Milano, il Comune ‘sfratta’ i furbetti dalle case popolari: “Fuori chi ha seconde proprietà e condizioni stabili” — Lombardi nel Mondo
Milano, il Comune ‘sfratta’ i furbetti dalle case popolari: “Fuori chi ha seconde proprietà e condizioni stabili”
La stima è del 20 per cento di non aventi diritto, presto le lettere di decadenza. C’è chi ha una seconda casa e chi, negli anni, ha sistemato la propria situazione economica. L’assessore: “Non siamo un’agenzia immobiliare”
Fuori gli inquilini che abitano da troppo tempo nelle case popolari senza aver più i requisiti di reddito o di necessità: un abuso che il Comune di Milano combatterà con energia. E’ guerra anche a chi partecipa ai bandi per l’assegnazione, ma poi rifiuta gli alloggi proposti “perché in quartieri non centrali“. Frasi “scomode” che l’assessore alla Casa del Comune di Milano, Gabriele Rabaiotti, dice senza peli sulla lingua. Promettendo anche entro la fine dell’anno di mandare le “lettere di decadenza” dal contratto di locazione per quel “20 per cento almeno di inquilini pubblici” che, dopo tanti anni, dall’assegnazione dell’alloggio non possono più dimostrare di averne diritto. “Chi ha la seconda casa, anche se lontana, e chi ha nel frattempo raggiunto condizioni di stabilità economica sarà invitato a lasciare libero l’appartamento. Così l’amministrazione potrà far fronte alla domanda di chi veramente ha bisogno“.
Una proposta forte, molto controcorrente, quella dell’assessore che non ha paura di dire anche che Palazzo Marino non ha “nè l’intenzione né le risorse di costruire nuove case popolari. Quelle che ci sono costituiscono già il 10 per cento dell’offerta complessiva, il doppio di quella che c’è in tante grandi città. Quindi il tema adesso è quello di favorire una mobilità sociale effettiva fra gli inquilini: il Comune non è un’agenzia immobiliare, la geografia abitativa deve smuoversi anche se ci sono forti resistenze da chi ormai considera un diritto acquisito e inamovibile la casa popolare ottenuta magari vent’anni fa, anche quando sono mutate le sue condizioni sociali ed economiche“.
L’assessore parla a margine del convegno Caritas “Abito dunque sono: riflessioni e buone prassi sull’abitare“. Rabaiotti se la prende anche con chi partecipa ai bandi per l’assegnazione degli alloggi pubblici e poi rifiuta le proposte: “Molte famiglie fanno storie perché non gradiscono i quartieri dove noi abbiamo disponibilità, o perché le case non sembrano di loro gradimento. A volte dobbiamo arrivare fino alla posizione 5mila nella graduatoria da 20mila persone che ci chiedono la casa popolare. Io penso che allora quelle 5mila famiglie che rifiutano la nostra proposta evidentemente non hanno un bisogno così urgente e forte di casa“. Parole “scomode” che faranno sicuramente discutere i sindacati inquilini.
Di Zita Dazzi
(Fonte La Repubblica Milano, 11 Ottobre 2016)
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