Artisti lombardi nel mondo: Patrizia Marcheselli — Lombardi nel Mondo

Artisti lombardi nel mondo: Patrizia Marcheselli

Patrizia Marcheselli, attrice e regista teatrale di successo, valida collaboratrice di AMM. Un’emigrata in fuga dalla nebbia padana in cerca di cielo blu…e di nuove opportunità. Dal Messico all’Argentina. A lei la parola

D: Chi è Patrizia Marcheselli

R: Che difficile è parlare di me Pietro! Chi sono? Me lo chiedo spesso! Emigrante, nata a Cremona nel 1967, cresciuta a Bozzolo, provincia di Mantova, dove attualmente vive la mia famiglia. Mamma cremonese e papà mantovano. Mi occupo di Teatro da molti anni. Da qualche mese collaboro con il Portale dei Lombardi nel Mondo.

Ho vissuto in Messico dal 1988 al 2004, poi ad Ancona fino al 2007 e da due anni vivo a Buenos Aires. Non sto ferma! Nella mia famiglia c`è stata un’altra emigrante, una sorella di papà che nel 1957 è emigrata con il marito a Santa Fè, in Argentina.

Mi occupo di formazione teatrale, docenza e regia. Come attrice vivo un momento particolare, di riflessione diciamo, il palcoscenico preferisco contemplarlo, poi si vedrà.

Mi appassiona l’Opera e la musica, non si può vivere senza musica nel mio mondo, ascolto di tutto.

 

D: Qual’è stata la “molla” che ti ha spinto a lasciare Bozzolo ?

R: La mia inquietudine mi ha sempre spinto oltre. Bozzolo, per me è sinonimo di famiglia e casa, quindi in realtà non me ne sono mai andata. La molla? Non avere opportunità e la nebbia. Ti sembrerà strano però la nebbia mi ha sempre fatto paura. Volevo conoscere, viaggiare e studiare. Le opportunità che avevo erano poche, lavorare otto ore in fabbrica e poi studiare… non ce l’ho fatta.

Un giorno durante la pausa caffè in una fabbrica di calze dove lavoravo, volevo vedere fuori, respirare… ho preso uno sgabello e  mi sono arrampicata verso l’ unica finestrella accessibile del bagno, ho visto un pezzetto di cielo, era azzurro, di un azzurro bellissimo, cristallino ed infinito. Il giorno dopo mi sono licenziata e due mesi dopo ero già in Messico.

 

D:L’essere italiana in un paese straniero, a parte la lingua, ti ha agevolato o creato maggiori problemi rispetto ad un’altra nazionalità?

R: In Messico era sicuramente un privilegio strano, lo definirei quasi un privilegio ambiguo. Il colore della pelle, bianca, l’accento, creano un certo mistero che spesso non è altro che il fascino del diverso e l’ignoranza di credere che se sei bianco sei superiore, ricco o qualcosa del genere. Io non volevo avere privilegi e non ne ho mai accettati e non mi sento superiore a nessuno. Dei 17 anni vissuti in Messico, 13 li ho passati a stretto contatto con messicani, gli europei li schivavo.

Ricordo la mia situazione da “extracomunitaria” (detesto questa definizione… se gli italiani potessero ricordare…) e la sorpresa dei messicani che non capivano, che avrebbero voluto andare in Italia al posto mio. Sono stata molto fortunata, però posso affermare che spesso ho visto come il colore della pelle diventa un facile passaporto, per noi occidentali è sen’altro una agevolazione.

 

Mentre facevo l’Università, il CUT, Centro Universitario di Teatro dell’Università Nazionale Autonoma del Messico, avevo un esame di fonetica e dizione in spagnolo ogni 3 mesi (i miei compagni ogni 6 mesi) e se non mi toglievo l’accento italiano rischiavo l`espulsione. Ascoltavo la radio, leggevo il giornale tutti i giorni, imparavo canzoni e parlavo con tutti pur di migliorare il mio spagnolo.

Ho lavorato come: lavapiatti, imbianchina, cameriera, vendevo i biglietti del teatro, aiutavo Graciela e Guadalupe, le signore messicane che mi affittavano una stanzetta, nelle loro postazioni di comida callejera a cambio del pranzo o la cena, ho fatto il clown per strada durante anni con la polizia che ogni tanto veniva a portarci via tutte le monete guadagnate e i mie compagni che mi dicevano: << Zitta, non parlare che se scoprono che sei straniera siamo nella merda!>>. Poi la fortuna, il regalo di vivere con una meravigliosa famiglia messicana, questo incontro ha cambiato la mia vita, persone meravigliose e sono tutti artisti.

In Messico non hanno molta simpatia per gli argentini e gli americani, con l’Italia è diverso ci sono fili sottili che uniscono.

Comunque emigrare, non importa la nazionalità o la lingua che parli, ha sempre lo stesso specchio. Non è la tua terra quella che vibra sotto i piedi e quando la terra non è la tua ci sono due possibilità o ti riceve o ti sputa fuori.

 

D: Com’è nata la tua passione per il teatro

R: Per caso, il mio progetto originale era partire dal Messico e percorrere tutta l’ America Latina, avevo un itinerario preciso, in ogni paese c’era qualcuno che mi avrebbe ospitato, ma poi Esther una amica attrice, una settimana prima che partissi per il Guatemala, mi invitò ad assistere ad una delle sue lezioni. Addio viaggio! Il teatro era ormai entrato nella mia vita con una forza che non posso spiegare.

 

D: Quali sono state, se ci sono state, la o le persone che ti hanno stimolato ad intraprendere quest’arte?

R: Diciamo che sospettavo di voler fare qualcosa di artistico, però non avrei mai pensato che fosse il teatro, mi è sempre piaciuto scrivere, mi piace tutt’ora. Tutto è cominciato quando una prof.ssa dell’Università, Margarita Mandoki, sorella del regista cinematografico Luis Mandoki che lavora negli Stati Uniti, mi ha visto per strada, mentre facevo il clown e da lì l’invito a presenziare come auditrice ad una delle sue lezioni. L’invito da parte del Rettore ad iscrivermi alla selezione è sorto dopo un anno; un lungo esame di selezione, oltre 300 alunni che aspiravano ad essere accettati, siamo rimasti in 24, poi in 12 e tra questi c’ero io, la prima italiana ad entrare al CUT.

 

In Messico senz’altro devo molto ai miei professori dell’Università, mi hanno sempre spronato a non mollare. La famiglia messicana con la quale ho vissuto quasi 10 anni mi ha permesso e aiutato a finire gli studi nonostante le difficoltà economiche, Luisa Duròn, la mia mamma messicana diciamo, è una persona che amerò profondamente tutta la vita. La mia famiglia, che da Bozzolo faceva il tifo e sempre mi ha dato forza, tanta forza, con una presenza amorosa incredibile. Mia sorella Barbara ha tutte le locandine e foto di ogni spettacolo ed evento, per non parlare di mamma e babbo.

Molte persone sono nel mio cuore, sarò eternamente grata ad ogniuna di loro per questo.

 

D: Parlaci della tua attività teatrale attuale e dei progetti futuri .

R: Come attrice vivo un momento particolare, come ti dicevo prima, dove la scena preferisco crearla e sentirla come regista. Imparto lezioni di teatro ad un gruppo di giovani adolescenti c/o la Fundaciòn P.U.P.I, fondata dal capitano dell’Inter, Javier Zanetti (io comunque sono juventina) in un quartiere, villa, emarginato di Buenos Aires. Questo gruppo lo seguo da qualche anno e i risultati sono davvero posiviti: il teatro è uno strumento di prevenzione alla violenza e all’uso di stupefacenti, dovrebbe essere una disciplina integrativa nelle scuole, dall’ asilo nido alle superiori, perchè permette di valutare il comportamento dei giovani e di prevenire possibili problemi, oltre che un’esercizio di creatività e di autoconoscimento eccezionale.

 

Lavoro anche in un’Accademia di commedia musicale. Spero di poter aprire presto un gruppo di Opera per giovani: il libretto operistico si recita anzichè cantarlo. Credo che l’ Opera, in generale, sia affascinante per molti aspetti, nonostante i tabù: la vita dei compositori, i librettisti, i temi delle opere, la musica, è tutto un mondo colmo di cultura e di immagini meravigliose che devono essere conosciute.

Il mio sogno è scrivere un ‘Opera sull’emigrazione e diciamo che ho già cominciato a tracciare alcune linee tematiche, vedremo.

 

Da due mesi circa ho messo insieme un gruppo con il quale realizzare letture in italiano di autori latinoamericani, in un futuro faremo anche autori italiani, abbiamo deciso di evitare i mostri sacri della letteratura italiana, basta naftalina e aprire la possibilità di conoscere anche altri autori italiani. Diffondere la lingua italiana e la cultura: questo il mio obiettivo, come strumento di reciprocità e di scambio, fuori dai circuiti ufficiali, che spesso non sono acessibili per tutti o troppo spesso fanno le stesse cose. Il problema è che non riceviamo nessun tipo di aiuto economico quindi si lavora ad honorem e con difficoltà.

 

D: Da qualche anno vivi in Argentina parlaci un po’ di questo grande paese e della  sua gente, le tue impressioni, considerazioni…

R: Buenos Aires non è l’Argentina, lo dicono gli stessi  porteños, qui si celebra allo stesso tempo l’orgoglio dell’essere discendente di altri Paesi e il razzismo più crudo, per esempio nei confronti degli emigrati dei paesi limitrofi. Ci sono giorni in cui ovunque c`è l’Italia e giorni in cui il tempo si ferma, come si ferma spesso in America Latina.

Buenos Aires è una città affascinante, piena di vita e di attività culturali, ma anche piena di contradizioni che spesso sfuggono alla mia logica. Tutto cambia, anche il castellano, quando ti sposti in provincia sei davvero in Argentina e naturalmente anche l’ accento e la pronuncia cambia. È un paese che ha tutto e ciò nonostante, frena prima di accellerare. Due anni sono pochi, se mi rifai la domanda tra un po’, forse riesco ad essere più obiettiva.

 

D: Come valuti l’esperienza di collaborazione con l’Ass.Mantovani nel mondo ed in particolare il tuo ruolo nella redazione del portale dei lombardi .

R: C`è senz’altro un prima e un dopo nella mia vita grazie ai Mantovani nel Mondo e a Daniele Marconcini. Ho recuperato o permesso che rifiorisse una parte di me che non ne voleva sapere nulla dell’Italia.

Correva l’anno 1999 e in Internet scopro, per caso, l’Associazione, scrivo a Daniele, così tanto per fare in realtà e, il giorno dopo, la sua risposta: parole che erano una specie di festa per aver trovato una mantovana in Messico. Ricordo la mia sorpresa, soprattutto delle sue domande, fatte da una persona che non conoscevo ancora, capisci?

Dove vivi? Come stai? Come ti senti? Di dove sei? Parlaci di te e del tuo lavoro. Ti possiamo aiutare?.

Sono rimasta sconcertata da questo ricevimento. Poi l’incontro vero a Mantova nel 2000 e da allora, pazientemente ho ricominciato a sentirmi parte di questo temperamento mantovano, è come respirare bene, ecco. Io e te ci siamo conosciuti allora, ricordi? Mi hai fatto un riassunto strorico della Città di Mantova guardando una colonna sotto i portici, ricordo la grande gioia di sentire che ero a casa.

Quando torno in Italia, a Mantova , a Bozzolo, è riscoprire cose che mi appartengono. Il problema non era la mia famiglia o i miei amici, ma bensì un’Italia che non mi ha dato nessuna opportunità e così le ho cercate altrove.

L’opportunità dell’appartenenza e della crescita culturale come italiana, l’ho ricevuta dall’Associazione dei Mantovani nel Mondo e adesso con la collaborazione al Portale dei Lombardi nel Mondo riscopro fibre della mia italianità, soprattutto nelle storie che raccolgo, storie vere. Marta Carrer (Amm), la mia capo redattrice del Portale non demorde in questo aspetto è una persona incredibile, umanità e presenza straordinaria, Fabio e Pietro Borroni, sono due amici molto cari, entrambi di origine italiana, anche loro mi aiutano a capire questa società argentina e a canalizzare i dubbi.

Il mio ruolo nel Portale è soprattutto quello di realizzare interviste ai discendenti di lombardi e italiani, la memoria dell’emigrazione italiana è importantissima.

Quando parlo con le persone hanno tutte lo stesso sguardo, ci sono momenti in cui usano perfino le stesse parole e negli occhi vedi un po`di quell’ immenso oceano che hanno attraversato. Ci sono molti aspetti dell’emigrazione italiana che sono sconosciuti, per esempio le nuove migrazioni o i figli, giovani che vogliono capire e conoscere l’Italia. Il Portale difende e custodisce ogni frammento di questa memoria, ogni storia è importante, ogni viso e cognome. Con questa collaborazione sto riscattando una parte di me e so che adesso mi appartiene. Cosa mi dicevi dei tortelli di zucca…? hahaha…grazie Pietro.

 

Intervista di Pietro Liberati

Web Master AMM

 

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