma il problema rimane. Quello pratico, e quello che è insieme politico e culturale. Il governo ha accettato di rinviare al prossimo anno la chiusura di un rilevante numero di consolati, di fronte a una sollevazione bipartisan, ma resta – innegabile – un forte calo d’interesse nei confronti degli italiani all’estero e delle loro esigenze.

Intendiamoci: in tempo di crisi economica è evidente che tutti sono chiamati a fare sacrifici. L’importante però è che questi sacrifici vengano equamente distribuiti fra tutti. I tagli al bilancio di quanto stanziato a favore dei connazionali emigrati sono stati però pesantissimi, ultimi in ordine di tempo quelli previsti proprio alla rete consolare. Per ora, per bocca del sottosegretario per gli Italiani nel Mondo, Alfredo Mantica, il governo ha promesso che procederà soltanto con una serie di declassamenti. C’è quindi qualche mese di tempo per cercare altre strade, ma bisogna fare in fretta.

Contro il taglio alla rete consolare c’era stata un’autentica sollevazione di tutte le rappresentanze delle nostro comunità emigrate e dell’associazionismo, compresa una raccolta di firme lanciata dall’UNAIE. E la commissione Esteri della Camera ha approvato all’unanimità una risoluzione, messa a punto dal presidente UNAIE, l’on. Franco Narducci,  che chiede al governo di riconsiderare i criteri di razionalizzazione delle rappresentanze italiane all’estero. Procedure più snelle, massiccio ricorso all’informatica e superamento, ove possibile, dei confini nazionali sono le linee guida indicate dai parlamentari.

 Linee guida di buonsenso e al passo con i tempi. Nell’epoca di internet, il sistematico ricorso all’informatizzazione può abbattere i costi e le attese. Mettere in rete consolati e comuni, ministero degli Esteri e dell’Interno è non solo possibile, ma anche doveroso. E procedure meno farraginose completano il quadro. Se poi si unisce la possibilità per un residente a Mulhouse, in territorio francese, di recarsi alla vicinissima Basilea, anziché a Metz, si possono realizzare progressi enormi e raggiungere gli obiettivi virtuosi del risparmio senza danneggiare irreparabilmente il servizio offerto ai nostri connazionali.

Ci sono cinque mesi di tempo per ripensare ai tagli, c’è da augurarsi che la buona volontà manifestata da Mantica si tramuti in fatti concreti. Il problema sembra però più radicale. E’ necessario contrastare la perdita di rilievo che la tematica degli italiani all’estero ha conosciuto negli ultimi tempi. Non ci sentiamo di condividere la lettura di chi, come l’on. Fabio Porta, ha recentemente dichiarato che “l’essere stati determinanti al Senato al governo Prodi non ha giovato a questa causa”. Appare piuttosto chiaro che è finito l’effetto novità che il dibatto sulla concessione del voto alle nostre comunità all’estero aveva prodotto. Si è passati all’ordinaria amministrazione, con il rischio concreto di finire nel dimenticatoio.

Al contrario, nell’epoca della globalizzazione, che rende più facile mantenere i contatti personali e culturali con le proprie radici, deve essere riaffermato con forza che l’italianità sparsa per il mondo non è un costo. Non si tratta di disperdere preziose risorse economiche distribuite a fondo perduto in nome di radici lontane nel tempo. Si tratta piuttosto di prendere piena coscienza che c’è una grande opportunità da cogliere. Quella dei quattro milioni di cittadini residenti all’estero e quella dei sessanta e forse più milioni di discendenti di italiani.

Nella auspicabile ripresa economica potrebbero rivelarsi importanti, fondamentali anche loro, che istintivamente guardano all’Italia e a tutto ciò che c’è d’italiano. E, in più, ci sono i tanti che cercano lavoro, spesso qualificato, fuori dai nostri confini. Spesso sono giovani e cosmopoliti. E’ la nuova emigrazione, quella del Terzo millennio. E sarebbe un delitto diminuire i servizi a loro dedicati, affievolire i legami. Vorrebbe dire perderli per sempre. E questo sì, sarebbe una gravissima perdita economica, che l’Italia non può permettersi.

 

Luciano Ghelfi

Direttore editoriale di www.lombardinelmondo.org

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