Sulle tracce del tanto temuto “Petiso Orejudo” — Lombardi nel Mondo

Sulle tracce del tanto temuto “Petiso Orejudo”

In un ambiente nazionale degradato dalla promiscuità, le mancanze igieniche e quant’altro, in cui vivevano migliaia di emigrati italiani, per forza doveva maturare pure il delitto. L’omicidio, non era altro che una bruttissima conseguenza di questo degrado.
Forse il posto più bello e desiderato da turisti e oriundi che girano in Argentina sia, appunto, Ushuaia.
Il capoluogo della Provincia della Terra del Fuoco è considerato la “città più australe del mondo“.
Il nome di Ushuaia deriva dalla lingua Yamana, ush waia con il significato di “baia profonda”.
C’è tanto da godersi, specie le meraviglie naturali come il parco nazionale, visto dal trenino della fine del mondo, o programmare un bel giro per il Canale Beagle e le isole circostanti.

Molti dei cognomi, tra gli oltre cinquantamila abitanti di Ushuaia, sono di origine italiana, un fatto comune dato che il 40% della popolazione argentina, discende da immigrati italiani.
Gli italiani contribuirono all’incremento demografico e allo sviluppo della Terra del Fuoco.
In passato, Ushuaia era solo un villaggio che si sviluppò intorno al presidio penale, creato alla fine dell’Ottocento sulla vicina Isla de los Estados.
Un carcere di massima sicurezza in cui andavano a finire non solo i condannati più pericolosi ma anche dei prigionieri politici come l’onorevole Pedro Bidegain, Elpidio González, Héctor José Cámpora, Enrique Mosca, lo scrittore Ricardo Rojas, Honorio Pueyrredón, Horacio Badaraco, i sindacalisti José Mouso e Pedro Milesi, il giornalista anarchico Rodolfo González Pacheco, il capo della cospirazione contro Justo, Alberto Aybar Augier, dirigenti dell’UCR come Carlos Noel, Miguel Tanco, Manuel Ruiz Moreno e Adolfo Güemes, e altri ancora.
Il mitico edificio del carcere a raggiera (progettato dall’ingegnere napoletano Catello Muratgia e costruito dagli stessi detenuti) funzionò dal 1904 al 1947.
Nel 1997 fu dichiarato Monumento Storico Nazionale e com’è accaduto con il famoso penale statunitenseAlcatraz”, quello di Ushuaia è diventato uno dei musei più visitati in città.
Sono famose le storie dei peggiori assassini che finirono lì come l’anarchico Simon Radowitzky che uccise nel 1909 il Comandante in Capo della polizia: Ramon Lorenzo Falcon; Mateo Banks, che uccise tutta la sua famiglia o l’italo-argentino Gaetano Santo Godino, detto il “Petiso Orejudo” (il moccioso dalle orecchie a sventola).
Dopo questa breve introduzione andiamo al dunque, cioè la vita di Gaetano Santo Godino nel contesto storico di quei anni.

Gaetano Santo Godino era l’ultimo dei nove figli di una famiglia calabrese dalla zona albanofona di San Demetrio Corone, comune di 4.068 abitanti, in provincia di Cosenza.
Fiore, suo padre -sifilitico e manesco- si accaniva contro la moglie Lucia Rufia e il figlio Gaetano al quale gliene provoco ventisette ferite al cranio.
Gaetano era nato a Buenos Aires nel 1894 con mille problemi di salute. Visse in ambienti terribili dopo essere cacciato da casa a soli dieci anni.
Ecco perchè Gaetano divenne un ragazzo di strada che vagabondava nei quartieri di Almagro e Parque Patricios alla Capitale dello Stato.
Dal 1904 al 1908 uccise o tentò di uccidere almeno cinque bambini piccoli e finì in riformatorio per uscirne a 15 anni.
Soprannominato il “Petiso Orejudo” (moccioso dalle orecchie a sventola), Godino fece versare fiumi d’inchiostro sui giornali e impegno tutta la macchina giudiziaria di Buenos Aires.
Infatti, lui uccise 3 bambini il 3 dicembre 1912, ne ferì altri sei e fu accusato anche dell’incendio di ben sette edifici. Non contento di uccidere le sue vittime, Gaetano partecipava anche ai loro funerali. A 16 anni, fu condannato all’ergastolo.
Infatti, Gaetano era crudele ma malato, definito come “caso di degenerazione aggravata per l’abbandono sociale”.
Convinti che la sua malvagità risiedesse nelle sue “orecchie alate” tentarono anche di operarlo, ma non scaturì nessun effetto.
Condannato nel 1914 a perpetuità, custodito e incatenato, arrivo nell’inferno gelido di Ushuaia dopo l’applicazione nella valutazione delle teorie lombrosiane sui delinquenti dell’Italia meridionale, considerati “brutti, sporchi e cattivi”.
E’ un segreto pervenuto tramite delle voci che Gaetano morì causa delle botte ricevute dai suoi stessi compagni.
Aveva ucciso un gatto, la mascotte dei detenuti, gettandolo nella stufa accesa… aveva 48 anni.

Scusatemi, però non potevo far a meno di fotografarmi accanto a Gaetano Santo Godino, il  “Piccoletto orecchiuto”.

 

Jorge Garrappa Albani Redazione Portale Lombardi nel Mondo24/12/2015

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