Mitt Romney sceglie il vice-presidente — Lombardi nel Mondo

Mitt Romney sceglie il vice-presidente

Mitt Romney ha designato Paul D. Ryan quale candidato alla vice-presidenza USA per contrastare maggiormente la candidatura di Barack Obama

La stanca campagna elettorale americana per confermare l’attuale presidente Barack Obama oppure per nominare Mitt Romney ha avuto un leggero sussulto che contribuirà senz’altro a focalizzare l’attenzione su temi diversi dai continui attacchi, anche personali, nei confronti di Barack Obama accusato di tutti i mali dell’economia americana.

E’ bastata infatti la nomina a candidato vice-presidente di Paul D. Ryan durante un discorso di Romney a Norfolk, Virginia l’11 agosto 2012 per distrarre l’attenzione dai temi ormai fotocopia degli ultimi tempi, e rimettere la campagna elettorale sui binari delle promesse fattibili e non solo delle accuse su quanto poteva essere, e non è stato fatto. Una scelta impensabile in altri Paesi, dove le generazioni più anziane temono quelle più giovani, che dà grande spazio a un giovane politico di appena 42 anni, Paul D. Ryan che viene giudicato soprattutto molto preparato.

La sua biografia parla chiaro: nato a Janesville, una cittadina del Wisconsin con circa 60.00 abitanti –  di discendenza soprattutto irlandese, tedesca e norvegese – al confine con l’Illinois, ma lontana dal fragore di Milwaukee e dal trambusto di Chicago, ha studiato economia alla Miami University in Ohio. Entrato presto in politica è stato eletto  e riconfermato alla Camera dei Rappresentanti a partire dal 1998. Fa parte dell’ala conservatrice del partito repubblicano, è cattolico, sposato con due figli ed è contrario sia all’aborto sia ai matrimoni gay. E’ presidente della Commissione Bilancio della Camera e tra gli ideatori delle proposte repubblicane in materia di Medicare, l’assicurazione medica a favore degli ultra65enni, e fautore dell’abolizione della tassa sul guadagno in conto capitale e dell’imposta sul reddito delle società, oltre a tagli alle spese e alla già citata sanità.

Temi che agitano la politica americana attuale alle prese con innumerevoli problemi legati all’economia ma anche alla sicurezza nazionale e personale, messa continuamente in discussione dalla violenza causata spesso dalla eccessiva facilità di acquistare armi da fuoco in un contesto dove l’influenza della lobby del NRA – Associazione dei proprietari di armi da fuoco e militare – è immensa.

Ryan potrà contare sulla buona amministrazione del Wisconsin che ha drasticamente ridotto la spesa pubblica, ma che di fatto conta poco più di 5 milioni di abitanti, ed è quindi più facile da governare di un Paese di oltre 300 milioni di persone.  Romney-Ryan sembrano poco più interessanti di McCain-Palin e soprattutto concentrati sul tema America. La politica internazionale  sembra non esistere per loro, in un Paese che, a guardar bene, è sempre in  guerra con qualcuno, volente o nolente.

Tuttavia i commenti sono favorevoli a Ryan perché ha sempre rispettato il parere altrui senza scatenare guerre inutili per prevalere, e sa far valere la propria etica. Uomo politico di Washington, con radici nel profondo Midwest, che vuole correggere l’esplosivo deficit e debito americano per evitare una catastrofe fiscale al suo Paese attraverso la sua capacità di mediare con i membri del partito di opposizione per il bene di tutti.

Un candidato giovane per un Paese che vuole far partecipare i giovani alle scelte del loro futuro. Romney  ha deciso che è preferibile rischiare con un candidato con idee precise, pur controverse, che rimanere attaccato a valori troppo legati al passato. A novembre molti repubblicani magari non andranno a votare, ma Ryan potrebbe far votare più elettori a suo favore.

Romney, attaccato in questo ultimo periodo per i suoi viaggi all’estero e per presunte irregolarità al tempo del suo incarico alla Bain Capital, trarrà un beneficio dalla nomina di Ryan, in attesa della verifiche che avranno luogo durante il congresso repubblicano di Tampa, Florida. Le lancette dell’orologio battono veloci e novembre è molto vicino.

I sondaggi attuali danno  Obama al 47% contro il 41% di Romney con una forte percentuale di elettori indipendenti a favore dell’attuale presidente, ma l’impressione generale è che la contesa sarà risolta anche stavolta dai voti elettorali e non da quelli popolari. Ed ecco allora che i due contendenti stanno affilando le lame per scendere in campo nei “Swing States” – gli stati altalenanti dove le previsioni di voti, anche elettorali possono fare la differenza.

Ernesto R Milani

Ernesto.milani@gmail.com

12 agosto 2012

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