Meno studenti e più richiedenti asilo in Australia — Lombardi nel Mondo

Meno studenti e più richiedenti asilo in Australia

I centri di detenzione in Australia sono ormai al limite della capienza, con oltre 5,000 richiedenti asilo detenuti in varie parti del paese. Secondo i dati pubblicati dall’Immigrazione australiana, ci sarebbero 2.577 detenuti a Christmas Island e 753 nel centro di Curtin

I centri di detenzione in Australia sono ormai al limite della capienza, con oltre 5,000 richiedenti asilo detenuti in varie parti del paese. Secondo i dati pubblicati dall’Immigrazione australiana, ci sarebbero 2.577 detenuti a Christmas Island e 753 nel centro di Curtin, nel nord-ovest della Western Australia. Nei primi 8 mesi di quest’anno, sono arrivati via mare 4.880 persone, a bordo di 99 imbarcazioni. Per fronteggiare il crescente numero di richiedenti asilo in arrivo, il governo ha varato un piano per raddoppiare la capacità del centro di detenzione di Curtin e aprire nuove strutture di accoglienza.

Circa 300 richiedenti asilo dovrebbero essere trasferiti a breve nella base aerea di Weipa, nel nord del Queensland. Questo aumento ha causato un peggioramento delle condizioni di detenzione.

Una protesta di quattro giorni ha avuto luogo nel mese di settembre presso il centro di detenzione Villawood di Sydney, dove un gruppo di cinesi, tra cui una donna incinta, sono saliti sul tetto dell’edificio che li ospitava minacciando di buttarsi nel vuoto se le loro richieste non fossero state riesaminate. Il giorno prima che fosse inscenata tale protesta, un uomo delle Fiji si era suicidato buttandosi dal medesimo edificio. Altre proteste e scioperi della fame hanno avuto luogo in diversi centri di detenzione del paese nelle settimane precedenti. Psicologi ed esponenti della società civile ritengono che il sovraffollamento e i lunghi periodi d’attesa a cui richiedenti asilo devono sottostare mentre le loro richieste d’asilo vengono valutate siano alla base di questi incidenti, il cui ripetersi mostra oltretutto come il governo non abbia imparato dai medesimi problemi emersi in passato con l’uso della detenzione obbligatoria.

Il sovraffollamento dei centri di detenzione ha inoltre obbligato il Dipartimento per l’Immigrazione a chiedere ad altri dipartimenti governativi l’invio di personale d’emergenza per fronteggiare la crisi. Nella lettera di richiesta era indicato che il personale sarebbe stato inviato a Port Augusta, Leonora, Darwin, Christmas Island e al centro di Curtin per accelerare il procedimento d’esame delle richieste d’asilo. Inoltre, veniva indicato che coloro che avessero accettato avrebbero dovuto lavorare in condizioni di estremo stress, fino a 16 ore al giorno, e a stretto contatto con altri colleghi, in località tropicali o desertiche e isolati da familiari e amici. Il portavoce dell’opposizione in materia di immigrazione, Scott Morrison, ha commentato gli ultimi accadimenti affermando che il governo avrebbe fallito nel proteggere i confini australiani. Secondo lui, la mancata gestione della crisi avrebbe creato non soltanto un problema per il Dipartimento dell’Immigrazione, ma avrebbe coinvolto anche tutti i dipartimenti compromettendone le risorse.

Tale situazione sembrerebbe il risultato del dibattito sull’asilo nei toni emersi durante la campagna elettorale. In particolare, la società civile e il mondo accademico hanno condannato entrambi gli schieramenti politici per avere promosso l’intolleranza. Le varie prese di posizione a favore dei tagli all’immigrazione, i cambiamenti restrittivi in materia di concessione dei visti, l’uso della detenzione per scoraggiare nuovi arrivi e la retorica sulla protezione dei confini usata ampiamente da entrambe le parti politiche per guadagnare più voti hanno avuto senza dubbio serie conseguenze sull’opinione pubblica internazionale, danneggiando la reputazione dell’Australia quale società accogliente che valorizza la diversità. Secondo l’Ufficio statistico a marzo il netto migratorio è sceso da 98.138 unità registrate nel 2009 a 61.780 unità. Durante tutto l’anno fino a marzo 2010 il netto migratorio è diminuito del 25 percento, da 320.362 a 241.352 unità. La maggior parte del calo è stato registrato negli ultimi sei mesi, dopo che il governo Rudd ha annunciato l’introduzione di restrizioni nella concessione dei visti per gli studenti stranieri iscritti nei corsi meno qualificati. Se da una parte la riduzione degli ingressi significa meno pressione sulle strutture e sul mercato immobiliare, dall’altra tale riduzione significa anche un rallentamento della crescita economica e un probabile aumento della disoccupazione. Le università, ad esempio, hanno sottolineato che i cambiamenti imposti al sistema dei visti, l’intolleranza, e l’uso dei richiedenti asilo e degli studenti internazionali quali capri espiatori per vincere le elezioni hanno comportato un calo delle iscrizioni degli studenti stranieri nelle università, che a giugno erano del 6,3 percento in meno rispetto al 2009. Anche le iscrizioni ai corsi di lingua inglese erano del 20 percento inferiori all’anno precedente, mentre le agenzie per il reclutamento degli studenti internazionali hanno previsto un calo fino al 40 percento entro la fine dell’anno. Dato che in media il 16 percento dei fondi universitari proviene dalle rette scolastiche pagate dagli studenti stranieri, è facile intuire come il calo delle iscrizioni possa generare seri problemi alle università. È stato previsto infatti che nel peggiore dei casi le iscrizioni degli studenti universitari stranieri potrebbero scendere da circa 214mila registrate nel 2010 a 148mila nel 2015, con la conseguente perdita di 36.182 posti di lavoro e oltre 7 miliardi di dollari di introiti, il che avrebbe ovvie conseguenze per l’economia in generale.

Notizie e statistiche:

􀂾 Il 15 agosto è entrato in vigore in Corea il nuovo Immigration Control Act che ha reso obbligatorio il prelievo delle impronte digitali e l’uso delle fotografie di riconoscimento per ogni straniero di età superiore ai 17 anni che desidera entrare nel paese. Questa modifica è stata introdotta con l’obiettivo di impedire l’ingresso agli stranieri con precedenti penali, oppure legati a gruppi terroristi, in previsione del vertice del G20 in programma a novembre. Il Dipartimento per l’Immigrazione ha detto che nei primi 15 giorni in cui la nuova normativa è entrata in vigore sono stati fermati 31 stranieri, che avrebbero tentato di eludere i controlli di frontiera utilizzando passaporti falsi. Questi sono stati poi respinti al paese d’origini, in particolare Cina, Filippine, Thailandia, Sri Lanka, Mongolia e Ghana. Intanto, una recente ricerca ha evidenziato che il giro di vite impresso dal governo sui migranti irregolari nel paese volto a promuovere la sicurezza prima del G20 potrebbe essere dovuto all’errata interpretazione che il recente aumento di reati commessi da stranieri (34.914 nel 2008 contro i 6.812 nel 2001) debba collegarsi al numero di migranti che risiedono illegalmente in Corea. Considerando che il numero di migranti irregolari nel paese è costante intorno alle 200mila unità dal 2004, l’aumento del numero dei reati commessi dagli stranieri dovrebbe mettersi in relazione con la crescita della popolazione straniera nel suo insieme, la quale è raddoppiata negli ultimi anni passando dai 566.835 abitanti nel 2001 agli oltre 1,16 milioni nel 2008.

􀂾 Recenti studi effettuati in Nuova Zelanda mostrano come il 78,4 percento dei nuovi immigrati in Nuova Zelanda acquisisce, oppure richiede, la cittadinanza neozelandese entro tre anni dall’acquisizione del permesso di soggiorno permanente. Tra questi, ci sono soprattutto gli immigrati provenienti dal Sud Africa, dal Pacifico, e dall’Asia meridionale. Tale ricerca mostra però come dopo tre anni dal loro arrivo gli immigrati siano meno soddisfatti della vita in Nuova Zelanda e si sentano meno al sicuro, nonostante un maggior numero di persone abbia un lavoro e si senta soddisfatto della propria condizione lavorativa. Molti nuovi immigrati sembrano poi apprezzare il fatto che possano andare al voto anche senza la necessità di avere la cittadinanza neozelandese. La Nuova Zelanda è difatti uno dei pochi paesi occidentali in cui la cittadinanza non è un requisito per esercitare il diritto di voto.

Francesco Vecchio

corrispondente ISMU

ottobre 2010

 

http://www.ismu.org/index.php?page=78#

 

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