Cremona. L’onorevole Marco Pezzoni interviene sul nucleare — Lombardi nel Mondo

Cremona. L’onorevole Marco Pezzoni interviene sul nucleare

Il nucleare viene imposto oggi con un disegno di legge che prevede addirittura il commissariamento degli Enti locali: non siamo padroni a casa nostra, ma la Costituzione ci potrebbe salvare !

Il 9 luglio 2009 il Senato ha approvato in via definitiva il Disegno di legge che prevede il ritorno del nucleare in Italia. Tale provvedimento si configura come una misura centralistica che esautora i territori e impone la costruzione di nuove centrali nucleari anche contro la volontà delle popolazioni locali. Non è servito a nulla che scienziati, economisti, istituzioni territoriali dicessero ad alta voce che la via maestra da perseguire sono ormai le energie rinnovabili che, oltretutto, hanno il consenso della stragrande maggioranza dei cittadini. Si è voluto procedere a tutti i costi, spaccando così il Paese che, al contrario , avrebbe bisogno di unità per uscire da una crisi economica sempre più grave, come sostengono i grandi della terra riuniti nel G8 dell’Aquila. Ma il grande affare del nucleare è troppo ghiotto perché Scajola possa ascoltare le reali esigenze di una società e di una economia che soffrono di carenza di credito, di investimenti, di progetti di innovazione diffusa.

Le grandi opere sono una scorciatoia illusoria, fanno crescere il Pil, ma non la competitività e l’innovazione di sistema. Nel provvedimento approvato ieri ci sono, certo, anche indicazioni interessanti sul risparmio energetico, sull’eolico, sull’internazionalizzazione delle imprese, sulla riforma delle Camere di Commercio, ma sono un contorno povero, non adeguatamente trattato, rispetto al piatto ricco del nucleare.

Questo comporterà due conseguenze: una forte opposizione che sfocerà prima o poi in un Referendum nazionale abrogativo, magari non subito, ma tra due o tre anni quando la crisi globale avrà convinto molte più imprese e banche e cittadini che il nucleare è una ricetta vecchia, sbagliata, costosa, inutile per affrontare le nuove sfide di una globalizzazione in rapida evoluzione, perché già saranno cambiati i rapporti di forza: il G8 soppiantato dal G14, o addirittura dal G20. Quando sarà passata l’euforia degli illusionisti, oggi al governo, il risveglio sarà certo più amaro!

Intanto si aprirà uno scontro( o una compravendita) sulla localizzazione dei siti dove installare le nuove centrali nucleari con i territori, con gli Enti locali eventualmente coinvolti, con le Regioni.Si vedrà la qualità del nostro federalismo, se saprà reggere all’urto del nucleare o verrà ucciso sul nascere.

COMMISSARIARE GLI ENTI LOCALI : E’ UN GRAVE STRAPPO DEMOCRATICO !

Vorrei ricordare che il comma 2, lettera f) dell’articolo 25 Delega al Governo in materia nucleare prevede poteri sostitutivi nei riguardi degli Enti locali e delle Regioni che rifiutano l’individuazione sul loro territorio di siti idonei alla installazione delle nuove centrali nucleari, con nomina da parte del Governo di un Commissario che ha il compito di garantire e assicurare il pieno successo del procedimento unico e dell’autorizzazione unica per la costruzione della nuova centrale nucleare.

La questione della cancellazione del consenso del territorio e delle sue Istituzioni rappresentative solleva un problema di democrazia ancora più rilevante, se possibile, della questione ambientale ed economica. E risulta tanto più paradossale nel momento in cui, contemporaneamente, il Parlamento

ha approvato il federalismo fiscale e, a parole, proclama la pari dignità delle istituzioni nazionali e di quelle regionali e locali.

Questa vera e propria beffa non si gioca su un terreno di poca rilevanza : quella del rientro dell’Italia nel club dei Paesi costruttori di centrali nucleari dovrebbe essere una scelta compiuta con una legittimazione democratica almeno pari a quella che , 22 anni fa, attraverso un referendum nazionale popolare, ne decise la fuoriuscita. Se oggi una maggioranza parlamentare ritiene superato quel referendum per decisione dei soli vertici politici che reggono gli equilibri interni al centro-destra e ha cancellato la voce dei territori, individuati come siti strategici, con la misura del Commissariamento, ebbene deve sapere che questo gravissimo strappo democratico, che nessun Paese europeo contempla nella propria legislazione, espone questa scelta centralistica e arrogante al ricorso continuo e ripetuto nei prossimi anni dello strumento del referendum ad ogni livello.

E’ bene ricordare che il 23 marzo 2007 la Commissione per gli affari costituzionali del Parlamento Europeo , esprimendo un proprio parere sull’EURATOM e su 50 anni di politica europea in materia di energia nucleare, ricordando che su 27 Stati membri dell’Unione Europea 11 non hanno mai avuto centrali nucleari sul proprio territorio: che l’Italia ha rinunciato alla produzione di elettricità di origine nucleare e Belgio, Germania, Paesi Bassi e Svezia hanno preso una decisione analoga, ha invitato i governi a indire una Conferenza per la revisione del Trattato EURATOM al fine di abrogare le disposizioni obsolete e antiquate del Trattato, segnatamente per quanto riguarda la promozione dell’energia nucleare e la mancanza di procedure decisionali democratiche.

POSSIBILE VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI 117 E 120 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

In realtà in Italia le procedure decisionali democratiche ci sarebbero già, ma l’attuale governo non solo sembra ignorarle ma intende modificarle e restringerle. A mio modesto parere la decisione del commissariamento in materia energetica è anticostituzionale, proprio in forza dell’articolo 120 e, aggiungo, dell’articolo 117 della Costituzione italiana. Come è noto l’articolo 117 distingue tra materie sulle quali lo Stato ha legislazione esclusiva, quelle dove Stato e Regioni hanno legislazione concorrente, quelle infine di competenza solo delle Regioni. Il testo dell’articolo 117 recita: “Sono materia di legislazione concorrente quelle relative a produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”. Dunque in questa materia Stato e Regioni sono su un piano di parità o, se si vuole, di

complementarietà come recita sempre l’articolo 117: “Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”. Davvero assurdo più che difficile sostenere che la scelta del nucleare come modalità di produzione dell’energia elettrica possa rientrare tra i principi fondamentali. E veniamo all’articolo 120 della Costituzione richiamato al comma 2, lettera f, dell’articolo 25 per sostenere la legittimità della misura del commissariamento. L’articolo 120 recita. “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali”. Il rifiuto di un Ente locale di accettare l’installazione di una centrale nucleare sul proprio territorio in quale casistica andrebbe inserito? Non nel mancato rispetto di norme internazionali od europee. Non nella tipologia delle violazioni di diritti civili o sociali nei quali lo Stato deve giustamente intervenire per garantire l’accesso alle prestazioni e l’universalità dei diritti di cittadinanza. Non nella rottura dell’unità giuridica che poi significherebbe legiferare in contrapposizione o con atti di secessione rispetto al quadro unitario dello Stato, né tanto meno nella

rottura dell’unità economica che danneggerebbe la parte più debole del mondo del lavoro e altererebbe le regole del mercato. Non rimane che il caso del pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica : ma qui il pericolo non viene dall’esterno, da un corpo estraneo, da una catastrofe per cui lo Stato sostituisce l’Ente locale che è inadeguato ad affrontare una grave emergenza oppure una minaccia che può venire dalla criminalità organizzata, dall’economia mafiosa, dal terrorismo. Qui il pericolo sarebbe portato dalla stessa scelta del Governo di voler imporre un impianto nucleare ad una popolazione che lo rifiuta. Secondo diversi pronunciamenti della Corte Costituzionale il commissariamento può avvenire come atto riparativo, come nel caso dei rifiuti di Napoli. Non come atto d’imperio preventivo.

Più volte nel contenzioso tra Governo e Regioni sulla corretta interpretazione dell’articolo 120, da più parti si è sottolineato che i poteri sostitutivi dello Stato si possono esercitare solo nelle materie di sua esclusiva competenza e in casi che non possono essere lasciati alla discrezionalità del Governo, ma che vanno definiti con precisione in un apposito dispositivo di Legge. A giudizio del costituzionalista Augusto Barbera invece i concetti di unità giuridica e unità economica permetterebbero una forzatura interpretativa estensiva e preventiva a quel Governo che volesse giustificare con questi principi scelte centralistiche. La partita è aperta. Credo comunque che la opposizione di una Istituzione locale ad un insediamento nucleare non rientri in nessuno dei casi previsti o suggeriti dall’articolo 120 della nostra Costituzione, o almeno dal suo spirito che è quello della sussidiarietà e della supplenza in caso di necessità. E non certo quello della prevaricazione.

Un piccolo emendamento, inserito nel Disegno di legge nell’ultima versione, propone la convocazione della Conferenza unificata Stato-Regioni e questo mi fa supporre che il governo sia ben consapevole, anche se con una proposta debole perché solo consultiva, che non ha l’esclusività della scelta in materia energetica.

DIVIDERE PER GOVERNARE, GOVERNARE PER DIVIDERE

Dunque l’individuazione di un sito nucleare idoneo è una operazione discrezionale decisa dalla Società costruttrice, in accordo con il Governo e supportata dalle valutazioni tecnico-scientifiche di esperti nell’ambito di più possibilità di localizzazioni, con gradi e indici diversi di idoneità. Non esiste per legge un sito obbligatoriamente vocato a ospitare una centrale nucleare.

La tutela dell’unità giuridica può essere invocata se insorge un contrasto tra la legislazione prodotta dallo Stato e quella prodotta dalle Regioni : dunque questo principio può essere richiamato solo a proposito di produzioni legislative confliggenti.

Non si può invece invocare l’unità giuridica per imporre non tanto l’applicazione di una procedura discendente utile per arrivare ad una scelta, quanto il suo esito pur sempre discrezionale : un Ente Locale può, anzi deve essere coinvolto nella procedura decisa con Legge dal Governo, ma non può essere obbligato ad aderire alla scelta finale se ha diverse e autonome ragioni di disaccordo. Il commissariamento annullerebbe proprio questa autonomia di giudizio e non tanto la capacità o meno dell’Ente locale di realizzare un progetto.

Piuttosto, in una procedura democratica seria altri sono i quesiti tutt’ora irrisolti: ad esempio quando emerga un contrasto tra un Comune che accetta il nuovo insediamento nucleare e i Comuni confinanti che invece si oppongono. Oppure quando una Regione e una Provincia decidono di concordare con il Governo un insediamento nucleare sulle rive di un fiume, per esempio il Po, che fa da confine con un’altra Regione e altre Province assolutamente contrarie a quell’insediamento. Come dirimere la questione? Dovrebbero essere gli Statuti regionali, provinciali, comunali a individuare l’ampiezza e le forme del coinvolgimento democratico dei diversi livelli istituzionali e delle popolazioni interessate alla scelta. Mentre una Legge nazionale dello Stato dovrebbe offrire solo, ma è importante, principi ispiratori uniformi e giusti, anche per l’irrisolta questione degli insediamenti di confine tra territori con opposti orientamenti.

Di queste problematiche non c’è traccia minima né nel testo del Disegno di legge approvato, né nella discussione parlamentare, almeno da parte dei gruppi di maggioranza. Eppure una visione federalista dell’irrisolto conflitto di competenze tra centro e periferia e delle insufficienti procedure democratiche adottate, avrebbe dovuto far emergere almeno la consapevolezza di questi limiti. A meno che tale grave rimozione si spieghi con l’affermarsi di una pratica di governo che non c’entra proprio nulla né col federalismo né con la visione unitaria dello Stato. Probabilmente il Disegno di legge voluto da Scajola serve innanzitutto come minaccia o come ricatto nei confronti dei territori, serve per dividere l’opinione pubblica del Paese, serve per spaccare il fronte degli oppositori del nucleare tra chi sarà risparmiato dal subire la scelta nel proprio territorio e chi la dovrà subire in un territorio che vedrà le proprie Istituzioni locali, maggioranza, sedersi a trattare con l’impresa costruttrice della centrale nucleare i milioni di euro da ottenere e da distribuire in cambio dell’accettazione del sito.

Si dividerà e si contrapporrà una Regione con quella vicina; si faranno gareggiare i territori l’uno contro l’altro, facendo intravvedere finanziamenti e benefit per chi arriva primo a proporsi . Sarà il mercato dello scambio politico a decidere i siti, magari senza neanche ricorrere alla misura del commissariamento, se ci sarà un numero sufficiente di vassalli, valvassori e valvassini disponibili a porsi al servizio del nucleare.

On. Marco Pezzoni

CREMONA

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